Recensione e critica sullo spettacolo “Spirito Allegro” con Leo Gullotta, piacevole commedia che fino al prossimo 10 gennaio terrà compagnia agli amanti del teatro presso l’Ambra Jovinelli di Roma.
Tra chi finisce il suo vino, chi si affretta per le scale, e chi già si è accomodato sulle azzurre poltrone, l’Ambra Jovinelli di Roma si trova ad ospitare il suo pubblico ed un grande attore, che da più di cinquant’anni arricchisce con la sua voce e la sua presenza i maggiori palchi italiani: Leo Gullotta.
Prima il buio che interrompe le chiacchiere, poi il silenzio, ed il pesante sipario di velluto che si apre su una scenografia e delle luci che fin da subito allietano l’ambiente. Spirito Allegro è una commedia che risale al 1941, siamo in piena seconda guerra mondiale, periodo in cui la voglia di evadere dal quotidiano era più una necessità che un piacere. Così resta anche al giorno d’oggi, andiamo a teatro per intrufolarci nella storia e nella vita di qualcun altro, ed infatti dopo pochissimi attimi siamo già lì, sul divano insieme a Ruth, la moglie di Charles. La seguiamo con piacere e attenzione mentre ci accompagna ad addentrarci ancor di più nell’epoca che stiamo spiando, aiutata da splendidi abiti ed acconciature, e poi Gullotta che entra in scena, accompagnato da un applauso spontaneo, pieno di aspettativa ma anche di caloroso benvenuto.
Un piccolo suo inchino prima di riprendere subito un dialogo brillante e ritmato con la compagna di scena Federica Bern, e lo spettacolo inizia. Dialoghi animati e vivaci, che di rado si fermano in pause, botta e risposta e coordinazione in ogni singola battuta da parte di ciascuno degli attori, eleganti e dai timbri potenti. La voce di Gullotta si fa subito riconoscere, del resto lo abbiamo sentito sia in capolavori del cinema che in film di animazione, in cui il timbro caldo, ma alto e presente, si combinano perfettamente con il suo personaggio, un uomo onesto e spontaneo, alle volte iperattivo, che ci diverte con le piccolezze tipiche del british humor e l’assurdità di ciò che gli capita.
Non sono grosse e grasse le risate che ci propone questo spettacolo, ma il tempo scorre piacevole e veloce tra un sorriso ed una risata tranquilla. Deliziosa sorpresa il personaggio di Edith, perfetto, il più divertente e dall’umorismo che incanta e fa vibrare lo stomaco, interpretato da una simpatica ed azzeccata Rita Abela, che quando è in scena si prende inevitabilmente tutti gli sguardi, poche battute ma geniali ed essenziali nell’insieme.
Spirito Allegro, un’ottima occasione di evasione
“Spirito Allegro sarà una commedia dall’aspetto classico: aderente all’epoca in cui fu scritta ed elegante, per forma e per legge”, queste sono le parole del regista Fabio Grossi, che già ha collaborato con Gullotta, e tali propositi sono stati rispettati in tutto, dai costumi all’interpretazione. Tuttavia, nonostante lo spettacolo ci tenga dentro alla storia, sia rispettoso dell’epoca, e ci faccia sorridere anche con piccoli dettagli, l’idea del Video-Mapping potrebbe disturbare coloro che vanno a teatro per amore del classico e della tradizione, coloro che sebbene apprezzino anche la musica elettronica ed i grandi palchi internazionali, verranno sempre rapiti maggiormente da una chitarra suonata in un parco una notte estiva, coloro che oltre alla curiosità per la storia, sono guidati dalla curiosità sul come i racconti di vita quotidiana, come il soprannaturale, vengano riprodotti in una sala, curiosi insomma della creatività ed ingegnosità umana che trasforma piccoli spazi in grandi scenari.
Che mezzi useranno? Come faranno a fare il fantasma? Ed il vento? E l’occasione di vedere pareti, mobili, vasi d’epoca, non in un mercato vintage, ma toccati dai personaggi della storia? E come lo faranno muovere il tavolo? Queste domande hanno risposte molto tecnologiche, dove il video mapping fa da risposta su uno sfondo non completamente costruito ma “aiutato” da una proiezione. Il fuoco del camino o le colonne del salotto, noi amanti del teatro, preferiamo vederle vere oppure di carta pesta, non di pixel.
Si parla di uno spettacolo del 1941, ed essere riportati completamente nei panni non solo dei personaggi, ma anche degli spettatori dell’epoca, sarebbe stato un altro regalo che Fabio Grossi avrebbe potuto fare al pubblico dell’Ambra Jovinelli. Ma l’avanguardia ed il progresso hanno il loro fascino ed altrettanto si meritano una sbirciata prima del giudizio, positivo o negativo che sarà.
Vale la pena vedere questo spettacolo? Sì. Vale la pena sedersi comodi, al caldo, lasciare stress e nasi gelati fuori dalle porte del teatro, e sorridere piacevolmente mentre gli attori ci coccolano e ci divertono con le loro interpretazioni. Insieme la scenografia ed i costumi, nel complesso, ci attraggono e trattengono nella loro bizzarra vicenda che, da quando fu messa in scena per la prima volta al Piccadilly Theatre di Londra, è da anni un’ottima occasione di evasione.