Una recente riclassificazione tassonomica da parte della BirdLife International – ONG di riferimento per le principali organizzazioni ornitologiche, come l’italiana LIPU – ha permesso di definire 361 nuove specie di uccelli che precedentemente venivano considerate solo come sottospecie o come razze, ossia varianti di una medesima specie. Questa è solo la prima parte di una revisione tassonomica complessiva, che per il momento ha riguardato principalmente gli uccelli non passeriformi – tra cui cicogne, upupa, gabbiani, pinguini, gufi – che attualmente ammontano a 4472 specie.
Nel caso dello struzzo somalo (Struthio molybdophanes), ad esempio, solo ora è stato riconosciuto come specie a sé stante, mentre prima era classificato come appartenente all’unica specie non estinta di struzzi (Struthio camelus). Lo struzzo somalo vive in Somalia, Etiopia, Gibuti e Kenya, ma la sua esistenza è sempre più minacciata da numerosi fattori, tra cui la caccia e la raccolta delle uova; considerarlo una specie a sé stante potrebbe aiutare a salvaguardarlo.
Accanto a questa notizia va infatti segnalato che il 25% delle nuove specie – tra cui appunto lo struzzo somalo – è considerato a rischio di estinzione dalla “Lista Rossa” dell’Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN) che da mezzo secolo fornisce il più ampio database mondiale sullo stato di conservazione di specie animali e vegetali; dall’ultimo rapporto diffuso qualche giorno fa risulta che gli uccelli minacciati costituiscono il 13% del totale delle specie esistenti in natura. La classificazione 3.1 adottata dall’IUCN a partire dal 2001 va da un “rischio minimo” (LC) all’“estinzione” (EX), passando per diversi gradi di pericolo: “prossimo alla minaccia” (NT), “vulnerabile” (VU), “in pericolo” (EN), “criticamente in pericolo” (CR), “estinto in natura” (EN).
Per citare alcune delle nuove specie che potrebbero andare incontro ad un’estinzione, è considerato “vulnerabile” (VU) il petrello delle Desertas (Pterodroma deserta) che vive sull’isola Bugio nell’Oceano Atlantico, mentre “criticamente in pericolo” (CR) sono il galliforme Crax pinima, che vive nelle regioni amazzoniche nordorientali del Brasile, anche se non vi sono avvistamenti confermati dal 1978, e il Martin Pescatore multicolore delle isole indonesiane Sanghie (Ceyx sangirensis). Forse è ormai troppo tardi per il colibrì dalla barba blu Oxypogon cyanolaemus, che l’ultima volta è stato avvistato nel 1948 in Colombia, sulle alture della regione di Santa Marta ed è ora classificato “probabilmente estinto in natura” (CR/PEW).
Oltre a riconoscere nuove specie, la Lista Rossa IUCN 2014 ridefinisce lo stato di conversazione di alcune specie esistenti, come la passeriforme colorata liocicla dei Bugun (Liocichla bugunorum) che vive sull’Himalaya. Un tempo considerata “vulnerabile”, oggi è divenuta “criticamente in pericolo”. Le condizioni peggiorano anche per il gipeto (Gypaetus barbatus) noto anche come avvoltoio barbuto che, nonostante si stia ripopolando sulle Alpi, anche in Valle d’Aosta, globalmente è passato dallo status di “rischio minimo” (LC) a quello di “prossimo alla minaccia” (NT) a causa dei tralicci elettrici e di numerosissimi avvelenamenti da diclofenac.
La maggior parte delle nuove specie vive nel Sud-Est asiatico, una zona dove la biodiversità è seriamente in pericolo. Proprio per questo, il direttore scientifico di BirdLife Stuart Butchart afferma che “la Lista Rossa IUCN è fondamentale non solo per aiutare a identificare quali siano le specie che necessitino di sforzi di recupero mirati, ma anche per focalizzare l’agenda della conservazione identificando le zone chiave e gli habitat che devono essere salvati, tra cui le Important Bird and Biodiversity Areas”.
Ora si attende il 2016 per la seconda metà della revisione tassonomica che riguarderà altri cinquemila uccelli non passeriformi e probabilmente consentirà di definire ulteriori specie, contribuendo, si spera, a scongiurarne l’estinzione.