Con la testimonianza di Amedeo Ricucci prende il via una stagione piena di appuntamenti culturali per la capitale della Costiera
Undici lunghissimi giorni. Il buio, l’angoscia, l’incertezza. Il rumore sordo del caricatore di un kalashnikov, il terrore di sentirlo per l’ultima volta. Poi la luce del Sole, accecante come non mai. Amedeo Ricucci, giornalista e inviato Rai in Siria, non dimenticherà mai il suo ultimo viaggio.
Sabato 8 giugno alle 19.00 ad Amalfi, a Largo Duchi Piccolomini, all’interno della 7a edizionedi ..incostieramalfitana.it,Festa del Libro in Mediterraneo, Amedeo Ricucci ripercorrerà i momenti cruciali del suo sequestro, avvenuto lo scorso 3 aprile nel nord del Paese, ad opera di un gruppo jihadista.
Il giornalista calabrese sarà intervistato da Giovanni Rossi, Presidente della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, e riceverà il Premio “Uomo/Donna del mio tempo”- sezione Giornalismo di frontiera. A consegnarlo l’Assessore al Turismo del Comune di Amalfi, dott. Daniele Milano.
Amedeo Ricucci era con i colleghi Susan Sabbous, Elio Colavolpe e Andrea Vingali davanti ad una chiesa sconsacrata, quando è stato sorpreso e bloccato da una brigata di uomini armati. Scambiati per spie, come tanti altri giornalisti in territori di guerra, solo perchè giravano filmati nell’area sbagliata. Inizia lì il loro calvario. Verifiche lunghe ed estenuanti. Nessun sopruso fisico, ma la devastante violenza psicologica di un destino senza padrone.
Il 13 aprile la sospirata liberazione. Ma quanta sofferenza. Quanta sofferenza per chi cerca ogni giorno di raccontare e supportare un popolo alla disperata ricerca di una propria identità. I quattro reporter erano tornati sulla linea di confine tra Siria e Turchia per un progetto sperimentale di giornalismo partecipativo. Le immagini, le notizie da seguire, le storie da raccontare per la prima volta sarebbero state dettate dagli studenti di alcuni istituti superiori di San Lazzaro di Savena (BO), collegati via Skype. “Silenzio, si muore!” sarebbe stato il titolo del nuovo format.
Amedeo Ricucci, classe 1958, è uno di quei classici operatori dell’informazione cresciuti a pane e guerre. “Passione, onestà, curiosità, rispetto per gli altri e etica da vero servizio pubblico” sono i suoi Ferri Vecchi, quelli che porta sempre in tasca e con i quali ha puntellato il suo seguitissimo blog. Inviato all’estero per “Professione Reporter“, TG1 e “La Storia siamo noi“, è stato testimone oculare e poi digitale di tutte le crisi internazionali dalla fine dello scorso millennio: Algeria, Somalia, Afghanistan, Kosovo, Iran, Iraq e Palestina solo per citarne alcune. Fino alla Siria, fino alle grinfie dei ribelli della Jabhat al Nusra. Allarmato dalla loro ideologia opprimente e senza freni, con scopi ben diversi rispetto all’Esercito Siriano Libero. Nei giorni del sequestro Amedeo Ricucci ha tristemente realizzato che i siriani non otterranno mai la loro democrazia se appoggiati da questi pseudo-alleati. “Mettersi in casa un ladro non ci si può poi lamentare se prima o poi spariscono i gioielli di famiglia“, scrive.
Un grido di speranza. Un invito alle autorità internazionali a tenere accesi i riflettori sulla “terra di nessuno“, perchè il post-Assad sta diventando una guerra civile per il potere, un’anarchia totale a spese della popolazione. Sanguinosa e silenziosa. Un’esortazione ai siriani a togliere la benda, proprio come ha fatto lui. Lasciarsi abbagliare dalla luce della libertà e cavalcarne le orme. Scegliendo con oculatezza chi potrà camminare al loro fianco.