Israele ritiene che i missili russi non siano una minaccia insuperabile e guarda alla situazione generale dell’intera regione e all’Iran
Israele è pronta ad azioni mirate per neutralizzare i missili russi terra-aria a lungo raggio S-300, i primi dei quali sono già arrivati in Siria, ma non ritiene che questi rappresentino una minaccia insuperabile e che muteranno le sorti del vacillante regime del presidente Assad. L’annuncio ufficiale della consegna del primo stock di missili è giunta da Damasco, dopo che Mosca aveva confermato la decisione di rifornire di armi la Siria come risposta alla decisione europea di sospendere de-facto l’embargo sulle armi ai ribelli. In realtà, è verosimile che il contratto, concluso prima, sarebbe stato onorato comunque.
Gerusalemme aveva invitato Mosca a fermare l’invio dei missili, come già fatto nel 2010 con l’Iran, minacciando di impedirne altrimenti la consegna. Ma impedirne la consegna appare superato dal fatto che una parte dei missili si trova già in territorio siriano e dal timore di uno scontro diretto con la superpotenza russa. Israele, secondo fonti informate, è invece pronta a insistere con Mosca affinchè rallenti le consegne, in attesa di un crollo definitivo del regime di Assad. Inoltre, si impegnerebbe con Putin a non distruggere le batterie di missili già installate se queste non saranno puntate in maniera da rappresentare una diretta minaccia contro lo stato ebraico.
Qualora Gerusalemme non raggiungesse un’intesa con Mosca, sono pronte incursioni aeree mirate per impedire agli S300 di diventare operativi. Il punto è, infatti, che per diventare operativi gli S300 hanno bisogno di alcuni mesi. Inoltre, la loro presenza in territorio siriano non rappresenta una minaccia insuperabile per Israele, che potrebbe neutralizzarli elettronicamente grazie all’imposizione di una no fly zone da parte degli Stati Uniti.
In ogni caso l’arrivo dei missili aggrava la situazione nell’area dopo che l’Iran aveva già rifornito gli hezbollah in Libano con i nuovi missili terra-terra a medio raggio Fateh 110 in grado di colpire quasi qualsiasi obiettivo in territorio israeliano. A tale scopo aerei israeliani avevano bombardato nelle scorse settimane obiettivi militari intorno alla capitale siriana, con l’obiettivo di distruggere i missili iraniani destinati agli hezbollah nel Libano meridionale. Il raid, il secondo in pochi giorni e il terzo dall’inizio dell’anno, aveva avuto lo scopo evidente di impedire che i missili raggiungessero gli hezbollah e quindi rappresentassero una minaccia grave e immediata per lo stato ebraico. Secondo fonti militari israeliane, le incursioni dell’aviazione avrebbero avuto, però, anche lo scopo di accelerare la caduta del presidente siriano Assad, sempre più sostenuto dalle milizie degli hezbollah, e di sgombrare il campo dall’unico deterrente militare iraniano nei confronti di una possibile operazione militare contro di esso da parte di Gerusalemme.
Con i missili in mano agli hezbollah Teheran ha, infatti, sin qui conservato la possibilità di una ritorsione in caso di attacco israeliano contro le sue centrali nucleari. La dislocazione dei Fateh 110 rappresenta, agli occhi di Gerusalemme, ‘’un elemento in grado di modificare la situazione’’ militare nella regione, mettendo nelle mani degli hezbollah, e dell’Iran, la capacità di colpire al cuore Israele. Cosa che Gerusalemme non può consentire. E, ora, l’arrivo degli S300 in Siria peggiora ulteriormente questa minaccia strategica.
Qualora Tsahal colpisse le batterie provocherebbe una reazione siriana (dipendente dal danno effettivo inflitto) e crescerebbe la tensione nell’area e con l’Iran. Sia l’Iran che gli hezbollah sono forti sostenitori del vacillante presidente siriano Assad e, secondo fonti israeliane, Teheran intenderebbe accelerare il dislocamento dei suoi missili nel Libano meridionale per timore di una caduta del regime al potere a Damasco che bloccherebbe la via tradizionale di trasporto dei missili. Israele vede, d’altra parte, nella caduta di Assad, su un piano tattico, lo strumento per bloccare la via dei rifornimenti militari iraniani agli hezbollah, e, allo scopo di favorire un’escalation, ha recentemente accusato Damasco di usare armi chimiche contro l’opposizione interna.
Per Washington l’uso di armi chimiche è la “linea rossa” che la costringerebbe a un intervento più diretto e massiccio nella crisi siriana. Un tale intervento aumenterebbe drasticamente la temperatura nella regione accrescendo le chances di un attacco all’iran. La Siria viene, infatti, vista da Gerusalemme e Washington come il principale baluardo esterno dell’Iran nella regione. Sul piano strategico il ridimensionamento dell’Iran come potenza regionale, grazie all’eliminazione della minaccia nucleare, costituisce il principale obiettivo comune israelo-americano.