La Libia ritornerà alla normalità?
In poco meno di una settimana attacchi, scontri, sequestri e attentati hanno palesato quanto difficilmente il governo libico guidato da Ali Zeidan possa controllare un paese in cui le varie tribù hanno sempre avuto più peso dell’unità nazionale.
L’instabilità condiziona l’intera nazione che appare sempre più sotto il controllo delle varie milizie, che tanto peso hanno avuto nella rivolta che ha portato alla deposizione del Rais, che sotto quello dello stato: l’unica fazione, paradossalmente, disarmata in una Libia dove chiunque è in possesso di armi.
Proprio per questa ragione Ali Zeidan, da febbraio, preme per far revocare l’embargo sull’acquisto di armi imposto dall’Onu all’inizio della guerra civile, nel 2011, e spera di poter avviare presto nuovi contratti militari per rimettere in piedi esercito e forze di polizia.
La stampa libica, però, ha annunciato che le forze di sicurezza del ministero della Difesa inizieranno dalla prossima settimana a disarmare le milizie illegali. “La principale minaccia alla stabilità della Libia è costituita da coloro che si rifiutano di consegnare le armi e le usano per i propri interessi personali”, ha dichiarato il premier. La situazione interna resta, però, insostenibile influenzando soprattutto il giudizio degli investitori esteri, ritenuti indispensabili per la rinascita del paese.
Negli scorsi giorni lo stesso parlamento è stato messo sotto scacco da una folla di giovani armati che per ore ha impedito ai deputati di lasciare l’edificio nel quale erano riuniti. I parlamentari sono riusciti a sfuggire alla folla, ma l’auto di Mohamed Magarief, presidente dell’Assemblea, è stata investita da una pioggia di proiettili. Magarief è rimasto illeso.
Nel mirino dei miliziani anche i media. Uomini armati hanno fatto irruzione nella sede della tv privata Alassema – vicina ai liberali – e hanno rapito il proprietario e quattro giornalisti.
Lo scorso sabato a causa di uno scontro tra milizie rivali l’impianto Eni nei pressi di Mellitah è stato chiuso e l’export di gas verso lo stabilimento petrolchimico di Gela, in Sicilia, è stato sospeso. Il governo è riuscito a rimettere pace tra i miliziani Zintan e Zuaraella che si contendevano la gestione della sicurezza dell’impianto e, almeno secondo quanto dichiarato da Abdulfattah Shagan, presidente della joint venture tra l’ente nazionale per il petrolio libico e l’Eni, i rifornimenti verso il nostro paese dovrebbero riprendere nei prossimi giorni.
Evidente tentativo di rassicurare i paesi importatori mostrando di poter riportare alla “normalità” la Libia. Poi, forse, sarebbe più utile capire quale sia la “normalità” per questo paese, con la sua storia e le sue contraddizioni.