Qualche anno fa lo spot di una famosa marca di dentifricio recitava prevenire è meglio che curare: è quello che devono aver pensato i vertici della Bank of England, che sono intervenuti prima che gli effetti della Brexit si facciano sentire sul serio: tagliati i tassi allo 0,25% (si tratta del minimo storico e del primo ritocco da marzo 2009), rinforzato il programma di Quantitative Easing con l’acquisto di ulteriori 60 miliardi di sterline di Titoli di Stato e lanciato il Term Funding Scheme, un programma di supporto al credito per famiglie e imprese; Quali saranno gli effetti di questi interventi in Borsa? Proviamo a capire se saranno maggiori i vantaggi o gli svantaggi.
Le scelte della Bank of England: taglio tassi e potenziamento del Quantitative Easing
Il governatore Mark Carney ha spiegato che le misure adottate si riveleranno utili per rendere meno tortuoso il percorso di distacco dall’Unione Europea sancito dalla vittoria del Leave nel sondaggio di qualche settimana fa: l’obiettivo è quello di eliminare un po’ di incertezza creando una sorta di ammortizzatore per quelli che potrebbe essere gli effetti della Brexit. Il taglio dei tassi di interesse deciso nelle scorse ore potrebbe non essere l’unico; Carney ha detto di non vedere proprio di buon occhio i tassi negativi, facendo intuire che i prossimi ritocchi forse non porteranno i tassi al di sotto dello zero. Se per il taglio dei tassi il board ha votato compatto per il Sì, per quanto riguarda il rafforzamento del QE sono arrivati 3 (su 9) voti negativi; il cosiddetto bazooka porterà ad un aumento degli acquisti di bond pubblici, ma anche societari: in questo modo verrà aumentata la domanda nei mercati secondari e si stimolerà l’emissione di obbligazioni corporate in sterline.
Naturalmente il piano della Bank of England avrà degli effetti collaterali. La Sterlina ieri ha perso l’1,3% sia contro la moneta unica che contro il Dollaro USA, confermando la sua discesa che si è notevolmente accentuata dopo il voto per la Brexit. La cosa inciderà negativamente sull’inflazione, che probabilmente andrà oltre il 2% fissato come target. L’uscita del Regno Unito dall’Europa ha già innescato una crisi del settore immobiliare, ma ormai sempre più esperti credono che il rischio di una recessione stia diventando più concreto. La stessa Bank of England ha rivisto al ribasso le stime di crescita (confermato il +2% di quest’anno, ma per l’anno prossimo si è passati da un’espansione del 2,3% ad un +0,8%).
Le reazioni in Borsa, effetti, vantaggi e svantaggi delle manovre della BoE
Come hanno reagito le Borse all’allentamento della politica monetaria adottato dalla BoE? Le principali Piazze del Vecchio Continente hanno chiuso in territorio positivo. A Londra il FTSE 100 ha guadagnato l’1,6%, a Parigi il CAC 40 ha registrato un +0,6%, a Madrid l’IBEX 35 è cresciuto dell’1,35%, a Francofrote il DAX ha guadagnato lo 0,6% e a Zurigo l’SMI è salito dello 0,9%. Piazza Affari dopo il comunicato della Bank of England ha registrato la migliore performance insieme a Londra e anche in apertura di oggi 5 agosto 2016 ha guadagnato l’1% (più delle altre Borse europee), con POP Emilia (+7,94%), Mediobanca (+3,98%) e gli altri bancari del listino principale in grande spolvero.
Ma torniamo agli effetti delle manovre della Banca centrale britannica: un’eccessiva svalutazione del Pound nei confronti dell’Euro e del Dollaro USA potrebbe causare spiacevoli conseguenze anche per l’Europa. Il Regno Unito è un fondamentale importatore per l’UE (parliamo di quasi 120 miliardi di euro) e un esagerato crollo della Sterlina avrebbe effetti negativi. Lo stesso si può dire anche sul mercato automotive (macchine e componenti sono in testa alla classifica dei beni più importati dai britannici) e del petrolio.
Le nuove scelte adottate dalla BoE, la discesa della Sterlina, l’introduzione di politiche fiscali che mirino al sostegno dell’economia reale sembrano misure in grado di attutire lo choc causato dalla Brexit, ma secondo molti analisti riusciranno nel medio-lungo periodo a portare dei benefici esclusivamente al Regno Unito. Il battibecco tra chi chiede maggiore sovranità nazionale e meno austerity e chi invece vuole un maggior potere per le autorità europee continua: solo il tempo potrà dirci chi ha veramente ragione.