I casi di femminicidio e di violenza contro le donne trova indifferenze, giustificazioni o complicità?
Molto spesso, anzi quasi ogni giorno, quando leggiamo le cronache che ci parlano di violenze contro le donne, avvertiamo un vuoto. Sappiamo molto delle vittime e quasi nulla dei violenti. Chi sono? Come intervenire nei loro confronti? Ci servono leggi più severe o è soprattutto questione sociale e culturale?
In molti Paesi, da tempo, gli uomini violenti hanno la possibilità o l’obbligo – nei centri, pubblici e privati, di ascolto o nelle carceri – di confrontarsi con il loro lato oscuro, di capire e provare a cambiare. La questione è stata affrontata egregiamente, con buoni risultati, in Austria, Australia, Canada, Gran Bretagna, Norvegia, Spagna, Svizzera e Usa. Con gran ritardo anche l’Italia affronta la questione: la mappa racconta in dettaglio una decina di città che, in forme assai diverse, affrontano il dramma della violenza tentando di capire come “guarire” gli autori. Leggi più dure non bastano, compreso l’ultimo decreto del governo del 14 agosto 2013 n. 93, convertito, con modifiche, dalla legge 15 ottobre 2013 n°119, nato a seguito del susseguirsi di fenomeni criminali di allarme sociale, che destano sconcerto e accendono dibattiti nell’opinione pubblica e nei media. Con una battuta facile, ma motivatissima, si potrebbe sintetizzare che non di ordine pubblico si tratta ma di disordine privato.
Spesso le donne pronunciano ai loro uomini la frase “ tu non mi capisci”, durante una discussine animata tra la coppia. Adesso è la Scienza a intervenire e a ufficializzare che non si tratta soltanto di un luogo comune e di un modo di dire pronunciato con rabbia o con sconforto, durante un banale litigio. Quella frase rappresenta una verità scientifica ben più profonda: è tutta colpa del cervello degli uomini che impiega il doppio del tempo a capire, dallo sguardo di una donna, i sentimenti che in quel momento sta provando, rispetto al tempo che impiegano a capire ciò che vogliono comunicare gli occhi di un altro uomo. A stabilirlo è una ricerca dal titolo emblematico, “Perché gli uomini non capiscono le donne?“, effettuata dagli studiosi delle università tedesche di Berlino, Bochum, Duisburg, Essen e Aquisgrana e pubblicata, con molto clamore, sulla rivista scientifica internazionale Plos One.
Poi, come seconda ipotesi, esiste un “ordine” antico e non scritto, che attribuisce al maschio ogni potere sulle donne. Non ci siamo dimenticati che fino a qualche lustro fa, in Italia, esisteva il delitto d’onore in un Codice Penale che assegnava al marito il potere di intervenire per correggere la moglie al pari dei figli. Esiste dunque un’antica, radicata idea d’inferiorità delle donne, che facilmente si traduce in disprezzo e violenza. Permangono, nella pubblicità come nella vita quotidiana – e forse – crescono modelli di educazione all’idea che le donne, il sesso e persino l’amore, possano essere comprati o siano “dovuti” ai maschi.
Ciò significa che la violenza sessista trova complicità, giustificazioni, indifferenze, o silenzi che altri crimini non hanno. Significa ancora che parlare di patologia, raptus, comportamenti inspiegabili, non consente di capire dove quelle violenze nascano, quanto lunga e forte sia la catena, anche educativa e familiare che le sorregge.
Bell’articolo; approfitto, anche, per ringraziare della “connessione” (quando si dice: Fare Rete…!).
Barbara Martusciello
🙂