In questo articolo ci soffermeremo sul tema delle accise sulla benzina e il diesel nel 2019-2020, che tocca da vicino quasi tutti gli italiani automuniti: vedremo nel dettaglio che cosa sono e a cosa servono tali accise, quali sono le accise che nell’anno in corso gravano sul prezzo del carburante, e capiremo brevemente quando costerebbe la benzina se le accise non venissero applicate al suo prezzo di mercato. Il costo delle accise, come detto, incide in Italia in modo davvero significativo sul prezzo dei carburanti con cui ogni giorno gli italiani riforniscono le loro auto per andare al lavoro, svolgere commissioni ordinarie e semplicemente spostarsi: ciò rende evidente quanto questo aspetto abbia un impatto decisivo sui bilanci delle famiglie e su quanto questo tema sia urgente per moltissimi fra noi.
Le accise sulla benzina 2019-2020: cosa e quali sono
Le accise sono imposte sulla fabbricazione e la vendita di prodotti di consumo: in Italia, come nella maggioranza degli Stati mondiali, il prezzo dei carburanti è perciò gravato da un accisa, che è maggiore nei Paesi che non sono produttori. Le accise hanno la funzione primaria, particolarmente nelle nazioni europee, di ridurre l’impatto ambientale derivante dall’impiego massiccio di carburanti di origine fossile: in sostanza, poiché esse producono un aumento del prezzo di benzina e diesel, ciò dovrebbe scoraggiare i cittadini ad utilizzare l’auto o quantomeno renderli più sensibili rispetto alle tematiche ambientali legate all’inquinamento.
Nel nostro Paese lo strumento delle accise viene principalmente introdotto per coprire emergenze di cassa dello Stato, porre limiti all’importazione (ma ovviamente non è questo il caso delle accise sui carburanti, rispetto ai quali siamo interamente dipendenti dai Paesi produttori) e, infine, come visto, per limitare danni ambientali(l’accisa acquista quindi il valore di green tax, in questi casi). Nello specifico delle accise applicate a benzina e diesel, queste sono state via via introdotte e sommate con l’obbiettivo di far fronte a stati d’emergenza derivanti da eventi naturali ma non solo. A partire dal 1995 tali accise sono state ricomprese in un’unica accisa e non sono più stati esplicitati i motivi di ogni singola accisa precedentemente applicata. Vediamo nel dettaglio la composizione dell’attuale accisa sulla benzina e il diesel, che comprende al suo interno 19 accise stratificate nel tempo e che è la ragione principale dell’alto costo del carburante nel nostro Paese. Per ogni litro di benzina che versiamo nel serbatoio paghiamo infatti ben 19 accise: 0,0001 euro per il finanziamento della guerra d’Etiopia del 1935-1936; 0,007 euro per il finanziamento della crisi di Suez, che ebbe luogo nel 1956; 0,005 euro per la ricostruzione dopo il disastro della diga del Vajont avvenuto nel 1963; 0,005 euro per la ricostruzione in seguito all’alluvione di Firenze del 1966; 0,005 euro per la ricostruzione seguita al terremoto del Belice del 1968; 0,051 euro per la ricostruzione successiva al terremoto del Friuli del 1976; 0,038 euro per finanziare la ricostruzione dopo il terremoto dell’Irpinia del 1980; 0,106 euro per ripianare il finanziamento della guerra del Libano del 1983; 0,0114 euro destinati al finanziamento della missione in Bosnia del 1996; 0,02 euro utilizzati per sostenere il rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri del 2004; 0,005 euro da impiegare per l’acquisto di autobus ecologici nel 2005; 0,0051 euro per far fronte all’emergenza derivante dal terremoto dell’Aquila del 2009; da 0,0071 a 0,0055 euro per finanziare il settore cultura nel 2011; 0,04 euro per sostenere gli immigrati giunti in Italia dopo la crisi libica del 2011; 0,0089 euro per affrontare l’emergenza dovuta alluvione che ha colpito la Liguria e la Toscana nel novembre 2011; 0,082 euro (0,113 sul diesel) per la sostenibilità del decreto “Salva Italia” del dicembre 2011; 0,02 euro per far fronte all’emergenza seguita ai terremoti dell’Emilia del 2012; 0,005 euro destinati al finanziamento del “Bonus Gestori”; 0,0024 euro finalizzati a coprire i finanziamento del “Decreto Fare”. Ricordiamo che oltre alle accise passate in rassegna, sul costo di ogni litro di benzina grava anche l’Iva al 22%.
Appare quindi evidente già ad un primo sguardo quanto sia anacronistico il fatto che per ogni litro di benzina che immettiamo nella nostra macchina una parte del prezzo che paghiamo sia destinata alla copertura finanziaria di emergenze ed operazioni ormai molto lontane nel tempo (a puro titolo speculativo, pensiamo alle accise sulla guerra di Abissinia o quelle destinate al finanziamento della crisi di Suez: eventi occorsi ormai oltre mezzo secolo fa) e non stupisce che questo tema sia stato all’ordine del giorno nell’agenda di molti governi che si sono succeduti negli anni, senza però che nessuno di essi riuscisse a ridurre incisivamente e risolutivamente questa misura o quantomeno a ridimensionarla perché gravasse meno sulle tasche dei contribuenti.
