La parola transgender è entrata a far parte negli ultimi decenni del linguaggio comunicativo nella società civile, ampliando la visione d’insieme inerente la sfera della sessualità e dell’autodeterminazione personale. La sua derivazione, sebbene evidenzi una provenienza anglosassone, pone le radici anche in altre lingue ed il suo significato è più complesso di quanto molti credano a prima vista. Cercare nel dizionario italiano può essere un modo utile per iniziare a comprenderne la traduzione reale, anche attraverso interpretazioni ed esempi pratici finalizzati a fornire un quadro d’insieme corretto a livello linguistico. Andiamo dunque a vedere il vero significato della parola transgender, focalizzando bene l’attenzione su tutte le sue accezioni ed i suoi significati reali.
Traduzione della parola Transgender nel dizionario italiano
Quando si affronta una locuzione oppure un termine proveniente dalla commistione di più idiomi linguistici, operare una traduzione letterale è un compito che richiede molta capacità di approfondimento e analisi sia semantica che grammaticale. Ci sono molti dizionari italiani che offrono varie interpretazioni in merito a possibili significati di parole con un’origine straniera, ma per delineare un quadro più chiaro della questione occorre anzitutto partire dalla radice dei termini che compongono un morfema. In questo caso stiamo analizzando l’espressione “transgender”, formata dall’unione delle parole “trans” e “gender”. Il primo dei due vocaboli ha una derivazione dalla lingua latina e sta a significare letteralmente al di là oppure attraverso, risultando quindi un avverbio o preposizione. Il secondo ha un’origine propriamente anglosassone ed il suo significato letterale vuol dire banalmente genere, esattamente come l’assonanza nella pronuncia possa far intuire. Traducendo in italiano il termine composto, viste e considerate le analisi condotte su questi morfemi, la parola transgender si rivela come un’entità che va attraverso o al di là del genere e si lega concettualmente al discorso attuale inerente l’autodeterminazione sessuale. Dopo aver appurato tutto ciò, possiamo virare direttamente sull’aspetto della traduzione libera e pragmatica del termine proposta dai maggiori dizionari di lingua italiana, discostandoci dal significato meramente letterale. Il vocabolario Treccani espone una definizione della parola transgender che è la seguente: “Chi si identifica in modo transitorio o persistente con un genere diverso da quello assegnato alla nascita”. Queste righe offrono molti spunti interessanti riguardo la traduzione del termine, poiché viene messo in risalto il tema della diversità nella scelta che il libero arbitrio umano può compiere indipendentemente dall’origine biologica al momento della sua comparsa. Molto diversa ma sempre e comunque afferente alla tematica trattata è la definizione di transgender proposta dal dizionario Garzanti: “Movimento culturale nato negli USA negli anni Novanta del XX° secolo, che legittima ogni possibile forma di espressione della propria sessualità senza conformarsi alla codificata distinzione tra i sessi”. Qua siamo di fronte ad una traduzione maggiormente articolata, che implica perfino delle prerogative storiche e sociologiche le quali vanno a definire il concetto di transgender in un’accezione più ampia rispetto a quella precedente. Viene messo in risalto l’aspetto della codificazione sessuale al posto della nascita e tale scelta evidenzia soprattutto la rivendicazione di tutti quei diritti inerenti la libertà di autodeterminazione che confliggono con i paradigmi canonici stabiliti dal sistema vigente.
