Arriva nelle sale “L’esorcismo di Hannah Grace” il primo lungometraggio diretto da Diederik Van Rooijen con Shay Mitchell.
Megan Reed è un ex poliziotta che dopo uno shock lavorativo ha scelto di spostarsi verso altri fronti, come accettare un posto in un obitorio notturno. Dopo averle spiegato il funzionamento dei vari reparti, la prima sera di lavoro le arriverà un cadavere molto particolare. Chi è la Hannah Grace del titolo di questo film?
La paura, di cosa abbiamo paura? Perché amiamo guardarla al cinema? Qual è il confine, nell’horror, tra cinema d’intrattenimento e tentativo autoriale? Andiamo con ordine.
L’horror, nato con lo spirito di suscitare nello spettatore sensazioni estreme come odio e paura, tutto ciò che nella vita quotidiana non dovrebbe essere consuetudine vivere, è un genere moderno uno dei più giovani. Questi film hanno iniziato a prendere piede in tutto il mondo grazie alla qualità estrema con cui venivano realizzati e anche grazie al fatto che allo spettatore affascina sempre più il diavolo piuttosto che la parte buona. Tanti autori sono cresciuti all’interno di questo mondo, artisti come Romero o il nostro Dario Argento, in molti si sono affacciati anche soltanto con pochissimi film. Oggi alla parola “horror” viene spesso accostata quella di “Blumhouse” la nota casa di produzione che da qualche hanno sta impostando un importante progetto editoriale proprio riguardo questi film. Questo, dove e come si inserisce nel panorama cinematografico mondiale? Arrivando in sala grazie al contributo di Sony e Warner Bros, “L’esorcismo di Hannah Grace” assume un’enorme importanza visto che è anche un esordio sul grande schermo. Diederik Van Rooijen porta al cinema un horror di intrattenimento puro, incentrandolo per 90% su un unico ambiente. Nonostante ciò mette in contrapposizione la travagliata storia di Hannah Grace con quella di Megan, lasciando intendere che in realtà, seppur una è presa da un demone, non sono poi così diverse.
Un altro elemento che permette a questo prodotto di essere ancora più fruibile e vendibile in tutto il mondo è la durata. 85 minuti, meno di 1 ora e 30, sono quasi una puntata di una serie tv, rende questo film più semplice da essere seguito.
Di questo film due aspetti ci hanno colpito in maniera particolare: Shay Mitchell e il reparto trucco. Shay è una scommessa vinta da parte del regista. Attrice e modella canadese è una delle star della fortunata serie “Pretty little liars” andata in onda dal 2010 al 2017. Nonostante si sia particolarmente contraddistinta in quest’occasione come attrice aveva bisogno di un ulteriore consacrazione cinematografica, dato che non tutti gli attori hanno la stessa resa (in Italia, Corrado Guzzanti ne è un esempio, nessuno discute la sua bravura, ma tra la tv e il cinema, nel suo caso, c’è differenza). Il suo ruolo è molto complesso, non tanto per le reazioni da fingere nei momenti di paura, ma nella credibilità da fornire nel mostrare un peso che questo personaggio si porta dietro.
Il trucco è un altro comparto che ha un ruolo fondamentale nel rendere possibile questo storia. Il personaggio di Hanna Grace è costruito su protesi, bruciature e ossa rotte, tutte vere, motivo per cui questo film riesce a pieno nello spaventare lo spettatore.