La “strana coppia”, ( Pd e Pdl), ha dato il via a Monte Citorio al provvedimento svuota carceri. Ora l’ultima parola spetta al Senato
Dopo anni di attesa e tante denunce dall’Unione Europea, finalmente i politici italiani hanno deciso che il problema delle carceri è una priorità, che non può essere più rinviata a data da destinarsi.
Bisogna riconoscere che in questi ultimi anni ci siamo spesso lamentati di un Parlamento reso ormai succube delle decisioni del Governo, con il solo compito di “ratificare” formalmente le decisione dell’esecutivo. Ma i lavori di queste ultime settimane a Monte Citorio sicuramente ci inducono a cambiare opinione e, difatti, i nostri deputati hanno cominciato ad alzare la testa, proponendo delle vere e proprie riforme. È questo il caso della proposta di legge a firma Donatella Ferranti(PD) ed Enrico Costa (Pdl), approvata la scorsa settimana dall’Aula di Monte Citorio. Tuttavia, chi ha potuto leggere il testo è arrivato al punto di rimpiangere i bei giorni in cui i deputati se ne stavano buoni e placidi, seduti nei loro scranni a pigiare semplicemente un bottone.
Nella sua relazione introduttiva l’on. Ferranti, relatrice del provvedimento, sente il dovere di precisare che per il Parlamento questa riforma non è solo una scelta ma un atto dovuto, alla luce dell’ennesima condanna della Corte per i diritti umani contro il nostro Paese, a causa dell’eccessivo sovraffollamento delle carceri. Fino a qui, nulla da eccepire. Di fronte a queste dichiarazioni, una mente dotata di un minimo di raziocinio penserebbe che la Camera finalmente abbia messo mano all’attuale sistema carcerario con un valido programma di edilizia penitenziaria, o comunque con misure atte a rendere la vita dei detenuti più “sostenibile”. Quando si parla di sovraffollamento delle carceri, non si mette in dubbio l’assunto secondo cui un condannato deve scontare la pena detentiva per il reato che ha commesso e, allo stesso modo, tutti riconoscono che a una persona, anche se detenuto perché colpevole di un reato, sono sempre riconosciuti i diritti inviolabili appartenenti ad ogni essere umano.
Ma ecco che la “strana coppia” (Pd e Pdl), strappandoci ogni certezza, ha pensato bene di prendere il toro, non per le corna, ma per la coda. Così, per affrontare il problema delle carceri, il Parlamento ha deciso che, d’ora in avanti, anche chi commetterà reati di una certa rilevanza, puniti con pene severe dal codice penale, non dovrà scontare un giorno di carcere.
La proposta di legge in questione delega il Governo ad emanare decreti legislativi per introdurre nel nostro ordinamento l’istituto della “sospensione del procedimento con messa alla prova”. Il provvedimento consente all’ imputato, nel corso del procedimento, di chiedere al giudice la sospensione del giudizio, presentando in alternativa un Piano di “riabilitazione”, presso servizi sociali e altre strutture del terzo settore o ai domiciliari. Se il giudice accoglie la richiesta l’imputato, che così facendo dichiara in pratica la sua colpevolezza, è chiamato a prestare questo servizio in alternativa a quella che poteva essere la pena detentiva prevista per il reato commesso. Terminato il periodo della messa alla prova, che può essere anche di pochi mesi o di un anno, il giudice, ove accertato che le sue prescrizioni non siano state disattese, dichiara con sentenza estinto il reato.
Ma per comprendere meglio le intenzioni del Parlamento, bisogna fare delle specifiche.
Questa opzione è concessa a tutte quelle persone che hanno commesso un reato non di lieve entità ma punibile, secondo il nostro ordinamento, con la pena fino a sei anni, che non è proprio di poco conto. Non a caso il codice penale punisce con questa pena diverse tipologie di reati sessuali, lo stalking, la rissa aggravata, il reato di percosse, lesione personale, incendio colposo, fabbricazione o detenzioni di materiali esplosivi, l’incesto, maltrattamenti contro familiari e conviventi, istigazione al suicidio, abbandono di persone minori o incapaci, omissione di soccorso, più tutta una serie di reati tributari. Solo per enunciarne alcuni.
Quindi, coloro che si macchieranno di uno di questi reati non vedranno nemmeno da lontano il carcere, chiederanno la sospensione, il giudice deciderà per i domiciliari o per il servizio di pubblica utilità, che in ogni caso avrà una durata esigua rispetto alla pena da scontare in carcere e, per finire in bellezza, la proposta di legge prevede addirittura non l’estinzione della pena, ma l’estinzione del reato. Ciò significa che terminato il periodo di messa alla prova, per la società il fatto non è mai stato compiuto e la fedina penale rimane intonsa.
Tutto questo, i nostri politici, vogliono farlo passare per un provvedimento necessario per dare una risposta concreta al problema del sovraffollamento delle carceri. Ci sovviene spontanea una domanda. Per quale motivo, se proprio l’obiettivo era quello di “sfoltire” le carceri, non si è pensato a far uscire tutti quei presunti innocenti che, a torto e ingiustamente, sono rinchiusi dentro una cella senza che il sistema giudiziario li abbia dichiarati colpevoli? Mi riferisco a quelle centinaia di migliaia di imputati che incappano nelle maglie larghe del carcere preventivo, rimanendo dietro le sbarre anche anni prima di un vero giudizio, che spesso è di assoluzione. Un esercito di persone che, secondo i dati del ministero della Giustizia, rappresentano ben il 40% di tutti i carcerati italiani. Per non parlare dei tossicodipendenti. È risaputo ormai da anni, anche sulla base di diverse ricerche scientifiche, che la “cura” dalla tossicodipendenza non può avvenire in un ambiente come quello carcerario che, spesso, porta a un peggioramento delle condizioni di vita, con evidenti ripercussioni sociali nel momento della loro messa in libertà.
Tirando le somme, gli aspiranti delinquenti dovranno aspettare solo qualche mese per sapere se la loro “attività” potrà essere svolta senza troppi indugi. E anche coloro che, vista la crisi economica, cercano in qualche modo di far fesso lo Stato, non hanno molto da aspettare per esseri sicuri che anche evadendo le tasse non finiranno in prigione. Sembra, invece, che a rimanere a bocca asciutta siano tutti quegli onesti cittadini che, nonostante tutto l’impegno della nostra classe politica a farci credere il contrario, hanno ancora il convincimento secondo cui anche con le tasche vuote, meglio avere la coscienza pulita.
Non ci rimane che sperare, visto che le certezze si sono dissolte, che dopo la pausa estiva, un po’ più rilassati, i nostri senatori possano leggere attentamente il provvedimento prima di votarlo. Nel frattempo, ci può rincuorare che qualche stonatura si è fatta sentire. I Cinque Stelle, il Sel, parte del Pdl e Fratelli d’Italia, alla Camera si sono opposti aspramente al provvedimento, cercando di far capire ai colleghi del Pd che se alla mala giustizia, che impera nel nostro Paese, ci aggiungiamo anche l’(in)certezza della pena, viene meno ogni deterrente per commettere un reato contro la società. Un tentativo andato a vuoto davanti ad un Pd sornione che si attiene in silenzio agli ordini di partito. In tutto questo scenario non sono mancate le facce beate di alcuni, e neppure pochi, che con questo provvedimento riuscirebbero a sistemarsi le proprie vicende giudiziarie.