In occasione delle Europee del 25 maggio pubblichiamo una provocatoria dichiarazione di voto di un nostro collaboratore incentrando, in particolar modo, il discorso sulla questione dell’Euro
Quella dei riti pagani in onore del Dio Po, quella dell’“indipendenza padana” mai praticata nonostante anni di governo in complicità omertosa con Berlusconi, quella del “senti che puzza, scappano anche i cani … ”. Quella della volgare Rosi Mauro, del rozzo Calderoli, dell’osceno Borghezio, dell’abietto Belsito (alla facciazza di “Roma Ladrona”).
Perché purtroppo la Lega Nord in questi anni è stata l’unica forza politica italiana che ha rappresentato in Parlamento Europeo l’opposizione al progetto eurocratico e oggi costituisce l’unica forza dotata di un minimo di incisività politica che ha scritto chiaro e tondo “Basta Euro”, candidando un economista “moderatamente keynesiano” del calibro di Claudio Borghi Aquilini, che di certo non è un comunista, ma che, a differenza di molti sedicenti tali, è in grado di spiegare in modo comprensibile l’eurodisastro attuale e di proporne una ragionevole via d’uscita. È ovviamente possibile che quella della Lega sia solo una disperata mossa tattica per evitare la propria estinzione dalla scena politica, tuttavia la via sembrerebbe quella giusta, e il nuovo corso di Matteo Salvini – che ha voluto rendere prioritaria la battaglia contro l’Euro sui tradizionali “deliri folkloristici”, candidando a tal fine candidati indipendenti come il professor Borghi (circoscrizioni nord-ovest e centro) e Francesca Donato (circoscrizione nord-est) di Eurexit – per il momento lascia ben sperare. La sovranità monetaria, riportata sotto controllo governativo, è infatti precondizione per quella politica.
La Lega Nord, pur limitandosi per il momento a chiedere la sola uscita dall’Euro e non anche quella dall’UE, sembra rendersi conto che, anche al di fuori dell’Eurozona, i regolamenti e le direttive autoapplicative, impregnate tutte quante di neoliberismo, compromettono gravemente il margine di azione politico-economico degli stati membri; inoltre sembra avere più simpatie per la Russia che non per le missioni militari nordatlantiche, verso le quali ha mostrato insofferenza. Un’altra singolare contraddizione è data dal fatto che una lista che a parole dice di volere “prima il Nord” in effetti abbia come obiettivo critico l’Europa settentrionale teutonica. I miopi meridionalisti che contestano Salvini non comprendono che stanno prendendo di mira un altro meridionalista!
Chi continua ad analizzare la Lega Nord solo nei termini di razzismo/xenofobia, senza indagarne dialetticamente le contraddizioni nel loro segreto fascino complementare, riuscirà a comprenderne poco o nulla. Mi spiego meglio: gli strumenti teorici (ciclo di Frenkel, ecc.) contro la moneta forte del “centro economico”, oggi rivolti contro il Nord Europa, potrebbero scagliarsi prossimamente anche contro il Nord Italia, nel caso si ritornasse ad avere una moneta nazionale; il professor Borghi ne è consapevole. L’unico freno alla disgregazione è quello statale: se è vero che non esiste un popolo europeo, non si può dire altrettanto per il popolo italiano che, pur con difficoltà, continua a mantenere una lingua e una cultura nazionale comune, entrambe da preservare dall’omologazione americanizzante.
Non posso accordare il mio sostegno alla Lista Tsipras che, sebbene offra ottimi candidati come l’ecologista Domenico Finiguerra, teme qualsivoglia prospettiva sovranista qualificandola come l’anticamera delle dittature (come ripetono Barbara Spinelli e Moni Ovadia), mentre non si rende conto che la vera dittatura irriformabile è proprio quella europoide, dalla quale occorre fuggire urgentemente – ma evitando di far pagare l’uscita alle classi popolari – prima che sia troppo tardi, prima che il conflitto tra gli stati imbrigliati in questa “unione” si possa trasformare in qualcosa di più grave, prima che i morti di questa macelleria sociale siano più dei vivi. Alle attuali condizioni, non si può uscire dal capitalismo – ma neppure pensarne un’alternativa – se prima non si esce dall’euro, che ne è una sua manifestazione, o meglio, la risposta delle classi dominanti alla caduta tendenziale del saggio di profitto, come spiega l’analisi marxista di Domenico Moro: non si può abbandonare l’orbita della NATO se prima non si esce dall’Unione Europea, che ne è una sua propaggine.
L’eventualità europopulista di riuscire a spostare con alcuni deputati, fossero anche cento, un reggimento di cinquanta milioni di tedeschi – comprese le chiappe “inchiavabili” della Merkel, che si mostra irremovibile di fronte all’ipotesi di introdurre una misura, seppur minima, come quella degli Eurobond – è completamente illusoria e funzionale alle stesse oligarchie, che infatti in Italia “differenziano” il loro sostegno elettorale soprattutto tra PD e Lista Tsipras, come nel caso del potente Gruppo l’Espresso che ospita articoli a favore del primo accanto ad appelli per una fantomatica “Altra Europa”, con tanto di solenni benedizioni da parte dei sommi sacerdoti del Clero Intellettuale Italiano. Giornali che, grazie alla loro barbarie ideologica, talvolta sono in grado di indurti a dare ragione persino a Brunetta.
