Recensione e critica de La Pazza Gioia, nuovo film di Paolo Virzì applaudito al Festival di Cannes. Eccelsa Valeria Bruni Tedeschi nel cast.
Recensione e critica de La Pazza Gioia, un turbinio di emozioni tra ironia e fragilità al femminile
Ne avrete di certo sentito parlare ma, in caso contrario, iniziate a segnalare ad amici e parenti la sua uscita nelle sale. È infatti disponibile nei cinema italiani, a partire dalla giornata di martedì 17 maggio, La Pazza Gioia, il nuovo film di Paolo Virzì. Scritto e diretto dal regista toscano, in coppia con Francesca Archibugi, La Pazza Gioia ritrova all’interno del proprio cast due donne così diverse da risultare perfette l’una di fianco all’altra. La prima, Micaela Ramazzotti, conferma di riuscire a raggiungere il massimo del proprio talento se chiamata ad interpretare ruoli drammatici, ancor di più se, a dirigerla, è suo marito Paolo Virzì. Ne abbiamo avuto prova nel 2010 quando, al fianco dei sempre convincenti Valerio Mastandrea e Claudia Pandolfi, Micaela Ramazzotti portava sul grande schermo La prima cosa bella, nono titolo nella filmografia di Virzì. Il personaggio di Anna Michelucci le è valso numerosi riconoscimenti, tra cui il David di Donatello ed il Nastro d’Oro come Miglior attrice protagonista. Ne La Pazza Gioia, Micaela Ramazzotti riporta in scena tutta una serie di fragilità che tanto la rendono credibile agli occhi di pubblico e critica, accompagnata da un velo di ingenuità capace di far innamorare chiunque la veda all’opera.
A compensare questa totale assenza di astuzia e furbizia, giunge l’altra protagonista femminile del film, Valeria Bruni Tedeschi. L’attrice italiana naturalizzata francese, sceglie di affidarsi nuovamente alla regia di Paolo Virzì, lasciandosi da lui guidare dopo l’ottima esperienza che ha portato, appena due anni fa, alla nascita de Il Capitale Umano. Per quella sua interpretazione, Valeria Bruni Tedeschi ottenne il David di Donatello ed il Tribeca Film Festival come Miglior attrice protagonista, con la seguente motivazione:
“[…] ha creato una complessa prestazione di donna in lotta tra amore, famiglia e obblighi. Unisce inconsapevolmente sia forza che fragilità, con il coraggio di esercitare sia finezza che moderazione”
Ecco, dovendoci basare su queste considerazioni espresse dalla giuria del Festival, potremmo immaginare La Pazza Gioia come una sorta di sequel de Il Capitale Umano. Lo stesso regista, Paolo Virzì, ha raccontato infatti di aver immaginato un finale differente per il film datato 2014, con protagonista il personaggio interpretato dalla Bruni Tedeschi, spinta ad una sorta di ribellione verso le restrizioni emotive impostasi per anni per via del matrimonio con il Bernaschi.
E, com’è ormai risaputo, quando una donna si ribella, viene automaticamente etichettata come portatrice sana di follia. Potremmo dunque intravedere qui la reale nascita de La Pazza Gioia.
Il nuovo film di Paolo Virzì applaudito alla Quinzaine del Festival di Cannes, nel cast una Valeria Bruni Tedeschi in stato di grazia
Dieci minuti di applausi al termine della prima proiezione avvenuta al Festival di Cannes 2016. Dieci minuti, come il tempo necessario a comprendere la bellezza del film una volta che ci si siede sulla poltrona del cinema. Dieci minuti, e subito Beatrice Morandini Valdirana (Valeria Bruni Tedeschi) riconosce in un’emerita sconosciuta, la propria salvatrice.
