Le riforme costituzionali hanno raccolto l’approvazione in quarta lettura: il testo definitivo presenta tante novità che coinvolgono senatori, regioni e province. In pratica da oggi parte la campagna referendaria in vista del voto confermativo dei cittadini, previsto per l’autunno. Il Premier Renzi sui social network esprime la sua soddisfazione per l’importante traguardo raggiunto dal ddl Boschi, rimarcando la maggioranza schiacciante ottenuta a Montecitorio (367 voti favorevoli, 194 contrari e 5 astenuti).
Riforme costituzionali, referendum confermativo in autunno
In realtà il Presidente del Consiglio avrebbe preferito arrivare un po’ prima al referendum (magari unendolo alle elezioni amministrative che si terranno a maggio in diverse grandi città italiane), ma, come ribadisce il ministro che ha dato il nome alle riforme costituzionali, Maria Elena Boschi, il via libera definitivo ancora non è arrivato: mancano due passaggi parlamentari che si dovrebbero completare entro metà aprile. In ambito strettamente politico, ad alcuni componenti della maggioranza non è piaciuta molto la personalizzazione fatta da Renzi del voto sulle riforme costituzionali (il Premier ha detto che si dimetterebbe in caso di sconfitta al referendum): il Nuovo centrodestra infatti teme che in questo modo venga in qualche modo oscurato il suo apporto al successo in Parlamento del ddl Boschi e una parte del PD non vede di buon occhio la trasformazione di un referendum confermativo in qualcosa che assomiglia ad un plebiscito personale, con il voto che in questo modo diverrebbe di fatto estraneo al merito della riforma.
Le novità del testo definitivo: dal nuovo Senato alle Province
Intanto però è il momento di vedere quali sono le novità previste dal testo definitivo del ddl Boschi e quali sono i cambiamenti che intende introdurre, dallo stop al bicameralismo perfetto alla modifica del Senato (sia come compiti che come modalità di elezione dei suoi componenti), passando per il nuovo Federalismo. Le riforme costituzionali vanno a modificare e completare quelle del marzo 2001 in merito al Titolo V.
Camera e Senato – La Camera dei Deputati sarà l’unica che potrà votare la fiducia; i suoi componenti rimarranno 630 e verranno eletti, come accade già oggi, a suffragio universale. Tante novità invece per il Senato (l’unica cosa che non cambia in pratica è il nome), che sarà formato da 95 membri nominati dai consigli regionali (74 consiglieri/senatori e 21 sindaci) più altri cinque nominati direttamente dal Capo dello Stato e che resteranno in carica per sette anni. Il Senato avrà competenza legislativa piena esclusivamente sulle riforme e le leggi costituzionali: per gli atti ordinari può al massimo richiedere alla Camera di modificarli (ma Montecitorio non è obbligata ad accogliere la richiesta). Nel caso in cui il Senato richieda alla Camera di modificare una legge che riguarda il rapporto tra Regioni e Stato, la Camera può rifiutare la richiesta solo con la maggioranza assoluta.
Legittimazione popolare e immunità – La minoranza del Partito Democratico è riuscita ad ottenere l’inserimento della cosiddetta legittimazione popolare: al momento dell’elezione dei Consiglieri Regionali, saranno i cittadini ad indicare quali saranno anche Senatori. I Consigli dopo il loro insediamento dovranno ratificare la scelta. I 95 senatori che arriveranno dai Consigli saranno ripartiti tra le varie Regioni in relazione al loro peso demografico (almeno un rappresentante per Regione deve essere un sindaco). I nuovi Senatori potranno godere delle stesse tutele di cui disporranno i Deputati: senza l’autorizzazione del Senato non potranno essere sottoposti ad intercettazione o ad arresto.
Federalismo e Province – Varie competenze, tra cui sistema nazionale di protezione civile, energia e infrastrutture strategiche, vengono riportate in capo allo Stato. Su proposta del Governo, al Camera potrà approvare anche leggi che rientrano nei campi di competenza delle Regioni nei casi in cui la tutela dell’interesse nazionale o dell’unità economica e giuridica della Repubblica lo richieda. Le Province verranno cancellate dalla Costituzione: è un passo necessario verso la loro definitiva abrogazione.
Presidente della Repubblica e Corte Costituzionale – Il Presidente della Repubblica verrà eletto dai 630 eputati e i 100 Senatori: per i primi tre scrutini serviranno i 2/3 dei componenti, dalla quarta votazione il quorum scende ai 3/5, mentre dalla settima sarà sufficiente la maggioranza dei 3/5 dei votanti. Dei 15 membri della Corte Costituzionale due verranno eletti dal Senato e tre dalla Camera.
Referendum e ddl di iniziativa popolare – per i referendum che hanno raccolto 800.000 firme anziché le 500.000 richieste sarà necessario un quorum minore: basterà la metà di coloro che hanno votato alle più recenti elezioni politiche (mentre fino ad ora era necessario raggiungere la metà degli iscritti alle liste elettorali). Crescono invece le firme necessarie per la presentazione di un disegno di legge di iniziativa popolare: attualmente ne bastano 50.000, con l’approvazione delle riforme costituzionali ne serviranno 150.000.
Legge elettorale e CNEL – Sulle leggi elettorali verrà introdotto il ricorso preventivo alla Corte Costituzionale su richiesta di almeno un quarto dei componenti della Camera. Le norme transitorie prevedono che il ricorso preventivo possa essere richiesto anche durante la corrente legislatura, quindi anche l’Italicum potrebbe passare al vaglio della Consulta. Dopo quasi 70 anni viene abrogato il CNEL, consiglio nazionale economia e lavoro.