La Consulta si è finalmente espressa sul testo della legge elettorale nota come Italicum, individuandone alcuni punti che sono stati dichiarati incostituzionali: ora cosa succederà, come potranno votare i cittadini alle prossime elezioni? Si passerà ad altri sistemi come Mattarellum e Porcellum? Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza e vediamo le ultime novità che riguardano la legge elettorale.
Come cambia il testo dell’Italicum dopo il verdetto della Consulta
Non ha avuto un percorso molto semplice il povero Italicum: oggetto di scontri e polemiche fin dall’inizio, il suo testo (già approvato) viene smontato prima che possa essere messo in pratica. Era previsto un secondo turno tra i due partiti che hanno ottenuto il maggior numero di voti nel caso in cui nessuna forza politica avesse raggiunto il 40%; questa sorta di spareggio si sarebbe tenuto due settimane dopo il primo turno e il suo obiettivo era ovviamente quello di assegnare comunque una maggioranza assoluta dei posti alla Camera. La Consulta ha però dichiarato incostituzionale il ballottaggio, che quindi deve essere rimosso dal testo.
Viene invece salvato il premio di maggioranza che viene assegnato alla lista che al primo (e a questo punto unico) turno ottiene il 40% dei voti: occhio ai termini, abbiamo parlato di lista e non di coalizione. Il premio consiste nell’assegnazione di 340 seggi su 670. Sono escluse dal calcolo proporzionale la Valle d’Aosta e le province di Trento e Bolzano: in questi posti si voterà in 9 collegi uninominali, esattamente come avveniva con il precedente sistema elettorale. La Corte Costituzionale non si è espressa in merito ai capilista bloccati e alle pluricandidature, che quindi rimangono (per un massimo di dieci seggi), ma ha dichiarato che in caso di elezioni in più collegi i soggetti eletti non potranno scegliere il collegio di elezione, che invece verrà deciso tramite sorteggio.
Al netto delle decisioni della Corte Costituzionale, cosa rimane dell’Italicum? Come abbiamo appena visto, rimangono i capilista bloccati, che saranno i primi ad ottenere un seggio; a partire dal secondo eletto in poi conteranno le preferenze, reintrodotte dopo il pensionamento voluto dal Porcellum: ogni cittadino può esprimere due preferenze. Con questo meccanismo i partiti più piccoli hanno la certezza di portare in Parlamento i propri capilista, mentre le forze politiche più grandi verranno rappresentate dai capilista più una quota di parlamentari frutto delle preferenze degli elettori. Rimane anche la soglia di sbarramento: per avere dei rappresentanti in Parlamento le liste devono raccogliere almeno il 3% dei voti; è prevista anche la soglia per le minoranze linguistiche nelle Regioni dove è previsto (20% dei voti nella circoscrizione di presentazione).
Rimangono dodici i deputati nominati dagli italiani all’estero, dove saranno quattro le circoscrizioni e l’elezione avviene con un sistema proporzionale. In base a quanto stabilito dalle regole sulle cosiddette Quote Rosa, nessun sesso può avere più del 50% dei rappresentanti e nella successione interne delle liste ci dovrà essere l’alternanza dei generi; tra i capilista ogni sesso può essere rappresentato al massimo al 50% e se l’elettore esprime due preferenze devono essere relative a persone di sesso diverso, altrimenti la seconda preferenza viene considerata nulla.
Si andrà al voto nel 2017? Con quale legge elettorale: Italicum, Porcellum o Mattarellum?
Dopo le correzioni della Corte Costituzionale, quello che rimane dell’Italicum è comunque una legge elettorale valida: alcune forze politiche hanno già fatto partire gli appelli per andare al voto subito, visto che la legge c’è. Ma un attimo, l’Italicum è valido solo per la Camera (era stata scritta in ottica post-riforma, ma la vittoria del No al referendum costituzionale di dicembre ha cambiato un po’ i piani): per il Senato c’è una legge diversa (il Conseltellum, anch’esso figlio delle modifiche apportate a quanto previsto dal Porcellum dopo una pronuncia della Corte Costituzionale) e sono necessari degli aggiustamenti, un’armonizzazione. Le differenze tra i due sistemi sono evidenti: per la Camera sono previsti capilista bloccati e doppia preferenza, premio alla lista su base nazionale e 100 collegi “piccoli”, mentre per il Senato sono previsti la preferenza unica, il premio alla coalizione su base regionale e 20 collegi “grandi”. Per non parlare delle soglie di sbarramento: 3% alla Camera, 8% al Senato.
È evidente che bisogna fare qualcosa che rendi le cose un po’ più coerenti; certo, si potrebbe rimettere nuovamente mano all’Italicum, ma molto più probabilmente verranno fatte delle modifiche al sistema elettorale del Senato. Per fare questo servirebbe però del tempo e difficilmente si potrebbe arrivare ad una conclusione prima della prossima primavera 2017. Rimane però ancora in piedi l’idea di anticipare il tutto affidandosi ad un altro sistema elettorale, il Mattarellum (come è possibile intuire il nome deriva da quello dell’attuale Presidente della Repubblica), già in vigore tra il ’93 e il 2005. Questa legge elettorale prevedeva la divisione del territorio nazionale in 475 collegi per quanto riguarda la Camera e 232 per il Senato, ognuna delle quali eleggeva un parlamentare votato direttamente dagli elettori (collegi uninominali).
Non sono previsti ballottaggi nei collegi: i partiti candidano una persona e quello che prende più voti (anche uno solo in più rispetto agli avversari) si aggiudica il seggio. Con il Mattarellum non è possibile candidarsi su più seggi. Il 75% dei parlamentari viene eletto con il sistema dei collegi uninominali; il restante 25% dei deputati viene nominato in base ad un sistema proporzionale, coinvolgendo solo i partiti che hanno ottenuto più del 4%; i candidati eletti con il proporzionale sono bloccati, ovvero indicati dai partiti. Il rimanente quarto dei senatori invece viene eletto su base regionale. Per non penalizzare troppo i piccoli partiti è previsto il cosiddetto scorporo.