I risultati delle elezioni per l’ufficio politico di Hamas. Khaled Meshaal riconfermato Segretario generale.
Le recenti elezioni per l’ufficio politico di Hamas hanno riconfermato Khaled Meshaal per il suo quarto mandato esecutivo come Segretario generale, escludendo clamorosamente i due leader Mahmoud al-Zahhar e Ezzat al-Rishq, lasciati così fuori dai circuiti decisionali del movimento islamico di resistenza. Le linee politiche di questi due concorrenti al titolo di Segretario, Al Zahar e Meshaal, erano ultimamente parecchio discordanti. Il primo, da sempre sostenitore di una visione più dura, si era mostrato decisamente contrario all’attuale avvicinamento di Hamas con Al Fatah. Di opposto parere Meshaal che, a tal proposito, aveva incontrato, a febbraio, il presidente dell’Anp, Mahmoud Abbas al Cairo sotto iniziativa del Presidente egiziano Morsi. Il punto saliente dell’incontro era stato la sigla di un accordo tra le parti che prevede la creazione di un Governo di unità nazionale con a capo Abbas, Abu Mazen, in vista delle elezioni parlamentari. L’obiettivo da raggiungere dovrebbe essere, infatti, quello di indire delle votazioni che possano avere una validità su entrambi i territori palestinesi, nell’ottica sopratutto della ripresa dei negoziati di pace, ormai in stallo da diversi anni.
La mediazione di Morsi, cruciale durante l’attacco israeliano alla Striscia di Gaza dello scorso novembre, si è dovuta arrendere di fronte al divario, non solo geografico, tra le due fazioni palestinesi. La separazione, tra i vertici di Gaza e Cisgiordania, è iniziata nel 2007 con l’estromissione di Al Fatah, tramite colpo di stato, dal territorio della Striscia, in cui Hamas si era insediata nel 2006 a seguito della vittoria elettorale. Nonostante i vari tentativi di riconciliazione tra i due volti della Palestina, il cui punto più alto è stato raggiunto con l’accordo firmato nel 2011 sempre al Cairo, i due partiti non hanno ancora trovato un punto d’incontro, in particolare per quanto riguarda la spartizione del potere e i rapporti con Israele. Una delle precondizione poste da Al Fatah per la riconciliazione sarebbe, infatti, lo smantellamento dell’ala militare di Hamas. Condizione a cui Al Zahar si era opposto con forza.
Un segnale di apertura, seppur informale, c’è stato: Hamas ha autorizzato una manifestazione, nella piazza centrale di Gaza City, per la celebrazione del 48esimo anniversario della nascita di Al Fatah, la prima da quando è salita al potere nella Striscia, a cui hanno partecipato migliaia di persone. L’esito elettorale che ha lasciato fuori Al Zahar e Al Rishq può essere letto come un’esigenza della popolazione di riconciliarsi con quei fratelli separati dal controllo israeliano, ma con i quali condividono la stessa lotta. Queste due figure politiche appartengono infatti alla fazione più fondamentalista di Hamas. Zahar fu tra i fondatori del partito durante la prima Intifada, nato essenzialmente come braccio dei Fratelli Musulmani, gruppo integralista con cui Zahar era entrato in contatto durante i suoi studi al Cairo. Quella stessa fazione che colpevolizza Abu Mazen di essere praticamente scomparso durante l’attacco Pillar of Defense, lasciando totalmente il posto a Morsi e alla Fratellanza Mussulmana, attualmente al governo in Egitto, unica vera vincitrice, almeno per il momento, della cosiddetta Primavera Araba.
Le spaccature interne di Hamas hanno raggiunto il loro apice un anno fa, in seguito all’incontro svoltosi a Doha tra Meshaal e Abu Mazen, sotto la mediazione del Qatar e non fanno che acutizzarsi col tempo, sopratutto in virtù dei nuovi assetti geopolitici della regione. Attualmente si potrebbe parlare di due facce ben distinte del movimento islamico. Da una parte Meshaal, propenso al compromesso con Al Fatah, visto come unica via per acquisire una certa credibilità interregionale, pronto a spostare gli interessi della Striscia dall’asse Damasco-Teheran, e quindi dalla sfera di influenza sciita, verso l’Egitto, con particolare attenzione ai Fratelli Mussulmani, Qatar e Arabia Saudita. Quell’emisfero sunnita nel quale Hamas dovrebbe confluire per natura e affinità ideologiche. Dall’altra ci sono Al Zahar e Ismail Hanieh, rappresentanti di quella che potrebbe definirsi come la leadership più interna e radicale di Gaza, che vedono l’intesa con Abu Mazen come una concessione e un indiretto riconoscimento dello stato di Israele. Così come sono diverse le posizioni assunte sia rispetto alla Siria che ad un possibile attacco di Israele nei confronti dell’Iran. C’è chi non vuole farsi coinvolgere in altri conflitti che non siano strettamente quelli di Gerusalemme, e chi prevede rappresaglie contro il nemico sionista nel caso in cui Teheran subisca un attacco. La confusione è tanta, e non fa che giocare a favore di Netanyahu che può facilmente continuare a fare di Gaza una prigione a cielo aperto, nonostante la sostituzione Mubarak-Morsi ne abbia un minimo ridimensionato gli equilibri, e giustificare la paralisi dei negoziati con la mancanza di una leadership che sia unita e rappresentativa dell’intero popolo palestinese.