Mister Chocolat, nonostante porti un nome che è simbolo di discriminazione, è un film che parla del riscatto. E per parlare di riscatto parla anche di ingiustizia e di intolleranza. Di arte, di vita e di spettacolo. L’ambientazione è la Belle Époque francese, che è un po’ il mito contemporaneo dell’età dell’oro.
Quel periodo nel sentire comune si riempie spesso di immagini stereotipate, come i bar in cui non si incontrano ubriaconi che non siano anche geni illuminati dallo spleen della poesia, o le affollate piazzette di Montmartre, dove per passare occorre chiedere permesso a signori che si chiamano Renoir, Modigliani, Picasso ed Henri de Toulouse-Lautrec.
Ma i miti sono sempre veri proprio perché inautentici, proprio perché hanno la pretesa di fare a meno della Storia, fatta dagli uomini. Mister Chocolat, se ha un merito particolare, è proprio quello di inserire la storia nell’aria rarefatta della fin de secle, e per farlo usa sapientemente la storia stessa. Quella sensazionale ma autentica del primo clown di colore che Parigi ha conosciuto e subito ribattezzato Mister Chocolat.
La discriminazione razziale è un tema caldo al giorno d’oggi, per motivi che sono sotto gli occhi di tutti, o almeno di tutti quelli che gli occhi li tengono aperti. Il cinema si è già mosso in questa direzione, come dimostrano Selma o anche Race, che è ancora al cinema in questi giorni. Il tentativo di storicizzare il razzismo non è solo un modo di collegarlo a grandi personaggi del passato, ma serve piuttosto a far capire che il razzismo c’è sempre stato, e che quei grandi uomini hanno vissuto la propria vita sotto le vessazioni di uomini piccoli, ma del colore giusto. Ma la storia la fanno i vincitori, non solo delle guerre, ma anche delle dinamiche sociali.
Omar Sy interpreta Rafael Padilla, l’uomo che passò dalla schiavitù al successo col nome di Mister Chocolat
La storia di Mister Chocolat, al secolo Rafael Padilla, sarà affidata alla recitazione di Omar Sy, l’attore francese diventato arcinoto per quel piccolo gioiello che è stato Quasi Amici. La nuova commedia francese, ben rappresentata da Sy, sta dimostrando di vivere una stagione felice, non tanto per gli ottimi incassi al botteghino, ma per le tematiche messe in campo. Un po come si faceva qui da noi prima dell’era Vanzina.
La trama del film ripercorre la straordinaria biografia artistica del duo comico formato da Footit, nome d’arte di Tony Grace (interpretato da James Thierrée, attore istrionico e nipote di Charlie Chaplin, quello vero), e da Mister Chocolat, lo schiavo di colore di origini cubane i cui panni saranno vestiti da Omar Sy.
Nato in provincia, il duo artistico partirà alla conquista di Parigi, che in quegli anni (siamo nel 1897) era la capitale del mondo, conoscendo un successo strepitoso nei circhi e nei teatri, proprio facendo leva, in chiave ironica, sui pregiudizi dei borghesi per bene. Quegli stessi pregiudizi, però, gli si ritorceranno contro, dimostrando come un mondo dominato dall’intolleranza, da soltanto per poi togliere.
Mister Chocolat, il film diretto da Roschdy Zem, nelle sale italiane dallo scorso 7 Aprile, ci ricorda una piccola sempiterna verità: mai confondere la Storia con il suo racconto.