Se da un lato i vocabolari classici possano fornire definizioni ricercate e soprattutto abbastanza esaurienti riguardo al concetto che stiamo trattando, non meno interessanti risultano essere i dizionari online di alcune tra le maggiori testate giornalistiche italiane. Ad esempio il sito del quotidiano Il Corriere della Sera presenta a suo modo un’altra definizione sul significato di transgender (transessuale) presa dal Sabatini-Coletti che recita così: “Chi tende ad assumere ad assumere comportamenti e tratti tipici del sesso opposto a quello cui appartiene per nascita, anche mediante la modificazione delle proprie caratteristiche anatomiche e fisiologiche”. Tale definizione va a battere sul tasto dell’atteggiamento, a differenza delle precedenti in cui veniva messo in risalto il tema del libero arbitrio nella scelta autodeterminativa della propria sessualità a discapito dei canoni precodificati. In questo caso troviamo invece una focalizzazione orientata sull’aspetto comportamentale, fattore decisivo nell’identificare un soggetto che possa ritenersi transgender. Un’altro quotidiano importante a livello di tiratura nazionale, La Repubblica, offre una definizione dettagliata e completa inerente la tematica trattata, prendendo a riferimento il dizionario Hoepli che sull’argomento transgender si esprime in questo modo: “Movimento culturale di fine Novecento che legittima tutte le forme di espressione della sessualità, svincolata dalla distinzione biologica maschio/femmina”. Eccoci di nuovo ad analizzare una visione incentrata primariamente sul concetto di “transgenderismo”, inteso come fenomeno anzitutto storico-sociologico che affonda le sue radici nelle lotte dei movimenti novecenteschi per l’emancipazione delle minoranze e la rivendicazione dei diritti individuali. Stando a tutte le definizioni prese in esame, possiamo dunque affermare che il significato della parola transgender viene espresso dai maggiori dizionari italiani seguendo principalmente due correnti interpretative. Una assume una posizione focalizzata sulle caratteristiche dei comportamenti individuali, l’altra tende piuttosto a focalizzare l’attenzione sulle prerogative socio-culturali. Ciò che ad ogni modo accomuna tutte le definizioni presentate è il significato generale della parola transgender, il quale si traduce in italiano col termine transessuale e si identifica con tutti i paradigmi alla base dell’autodeterminazione individuale nell’ambito della sessualità. Per comprendere in maniera ancor più dettagliata la tematica trattata, alcune interpretazioni teoriche collegate ad esempi pratici possono fornire maggiori delucidazioni sull’argomento.
Interpretazioni ed esempi pratici sul significato di transgender
Dopo aver analizzato varie proposte riguardanti le definizioni della parola transgender contenute nei maggiori dizionari italiani e le traduzioni correlate, passiamo ora a volgere lo sguardo verso le interpretazioni e soprattutto gli esempi della vita pratica che permettano di stabilire con maggior accuratezza cosa significa essere “transgender”. Cercare di capire un concetto soltanto mediante una definizione teorica presa da un testo non basta a chiarire tutti gli aspetti di un concetto, dal momento che tale argomento è anche fonte di grande dibattito tra i temi d’attualità. Con alcune dimostrazioni pratiche si passa quindi ad analizzare il termine transgender costruendo un significato corretto e completo, comprensivo di tutti gli attributi che caratterizzano questo fenomeno riguardante la sfera della sessualità. Sotto questo aspetto è quindi possibile iniziare a parlare di “transgenderismo” come un insieme comprensivo di varie voci concettuali. Si identifica all’interno di questa categoria colui il quale sostiene la non dualità riguardante il genere personale, che viene riassunto nel rapporto maschio/femmina, accettando il soggetto fisico nella forma di identità multiple ai cui estremi si trovano l’uomo e la donna. Tale interpretazione dell’argomento apre uno scenario completamente diverso rispetto alle sole definizioni già affrontate in precedenza, offrendo una visione che prevede ben 4 modalità per cui un individuo possa identificarsi:
- persona transessuale operata che ha ottenuto fisicamente il genere percepito proprio;
- persona transessuale parzialmente operata che ha mutato l’aspetto fisico verso il sesso prediletto ma ha lasciato intatti i genitali;
- persona non binaria che non riconosce la divisione netta maschio/femmina a livello concettuale;
- persona crossdresser che nel gergo comune viene definito anche col termine “travestito”, ovvero chiunque mantenga il genere di nascita ma adottando un abbigliamento conforme al sesso opposto.
