Con il governissimo si andrà verso un governo fondato sull’Austerity? Un’opinione controcorrente.
È ormai del tutto evidente, come del resto era prevedibile dal giorno dopo le elezioni (anche se Bersani si è divertito a farci perdere tempo con il simpatico cinguettio con i grillini), che si va ad un governo di larghe intese con un accordo fra Pd e PdL. Del resto Pd e PdL hanno ideologia e programmi molto simili, sui due cardini fondamentali, politica estera e politica economica, diversamente dalla Dc e dal Pci delle larghe intese degli anni ’70 evocate dall’improprio paragone storico del solito Napolitano (anche se quello era l’inizio del percorso involutivo del Pci che ha portato alla Bolognina e all’attuale Pd).
Un governo di larghe intese oggi può avere due obbiettivi fra di loro opposti. Può avere l’obbiettivo di eseguire con maggiore efficacia gli ordini della troika (Bce, Fmi, Ue) come è stato il governo Monti. Oppure al contrario può avere l’obbiettivo di resistere con maggiore efficacia alla politica di austerità europea per tentare di fare uscire l’Italia dalla recessione.
Molti a sinistra danno per scontato che l’obbiettivo sicuro di un governissimo sia il primo, in continuità con il governo Monti. Io, controcorrente come al solito, nutro molti dubbi su questa tesi. Così come ho sostenuto con forza un anno fa che il governo Monti era fatto per eseguire gli ordini della Bce e far fare agli italiani i grandissimi sacrifici che il governo Berlusconi non era in grado di far fare, e così poi è stato in questo terribile 2012, stavolta non penso che siamo di fronte ad una riedizione di un governo Monti in versione politica invece che tecnica. Penso che ci sia in corso uno scontro, trasversale ai due partiti Pd e PdL, fra gli interessi sovranazionali della troika (e degli Usa) e interessi nazionali e che non è scontato l’esito di questo scontro, vista una crisi che non investe solo l’Italia ma anche gli Usa e l’intera Unione Europea. Lo dico anche per evitare che la necessaria opposizione che i comunisti e la sinistra di alternativa dovranno fare ad un governo del genere resti spiazzata da provvedimenti inaspettati. I motivi che mi portano a nutrire forti dubbi su questa finalità troikista e di ulteriori sacrifici di un governissimo sono i seguenti:
1) Nel 2012 si è determinato un vero collasso del sistema industriale italiano e ciò ha scosso i grandi padroni dell’industria italiana, naturalmente interessati ai propri interessi di classe. Faccio notare che chi oggi in Italia chiede con più forza di tutti di rimettere in discussione i trattati europei e l’austerity è Confindustria, che non vuole – come è ovvio – la distruzione della propria proprietà. Questa è una novità grande rispetto all’inizio del governo Monti.
2) Nel 2012 si è determinato un vero massacro sociale, con un crollo del potere d’acquisto (del 4,8%), una drastica riduzione dell’occupazione, un milione di licenziamenti, povertà dilagante, tagli pesantissimi alle finanze degli Enti Locali e quindi una distruzione dei servizi sociali e del welfare. Oggi, dopo questa cura da cavallo che ha quasi ucciso il malato, nessuna fra le forze politiche (forse tranne il gruppetto montiano) ha il coraggio di sostenere la positività del governo Monti, nessuno ha il coraggio di sostenere che bisogna proseguire con la politica di austerità, diversamente da quello che si sosteneva prima che arrivasse il governo tecnico e al suo inizio. Lo stesso Pd che è stato il più fedele sostenitore di quel governo e della Ue, ne ha cominciato di recente a prendere le distanze, seguendo a ruota il centro-destra (PdL e Lega), che ha avuto da sempre un atteggiamento più critico (strumentale quanto si vuole ma più critico) rispetto alla Ue e a Monti.
3) L’esito delle elezioni del 24 e 25 febbraio ci ha consegnato tre fatti abbastanza imprevisti ai più:
– la pesante sconfitta di Monti e la quasi sparizione delle forze politiche che lo hanno sostenuto (Fini e Casini);
– la vittoria travolgente del Movimento 5 Stelle (da zero al 25%), segno evidente del grande malessere sociale e intellettuale prodotto da un anno di politica montiana;
– il recupero incredibile, in poche settimane, di Berlusconi, segno evidente del consenso dato alla sua rottura con il governo Monti, alle sue proposte (come l’abolizione e la restituzione dell’Imu) le quali sono, per quanto demagogiche, assolutamente opposte alla linea di austerità imposta dalla Ue.
Per questi motivi, io penso che un governissimo che proseguisse la politica di Monti eseguendo fedelmente gli ordini della Bce, porterebbe alla distruzione del sistema industriale italiano, al collasso economico e al suicidio sicuro dei due partiti principali (Pd e PdL) e consegnerebbe nel giro di un anno la maggioranza assoluta al Movimento 5 Stelle. Solo un colpo di stato militare e l’eliminazione delle elezioni per una ventina di anni potrebbe imporre una politica del genere e potrebbe evitare questo esito.
D’altra parte, però, pur vedendo che entrambi i partiti maggiori (così come la Lega) hanno nelle intenzioni la volontà di non proseguire la politica montiana, di superare la linea di austerity e di opporsi alla rigidità dei trattati europei, non si vede ancora in nessuno (come si può facilmente capire dalle otto proposte programmatiche di entrambi i partiti) la capacità e il coraggio di costruire vere proposte concrete in grado di fare riprendere l’economia e l’industria italiana, cosa che necessiterebbe non qualche piccolo aggiustamento ma una sorta di rivoluzione culturale rispetto al passato, come il rilancio di un forte ruolo pubblico e statale, nella politica industriale, negli investimenti e nel sistema finanziario (e quindi la rimessa in discussione del principale dogma del passato del liberismo e delle virtù taumaturgiche del mercato) e il superamento dei trattati europei (come il Fiscal Compact) che ammazzerebbero la nostra economia e quindi la rimessa in discussione dell’altro grande dogma del passato come è stato quello dell’Euro e l’Unione Europea.
Ma poiché la crisi è talmente devastante e radicale che non consente mezze misure, io non escluderei a priori sorprese imprevedibili. C’è da seguire attentamente l’evolversi della situazione, costruendo un movimento di lotta e di opposizione con proposte concrete, realistiche ma anche necessariamente rivoluzionarie, in grado di fare uscire l’Italia dalla crisi.