Fratelli D’Italia – Alleanza Nazionale non posso assolutamente votarlo, perché il suo atlantismo è forse peggiore di una certa eurofilia. Uscire dall’Eurocrazia in quel modo corrisponderebbe a un’annessione agli Stati Uniti d’America, ovvero lo scenario geopolitico peggiore che si possa immaginare.
Poteva restare l’alternativa del Movimento 5 Stelle, che tuttavia ha scelto di presentare un programma ambiguo, 7 punti che pretendono sia la sovranità, sia l’Europa dei Popoli, non avendo ancora compreso pienamente che quest’ultima è lo “specchietto per le allodole” utilizzato in extremis dalle oligarchie europee per racimolare ancora qualche consenso, specialmente nei momenti di difficoltà. E i candidati del M5S, aderendo al programma, presentano le medesime ambiguità nebulose: vogliono “portare le istanze della sovranità italiana” in Parlamento Europeo ma anche “credere al sogno europeo”, vogliono “un referendum per l’uscita dall’Euro” ma anche l’“adozione degli Eurobond”; insomma, contraddizioni che non vengono conciliate con una sintesi, ma con una addizione, spesso inconcludente, di proposte. Tant’è vero che anche la capofila degli antieurocratici per questa tornata elettorale – la francese Marine Le Pen – ha evidenziato le medesime ambiguità e incoerenze, chiedendo di conseguenza una maggiore chiarezza da parte del Movimento 5 Stelle e da Beppe Grillo, che “o è in malafede o non capisce” la gravità di questa inaudita situazione. Speriamo che sia la seconda e che anche questo contributo possa aiutare il M5S a comprenderla.
Ho preso in considerazione anche la scelta – più che legittima – di non recarmi alle urne, per non dare ulteriore credito alle istituzioni europoidi intrinsecamente neoliberiste e dittatoriali, anche perché il Parlamento Europeo conta nulla rispetto all’autoreferenzialità della Commissione Europea, alle sentenze che rappresentano la longa manus del dispositivo burocratico e alle altre imposizioni direttamente applicabili agli stati membri. Tuttavia, come dimostra l’esperienza USA – con tanto di think-tank a favore del “voto elitario” –, le oligarchie attualmente non temono l’astensionismo strategico, la disaffezione al voto o il consenso a forze extraparlamentari – che vengono accolti, anzi, come un toccasana perché evitano la grana di dover rispondere al giudizio dei cittadini – più di quanto possano temere invece un’opposizione “euroscettica” visibilmente operante nelle istituzioni. Tant’è vero che La Repubblica e Il Corriere della Sera non si preoccupano delle campagne astensionistiche di Lotta Comunista o dell’Unione per il Socialismo Nazionale, ma preferiscono delegittimare il M5S, che ad oggi nel Parlamento italiano è la principale forza antigovernativa e, verosimilmente, la migliore opposizione che si sia mai vista nell’ultimo trentennio; ai cinquestelle, appunto, va riconosciuta una rispettabile coerenza per non aver ceduto ad alleanze di governo, ma al contempo hanno mostrato grande apertura nei confronti dei provvedimenti orientati autenticamente al bene comune, senza pregiudizi di sorta. Molti cittadini – come sovente accade – utilizzeranno questa tornata elettorale soprattutto come un’arma politica interna per infliggere un colpo durissimo al Governo Renzi e al PD, che rischia addirittura di essere sorpassato dal Movimento. Questa forse è la prospettiva più temuta dalle forze governative. Pertanto non devono essere trascurate le ripercussioni interne di tutto ciò, anche se potrebbero fare di tutto per nasconderle o minimizzarle.
Ma, nonostante un terremoto politico nella sola Italia possa essere ben più significativo di uno spostamento di qualche seggio in un organismo di scarso potere decisionale quale in effetti è l’Europarlamento, qui si tratta di elezioni europee e l’ambiguità del M5S rischia di orientare me – e con me molti altri che, anche grazie al grande impegno divulgativo di economisti di varia provenienza tra cui Bagnai, Brancaccio, Sapir, Rinaldi e lo stesso Borghi, sono diventati assai più esigenti sulla questione euro – ad esprimere la preferenza per un candidato nelle fila della Lega Nord; mai lo avrei pensato e quasi non ci credo.
No, non ce la faccio. Borghi verrà eletto comunque e non vorrei mai che il mio voto possa favorire la rielezione di Borgh… ezio. Per favore, lasciatemi passare in rassegna ancora una volta tutti i candidati del Movimento 5 Stelle della mia circoscrizione, fatemeli incontrare e intervistare, nella speranza di trovare qualcuno che mi aiuti a cambiare idea.
Mi associo all’autore dell’articolo: la sua non è una provocazione ma solo razionalità.
http://www.pleonastico.it/blog/europee-non-politiche/783