“Little Sister”, film in uscita domani, il primo dell’anno, per iniziare al meglio il 2016 cinematografico, è la storia di Sachi, Yoshino e Chika: tre sorelle che vivono da sole dopo il divorzio dei genitori e l’immaturo abbandono da parte della madre.
D’un tratto alle sorelle arriva una telefonata della dipartita del padre, che da tempo viveva con un’altra famiglia. Al loro arrivo al funerale le tre sorelle scoprono la grande eredità lasciatagli dal genitore appena scomparso: la piccola sorellina Suzu Asano.
Suzu seguirà le sorelle per crescere al loro fianco, seguendo i consigli della matura Yoshino, della furba e scaltra Sachi e della umile Chika. L’arrivo di questa nuova inquilina, col suo nuovo punto di vista, romperà gli schemi delle tre protagoniste facendole riflettere sulle loro rispettive vite.
Recensione del film “Little Sister”, dal 1° gennaio al cinema
Torna Hirokazu Kore-eda e tornano insieme a lui le dinamiche familiari. L’anno scorso arrivava in Italia il suo “Father and son” dove concentra il suo focus narrativo sul padre, mentre con questo nuovo film si passa ai figli, le “piccole sorelle” come recita il titolo.
Staccandosi dal passato e ponendo un artefizio narrativo, il film si apre, a contrasto col precedente, con la morte del padre e l’inizio di una nuova vita. Questo fatto così negativo permetterà alla piccola Suzu di cominciare una nuova esperienza significativa accanto alle tre sorelle.
Suzu si era sempre occupata del padre e gli era stata accanto nonostante la sua giovane età, trovandosi costretta a crescere troppo presto proprio come Yoshino, che dopo l’abbandono del padre e l’immaturo comportamento della madre dovette sostenere la crescita delle altre due sorelle.
E’ proprio lo schema delle tre protagoniste, centrale alla narrazione, che rinnova una contaminazione del cinema giapponese con quello americano, ponendo i protagonisti in uno schema ben consolidato della narrazione: una sorella matura e saggia ma che nasconde le debolezze, una bella e non molto forte caratterialmente e la più piccola chiusa in se stessa e più semplice rispetto alle altre.
Porre le donne al centro della storia e dare ai maschi un ruolo da comprimari è una scelta molto forte compiuta dal regista ed una profonda svolta col cinema del passato, sempre troppo restio a dare al genere femminile un ruolo centrale. Ulteriori segni di questo grande cambiamento li troviamo nella scelta di far integrare la piccola Suzu, grazie allo sport, al calcio, uno sport a forte connotazione maschile.
Le alte sorelle hanno tutte un lavoro e una collocazione nella società, ma le debolezze che portano con loro sono date dalla storia familiare che si portano dietro.
In sceneggiatura ha un valore chiave la frase pronunciata dalla nonna: “Il valore di una donna è pari alla quantità dei suoi segreti”, riconosce e avvalora la tesi spiegata in precedenza ed è inoltre una frase che sintetizza la trama del film.
In questa analisi familiare la regia non è aggressiva ma entra in punta di piedi rispettando nella recitazione i canoni del cinema giapponese con i suoi lunghi silenzi, trasmessi anche nel doppiaggio.
Tra le attrici emerge la nuova sorella Suzu Hirose con il ruolo più difficile del film, dove è richiesta espressività, e nonostante la giovane età (18 anni il prossimo giugno) rispetta a pieno le richieste del regista.