Una volta effettuata questa suddivisione inerente le sottocategorie dell’insieme definibile “transgenderismo”, si può passare a tutti gli altri usi del significato specifico nelle varie discipline scientifiche. Ci sono moltissime branche di studio che nel corso degli ultimi decenni hanno scelto di scandagliare, per volontà necessità, la tematica trattata. Nel linguaggio tecnico della psicologia, psichiatria, endocrinologia e legge la parola transgender viene utilizzata prettamente per identificare un soggetto transessuale non operato ai genitali. In termini chirurgici, l’intervento specifico per passare da maschio a femmina assume la connotazione di transizione “androginoide”, mentre il processo opposto viene definito con il termine “ginoandroide” e a livello di mere percentuali sono in netta maggioranza gli uomini che decidono di mutare sesso affidandosi ad un’operazione chirurgica rispetto alle donne. Riprendendo dunque il concetto già affrontato e tradotto precedentemente in forma letterale, ossia “al di là del genere”, è possibile affermare che una persona già operata ha subito una modifica biologica dove si è verificato il passaggio da un sesso all’opposto. La fase transitoria in cui quel soggetto sarebbe potuto definirsi transgender è terminata oggettivamente con l’intervento chirurgico, ma soggettivamente la percezione può comunque non essere mutata. Ovviamente il giudizio dipende sempre dalla posizione dell’individuo in merito alla questione, ecco perché risulta complesso dare una spiegazione assolutizzante rispetto a ciò che può dirsi o non dirsi davvero transgender. Se da un lato troviamo quindi una posizione condivisa sull’argomento da parte delle maggiori discipline tecnico-scientifiche, dall’altro resta sempre molto attuale il dibattito comunicativo attorno al paradigma socio-culturale di questo fenomeno. Accanto alla parola transgender è nata infatti la definizione speculare “cisgender”, termine con il quale viene individuato il soggetto che dichiara convintamente l’interezza della propria identità, ritenendo impossibile una visione improntata sul concetto di sessualità multipla e versatile come quella del transgenderismo. Ma veniamo al punto di vista della difficoltà fisica e psicologica che molte persone avvertono nel sentirsi a disagio in un corpo che non riconoscono come adeguato alla loro esistenza. Questo malessere ha un nome ben preciso e si chiama disforia di genere, spesso abbreviata con l’acronimo DIG, condizione in cui l’individuo sente una distanza forte dal sesso fenotipico o dall’identità assegnatagli fin dalla nascita. Recentemente si è registrata l’approvazione della ICD-11 ad opera dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, un testo in cui si porta la DIG da disturbo mentale ad una semplice incongruenza di genere, a prescindere dalla tendenza sessuale. C’è stato quindi un salto evolutivo non indifferente all’interno del campo medico-clinico, attraverso cui gli enti preposti hanno scelto dopo anni e anni di studi approfonditi per un declassamento della disforia di genere. Quest’ultima non deve intendersi più come malattia, piuttosto è riconducibile ad un disturbo temporaneo o stabile afferente alla dimensione psichica dell’individuo che non riconosce se stesso in una sfera sessuale totalmente definita. Una grande conquista per il movimento transgender, se si pensa che soltanto a pochi decenni da oggi le lotte per l’emancipazione e la rivendicazione dei diritti LGBT sono state dure, spesso soggette anche a discriminazione e violenza.
Non meno importante è poi la questione dell’inserimento nella società per un soggetto transessuale: negli ultimi anni si sono registrati parecchi casi di licenziamenti sul posto di lavoro per i transgender, mentre in Occidente si è ancora lontani dall’applicazione di politiche integrative e sociali. In questo senso è ancora lunga la strada per quella che potrebbe definirsi una normalizzazione del fenomeno transgender, sebbene la società civile e democratica abbia già intrapreso un processo di riconoscimento con accettazione delle persone attive nel Mondo della transessualità. Trovarsi a dover competere con problemi e difficoltà sul posto di lavoro o in qualsiasi luogo pubblico è davvero spiacevole, mentre le istituzioni stanno provvedendo a creare nuove istanze soltanto nel corso di questi ultimi anni. Infine c’è tutta la parte relativa a come comportarsi dal punto di vista comunicativo quando si ha di fronte una persona transgender. Nel contesto accademico si è optato per un utilizzo della terminologia mista, che può essere riassunta con la costruzione della seguente frase: “Il transgender + (nome proprio di persona femminile) è andata dal dottore”. Se sotto il profilo grammaticale questa espressione non presenta alcun errore, molto più confuso appare il piano concettuale. Abbiamo detto anticipatamente che la parola indicante un soggetto con sesso mutato rispetto alla nascita debba essere riconosciuto ormai come uomo o donna, posteriormente all’intervento chirurgico. Ma se accettiamo la visione che le principali materie scientifiche propongono sulla questione, risulta difficile capire il motivo della scelta effettuata in ambito accademico. Un transgender che si senta tale avrebbe diritto, dopo aver ottenuto tutte le certificazioni del caso, ad essere chiamato/a col nome che lui o lei ha deciso di far proprio per identificarsi come nuovo individuo. Da questo punto di vista la comunità LGBT ha criticato fortemente la pronuncia del Mondo accademico, promuovendo l’utilizzo della terminologia applicata di definizione umana, al fine di evitare situazioni contestuali caratterizzate da forme discriminatorie nei confronti di questo gruppo sociale. Per concludere possiamo affermare che essendo una fase transitoria, come evidenziato anche dalle varie traduzione che i maggiori dizionari italiani propongono ai lettori coinvolti direttamente ed indirettamente, il rischio è quello di gettare confusione sull’argomento ma soprattutto di offendere il soggetto andando a colpire la sfera dell’intimità personale dentro ad un equilibrio già molto delicato.