Dall’analisi dei dati forniti da CGIA (Associazione Artigiani e Piccole Imprese Mestre) appare che nel corso dei decenni gli italiani abbiano pagato circa 145 miliardi di accise solamente per “coprire” l’emergenza e la ricostruzione seguita ai numerosi sismi che hanno colpito la penisola, a partire dal terremoto dell’Irpinia del 1980 per giungere a quello che ha ferito l’Emilia Romagna nel 2012.
Accise sui carburanti 2019-2020: quanto costerebbe la benzina senza?
Come abbiamo visto, la misura delle accise sul carburante, sebbene volta a sostenere imprese nobili e doverose (come la ricostruzione di territori afflitti da catastrofi ambientali), “impoverisce” notevolmente il portafoglio degli automobilisti italiani, incidendo in maniera significativa sul prezzo della benzina e del diesel. Si stima che, nel 2019, se alla benzina non venisse applicata l’accisa la cui composizione abbiamo analizzato nel paragrafo precedente, costerebbe circa 60 centesimi di euro al litro: una cifra dunque ben diversa dagli attuali 1,674 euro/litro di media negli impianti colorati e 1,553 euro/litro negli impianti no-logo (fonte Andokronos). Altrettanto dicasi per il diesel, il cui prezzo attuale è di circa 1,537 euro/litro, facendo una media tra i prezzi proposti dalle compagnie e quelli degli impianti no-logo.Insomma, le accise fanno sì che per ogni litro di benzina immesso nel serbatoio ogni italiano paghi in media 1 euro di supplemento in accise rispetto al prezzo al pubblico della materia prima “nuda”. Secondo Confesarcenti, che ha svolto un’indagine proprio in relazione a questo tema, il prezzo di un litro di benzina o diesel sarebbe di circa 1,00 euro, anche nel caso in cui, paradossalmente, i principali Paesi produttori di petrolio “regalassero” il combustibile all’Italia: questo perché, oltre alle accise, continuerebbe a gravare sul prezzo della benzina l’Iva al 22%. Questa è infatti una delle ragioni per le quali, accise a parte, la benzina in Italia continua a costare di più rispetto alla maggioranza dei Paesi europei, senza contare il fatto che il prezzo dei carburanti subisce anche microscopiche – ma pur sempre reali – variazioni quotidiani in base alle oscillazioni del prezzo del petrolio.
Evidentemente a “svenare” gli italiani al distributore di benzina concorrono diverse cause: un’Iva alle stelle, un numero di accise consistente che, nella maggioranza dei casi finanziano progetti ed operazioni oltremodo inattuali, la necessità di dover per forza di cose importare il petrolio e di essere quindi energeticamente dipendenti dai Paesi produttori e non avere quindi sufficiente potere contrattuale per trattare sul prezzo delle materie prime. Esistono però casi in cui le comunità locali sono intervenute per “calmierare” i prezzi del carburante, stabilendo mediante specifiche delibere l’abolizione delle accise sui carburanti: ciò è accaduto nel 2018 a Giave, un piccolo paese del sassarese.
L’andamento del fenomeno pare però tendere verso la direzione opposta: l’attesa riduzione delle accise promessa dal governo in carica non c’è stata e non ci sarà e anzi, nel 2020 è previsto l’aumento delle aliquote Iva sul carburante (a cui ne seguirà uno ulteriore nel 2021) nonché, sempre da gennaio 2020, un rialzo delle accise sui carburanti, come previsto dalla Legge di Bilancio 2019 e dal DEF (Documento di economia e finanza) del governo. C’è quindi da aspettarsi, nei prossimi mesi, un’ulteriore erosione della capacità di spesa degli italiani rispetto al tema dei carburanti e, nel dettaglio, della benzina e del diesel.
Concludendo questo articolo, rimarchiamo come le accise 2019-2020 nel nostro Paese incidano in maniera eccessiva sul costo della benzina come rilevato anche da un monitoraggio condotto di recente da Assoenergia ed Assopetroli: emerge che, rispetto ai prezzi dei carburanti pubblicati dalla Commissione Europea l’8 aprile scorso, l’Italia dal punto di vista delle imposte sui carburanti presenti uno stacco rispetto alle media europea di +22,4 centesimi/litro sulla benzina e di + 20,8 centesimi/litro sul diesel. Nella settimana presa in esame per l’indagine in questione le imposte hanno influito sul prezzo finale dei carburanti nella misura del 62,71% per quanto riguarda la benzina e del 57,73% per ciò che concerne il gasolio. Con tutta evidenza si evince quindi che, al di là della facile propaganda, le politiche economiche e finanziarie italiane debbano fronteggiare questa sproporzione rispetto alla media europea ed intervenire a ribasso sul costo dei combustibili, lavorando parallelamente all’efficientamento della rete del trasporto pubblico nazionale e delle politiche di transizione verso fonti energetiche più green, che, auspicabilmente, nell’arco di alcuni decenni potranno ridurre significativamente l’emissione di sostanze inquinanti e allo stesso tempo consentire agli automobilisti un risparmio rilevante sul prezzo dei carburanti più diffusi, come diesel e benzina.