Ecco il terzo e ultimo dei tre racconti che abbiamo pubblicato per ricordare Giovanni Giraldi
[La Bibbia racconta che il vecchio Mosè morì – misteriosamente – sul Monte Nabi, in vista di Gerico; ma come? E dove fu sepolto? Silenzio: “Lo ha sepolto Javè” … Forse fu ucciso dagli stessi capi Israeliti, con i quali fu sempre in rabbiosa contesa. Io ho ideato invece il suo rapimento da parte di una pattuglia del faraone Menephtat II e sarebbe morto prigioniero “nobile” in Egitto. Il canto qui è anche una terza metafora della mia morte, per bene alluse somiglianze di eventi.]
Io qui morrò. Questo mio vecchio corpo sarà chiuso nel ventre di una delle cento piramidi, indistinto, per sempre da tutti ignorato. Tu, però, scriba Egizio, porrai il rotolo di questo mio testamento sotto la copertura della mia testa; sul fianco poserai una canna tolta alle acque di questo fiume, che mi udì piangere neonato; la canna significherà anche il vincastro di pastore del popolo, che mi è stato sottratto. E così avrai adempiuto al mio desiderio ultimo.
Scriba Egizio, scrivi ora il mio cantico di morte. L’ultima verità si deve dire a Dio, e a sé stessi.
Infine, apro le mie ali d’aquila;
dai vertici del Sole guardo il Mondo;
dai vertici del Tempo guardo i tempi,
nonagenario.
Acuti come la punta del fulmine
rossa, i miei occhi sulla vastità difforme
del declinare umano, grido mòniti
oracolari.
Lustro di scaglie, turgido di fiele
il serpe ondava alla mia cuna intorno;
le api d’oro lacrime di miele
stillano intanto.
Fanciullo non amato, la mia mano
porsi alla nera mano della Morte;
patii, piangendo, della madre Vita
l’avara ritrosia.
Adolescente, il loro fuoco impuro
curava le mie carni immacolate;
nei loro abbracci è l’avvolgimento
falso del cobra.
Lampi divini nella mente giovine,
con occhi attoniti cercavo Iddio,
Lui della Vita non amico, io
della Morte nemico.
Nelle mie mani idoneità al Bello
molte fiorivano; allo scriba tolsi
i segreti a scolpire in marmi neri
i neri enimmi.
Iva – e ne era ira lieta in cuore –
l’ingegno, che carpiva ogni sapienza;
colsi del Tempio nelle immote tenebre
le immote persuasioni.
L’Occulto parla col tuono dei monti;
riso argentato è il ridere del mare;
dice con pio bruire la pioggia;
canta il roveto.
Buona la Donna m’ha dato la sua
dilettazione, l’attesa del dono,
la bianca sanità, la carità
della sua morte pura.
Buona è la Donna che mi fa gentile
la declinante sera della vita;
lene mi dona il dono dell’oblio
lei d’ogni fragranza il fiore.
Fuggo da un mondo che amato non ho;
fuggo da un mondo che amato non mia ha,
del prato magno della Solitudine
cittadino perpetuo.
Grido i ripudii, irrevocabili:
avete disattesa la presenza
di me gigante, voi lembi d’aborto!
Vi maledica Iddio!
Ai biondi amici delle bionde api
una perla di miele dal mio favo,
e spume bianche per le mani bianche
alzate al mio saluto.