E’ nelle sale la nuova avventura dei Men in Black che questa volta vede come protagonisti Chris Hemsworth e Tessa Thompson.
Recensione di Men in Black International 2019
Gli uomini in nero non smettono mai di vegliare su di noi. Nel silenzio, nell’ombra, controllano e sferrano minacce aliene da pianeti lontani. Lo fanno da anni, da sempre. Prima erano l’agente K e l’agente J (Tommy Lee Jones e Will Smith) che dal 1997 sino al 2012 hanno portato in sala le loro avventure così rivoluzionarie agli inizi ma ad oggi necessarie di un leggero ritocco. Perché nel 1997 per originalità della storia e soprattutto per una realizzazione così avanti nel tempo tanto da rendere gli alieni del film tutti assolutamente credibili ha portato ad oggi, dopo un secondo capitolo che è stato un flop, a cambiare vesti e a passare il timone a una coppia già nota sul grande schermo. Tessa e Chris non è con questo film la prima volta che si incontrano, ma Gary ha scelto di chiamare una coppia importante e già rodata, come la loro, visto che hanno interpretato Valkiria e Thor nei film del Marvel Cinematic Universe. Questa loro conoscenza ha reso il rapporto dei personaggi ancora più veritiero e semplice da realizzare proprio per questo ciò che colpisce è l’equilibrio. La vera forza del film è proprio la gestione dei due, dove se da un lato c’è il volto noto di Thor, Tessa non risulta una protagonista in secondo piano ma anzi, il film si basa principalmente su di lei. In “MIB-International” nessuno toglie le battute all’altro, il lato comico vira però verso Chris che si spoglia del ruolo di bell’attore (seppur vengono mostrate un paio di inquadrature che strizzano l’occhio verso il pubblico femminile) e continua, dopo “Ghostbuster” “Thor Ragnarock” e “Avengers end game”, a distruggere la sua figura, prendersi in giro e mettersi in gioco grazie alla potente arma dell’autoironia.
Come dicevamo il film si incentra sulla figura di Tessa, l’agente M, che continua il percorso delle precedenti colleghe di regalare (finalmente) anche al pubblico femminile un eroina in cui immedesimarsi. Questa scelta è sempre più netta quando, a inizio film, dopo esser stata reclutata da Emma Thompson (unica reduce della precedente trilogia), M chiede al capo del perché “Men in black” e non “Woman in black”, Emma toglie qualsiasi speranza alla giovane recluta spiegando che è un vecchio retaggio che nessuno vuole togliere.
Seguiranno nuovi capitoli tutti al femminile? Chi può dirlo, tutto dipende dagli incassi, se il film guadagna si replicherà se non incasserà a livello globale quanto sperato, questo esperimento sarà il primo e l’ultimo di rilancio della saga. Questo film ha nel suo posizionamento di uscita una delle migliori strategie di vendita in quanto, leggero, divertente e gradevole, quasi come un cocktail estivo dissetante da sorseggiare sotto il sole.