Beatrice è una donna eccentrica, sempre attenta all’apparenza, cresciuta (a suo dire) a stretto contatto con personaggi aristocratici. Una vita trascorsa a mentire, una vita che l’ha messa alle strette quando si è ritrovata innamorata di un uomo più bugiardo di lei. Ne nasce un amore malato, violento, esattamente le stesse caratteristiche con cui i medici arrivano a classificare Beatrice, la quale viene così presa in custodia in un istituto terapeutico nella città di Livorno. Una sorta di distacco dalla realtà dei fatti, porterà la donna a condurre la propria vita all’interno della comunità in maniera autorevole, con la totale convinzione che molto presto farà ritorno alla sua nobile vita di privilegiata. In attesa che questo avvenga, Beatrice conosce Donatella Morelli (Micaela Ramazzotti). O meglio, non la conosce, semplicemente la vede per la prima volta, ma percepisce sin da subito l’irrefrenabile voglia di sapere tutto di lei, del suo passato, del perché si ritrovi anche lei all’interno di Villa Biondi.
Due donne solitarie che condividono un pezzo di vita, esattamente questo sono le protagoniste de La Pazza Gioia, film presente alla Quinzaine des Réalisateurs del Festival di Cannes 2016. Guai però a definirlo come un Thelma & Louise de noantri poiché, come più volte sottolineato dalla coppia Virzì-Archibugi, durante la lavorazione del film non vi è mai stato il pensiero di un omaggio al celebre lavoro di Ridley Scott. Eppure i costumi, e almeno un paio di scene de La Pazza Gioia, sembrano essere delle vere e proprie citazioni visive del must cinematografico giunto quest’anno a compiere il suo venticinquesimo anniversario.
Pazza, Bella, Umano, aggettivi ricorrenti nella filmografia di Paolo Virzì, e non potrebbe essere altrimenti, considerata la capacità del regista di lavorare sugli aspetti più profondi dell’anima, soprattutto quelli considerati come scadenti. Dar voce a persone sbagliate, persone ben lontane dalla perfezione, ma non per questo inferiori a tanti altri che invece rientrano nei canoni approvati dalla società.
Ne La Pazza Gioia, Beatrice e Donatella si annusano, lasciano che la propria follia si intrecci sino a trovare un affascinante equilibrio. Tutto ciò che spaventa la massa, la pazzia considerata ancora come un tabù, prende vita attraverso i loro sguardi e attraverso tutto ciò che sono diventate negli anni, ovvero il frutto di un’esistenza sofferta, pesante, a tratti insostenibile. Attenzione però a pensare ad un loro fallimento poiché, a fallire, sono stati tutti coloro che ne han condiviso il passato, portandole ad essere le donne fragili che Virzì ci porta a conoscere.
Confronti e scontri porteranno le due ad essere finalmente importanti per qualcuno, ormai indispensabili l’una per l’altra. Donatella riuscirà a trovar un leggero senso di pace dopo anni di tormento, trascorsi nel tentativo di riavere indietro il proprio bambino. Beatrice capirà invece che, in fondo, rimanere a Villa Biondi con Donatella potrebbe rivelarsi come la cosa migliore da fare, piuttosto che tornare agli ambienti del passato e ad una madre che non la considera più né come donna né, tantomeno, come figlia.
Due ore di film durante le quali, ognuno di noi, potrà riconoscersi nell’indomabile desiderio di libertà delle due protagoniste. Con La Pazza Gioia, Paolo Virzì conferma di essere il legittimo erede della commedia all’italiana, quella cioè capace di far ridere pur trasmettendo una forte sensazione di amarezza nel corso dell’intera proiezione in sala. La carezza emotiva nel finale lascia aperto uno spiraglio di speranza, a cui il pubblico può far riferimento con la propria fantasia, plasmando il futuro dei protagonisti attraverso il proprio grado di ottimismo o pessimismo. A far da ciliegina sulla torta, una Valeria Bruni Tedeschi in stato di grazia, più che mai necessaria al cinema italiano affinché questo prosegui nel migliore dei modi l’ascesa verso una propria rinascita. Non ci sarebbe quindi da stupirsi qualora Cannes decidesse di consolidare il rapporto con l’attrice riservandole un premio sul finire del Festival. Ma, indipendentemente da quanto accada sotto i riflettori d’oltralpe, la speranza è che, anche qui in Italia, La Pazza Gioia riesca a conquistarsi una larga fetta di pubblico, sensibilizzandone l’opinione su un tema così importante come la perdita della ragione umana.