I problemi che incontra il nuovo mestiere di assistente sessuale
Una romana di 31 anni ambisce a diventare la prima “assistente sessuale” per persone con disabilità e, al contempo, essere riconosciuta dalla legge come avviene in altri paesi. Afferma di avere una particolare predisposizione per questo genere di contatto, essendo ispirata da sentimenti filantropici per le persone in genere, ma particolarmente per anziani e disabili.
La sua “passione” nasce circa tre anni fa, quando legge di un noto studioso, affetto da tetraparesi, la cui madre era impegnata nella ricerca di una soluzione per il soddisfacimento dei bisogni sessuali del figlio, che, per la particolare natura della sua malattia, era impossibilitato anche all’autoerotismo. Qui la giovane donna, come illuminata, ha avuto la convinzione di essere all’altezza per questo delicato compito.
Tant’è che, dopo qualche tempo, conosciuto un disabile, ha voluto accertarsi dell’entità del desiderio di queste sfortunate persone, domandando all’amico se la sessualità in questo genere di malattia fosse attenuata. La risposta ricevuta non fu confortante: la pulsione sessuale, in quei casi, si acuiva fino all’ossessione perché nell’impossibilità di soddisfarla. E così la donna propose all’amico una prova, disgiunta da legami affettivi, instaurando una relazione che durò per qualche tempo con grande soddisfazione dei due. Ma soprattutto si radicò nella giovane l’idea della sua inusuale predisposizione alla nuova professione di assistente sessuale.
Su tale argomento lo scorso febbraio è uscito un film, –“The sessions” -, tratto da una storia avvenuta in California. Racconta del giornalista e poeta Mark O’Brien, morto nel 1999 che, costretto a vivere in un polmone di acciaio, a 38 anni ha voluto provare la sessualità per la prima volta. Aiutato dal sacerdote, suo consigliere spirituale, si affida alle cure di un’assistente sessuale professionista, che lo inizia al piacere per lui fino a quel momento sconosciuto.
In Europa, in Germania, Olanda e Scandinavia, l’assistente sessuale è un dato certo. È un valido aiuto per affrontare meglio il tabù dell’amore fisico e affettivo presente nella vita dei disabili. In Olanda, inoltre, in alcuni casi il supporto dell’assistente sessuale è rimborsato dall’Ente per la Sicurezza Sociale.
Discorso a parte per la Svizzera. Al momento sono pochi gli assistenti sessuali, ma comunque vengono spesso fatti dei corsi per questa nuova professionalità, dove sono presenti domande di partecipazione anche dalla Francia e dall’Italia. Però gli assistenti svizzeri, più che praticare veri rapporti sessuali, si dedicano a massaggi, carezze, giochi erotici e l’insegnamento della sessualità. La novità sostanziale per gli assistenti sessuali svizzeri è che i prossimi corsi saranno aperti anche ai gay, proprio per il soddisfacimento sessuale dei disabili con tendenze omosessuali.
Ovviamente nel nostro Paese una figura di tal genere non è nemmeno pensata e tollerata, anche per la totale assenza di discussione da parte dei nostri governanti. Anzi, in occasione di convegni sul tema della disabilità, il problema della sessualità di queste persone è mascherato nella sfera psico-affettiva, quindi evitando anche di dare consigli alle famiglie sul come si devono comportare in questi casi.
In Italia la richiesta dei disabili, che combattono per il riconoscimento del diritto all’assistenza sessuale domiciliare, sembra una grande e insormontabile cosa. La nostra naturale difficoltà a trattare la prestazione sessuale a pagamento, soprattutto per chi non è in grado di vivere in indipendenza questa più che legittima esperienza, è determinata dal considerare l’assistente del disabile più una prostituta che una terapeuta. Più questo modo arcaico di pensare rimane radicato, più ci troveremo impantanati nel cammino verso l’adeguamento del pensiero a schemi occidentali, e non, avanzati. In un Paese, il nostro, dove non si riesce nemmeno ad abbattere le barriere architettoniche. Figuriamoci la sessualità dei disabili.
La prostituta e l’assistente sessuale sono due “mestieri” sostanzialmente differenti. La prima, intesa nella comune accezione, ha come carattere esclusivo un compenso per la prestazione puramente sessuale, e praticata a tempo pieno. La seconda, invece, oltre ad essere praticata nel “tempo libero”, quindi un po’ come un secondo lavoro, ha carattere solidaristico e l’obiettivo, nei casi di solo deficit fisico e non mentale, non è solo offrire un intermezzo fatto di sesso, ma di introdurre il paziente verso una qualsivoglia autonomia della sfera sessuale.
E poi la famiglia, dove la sessualità dei disabili procura sicuramente non pochi interrogativi, non pochi problemi. Come vivono questo argomento i genitori? Da padre e madre, nella stragrande maggioranza dei casi, il disabile viene mantenuto in una costante condizione infantile che elude il bisogno di sessualità, considerato dai genitori come qualcosa di sporco, di mostruoso. Ma ci sono anche genitori che procurano al figlio disabile danni psichici irreparabili, causati dal loro intervento con gesti che si avvicinano all’incesto. Spinti da un’emergenza impellente da una parte, ma frenati dall’altra dal forte imbarazzo, che impedisce loro di rivolgersi a personale specializzato come psicologi, assistenti sociali e via dicendo.
Ci sono coloro che non sanno, che conoscono soltanto ciò che sono stati abituati a vedere e sentire, che però percepiscono la violenta emozione di una necessità che non riescono a decodificare. Ci sono quelli che hanno provato piaceri e orgasmi, ma che ora gli unici momenti in cui sono toccati è per essere puliti e medicati. Ci sono quelli che non hanno mai provato il benessere e l’appagamento del calore di un corpo sulla pelle, ma hanno sia il desiderio di farlo sia la paura di provarlo.
Una situazione, quindi, delicata, da trattare con tatto e rispetto. Una delle norme del buon senso è capire i desideri dell’altra persona, anche se, in fondo, non è cosa semplice, specie per gli handicap mentali, certamente meno controllabili delle disabilità solo fisiche, perché può nascere un importante attaccamento affettivo. Da sottolineare, infine, che l’assistenza sessuale per gli uomini l’incontro può rappresentare solo uno sfogo, mentre per le donne, di natura romantica, può nascere il desiderio di una relazione.