Già da quest’anno scolastico alcune scuole superiori hanno optato per il test d’ingresso. Una scelta che è stata ritenuta necessaria, secondo rettori e presidi. La CGIL è sul piede di guerra
Sembra insolito parlare di boom di iscritti in tempi di crescita demografica zero e visti gli ultimi dati denunciati dal Censis (l’11.9 per cento degli studenti decide di abbandonare il liceo subito dopo il primo anno). Eppure, l’affollamento nelle scuole è la causa principale degli ormai noti test d’ingresso “in età dell’obbligo”.
Già nel 2007, il liceo europeo Altiero Spinelli di Torino aveva proposto prove scritte destinate ad alunni di terza media. Oggi i test d’ingresso tornano a far discutere dopo che l’Istituto tecnico Fermi di Mantova ha scelto di servirsene per individuare gli studenti migliori lo scorso marzo. Scritti di matematica, italiano, inglese e logica. Prove in grado di valutare la capacità dello studente di attenersi alle consegne e misurare il livello concentrazione. Un espediente per avere studenti migliori e preparati nonché una necessità, visti i troppi alunni e le poche classi a disposizione.
Decisamente in disaccordo la CGIL e le associazioni studentesche che ritengono questa scelta una violazione della Costituzione e uno strumento caratteristico di una scuola selettiva: “Non si può ostacolare l’accesso alle scuole superiori. Bisognerebbe abolire il numero chiuso nelle Università e si aggiunge una selezione alla scuola dell’obbligo?” ha affermato, infatti, Domenico Pantaleo, segretario FLC- CGIL.
I test d’ingresso, insomma, restano opinabili e fenomeni ancora limitati e circoscritti. Legittimo, però, continuare a discutere sul loro utilizzo ma, soprattutto, sull’efficacia da essi sortita. Resta il fatto, comunque, che gli studenti di oggi rappresentano la preziosa forza lavoro del futuro: è giusto dare ai ragazzi la preparazione eccellente che meritano. E sarebbe uno sbaglio imperdonabile privarli delle loro inclinazioni e attitudini naturali.
