Il vero significato di democrazia comincia a perdere di importanza nel clima incandescente della nostra politica interna, arrostita fra vari richiami al golpe e surreali manifestazioni
Agosto è arrivato e, anche se il premier Letta insiste con il suo ottimismo alla Tonino Guerra rassicurandoci sul settore dell’economia, la stabilità politica appare quanto mai lontana, come il miraggio delle vacanze che tutti aspettiamo. Una battuta sullo zio Gianni sarebbe assai adeguata in questo clima, dal profumo tutt’altro che ottimistico: le basi dell’alleanza più improbabile dell’Italia democratica, infatti, si stanno sgretolando sotto i piedi del governo Letta, trascinando il resto del paese in un inevitabile vuoto di potere. Come siamo arrivati a questo punto? Forse bisognerebbe fare qualche passo indietro e riflettere su quanto sia mutato il concetto di democrazia nell’ultimo ventennio…
Cominciamo dagli ultimi mesi, da sabato 11 maggio per la precisione. Mentre a Brescia era in corso la manifestazione di Silvio Berlusconi contro la magistratura, in piazza SS. Apostoli a Roma Nichi Vendola sosteneva quanto fosse antidemocratico tale atteggiamento: peccato che il Cavaliere avesse sfruttato il potere esercitato sulla massa in propria difesa innumerevoli altre volte, in modo da colpire gli stessi pilastri della nostra democrazia.
Già negli anni Ottanta il governo Craxi aveva promosso decreti a favore della Fininvest, permettendogli più del dovuto, e per tutto il resto del ventennio è stato diffusissimo il concetto di legge ad personam. Qual è allora il vero significato di democrazia nello scenario politico attuale? Un governo rimediato in extremis, in una situazione talmente critica, può realmente definirsi democratico? E più in generale, può esistere la democrazia in una società basata su una politica di stampo pubblicitario, a discapito delle idee?
È impensabile che la sorte di un paese debba reggersi sugli eventi giudiziari di un personaggio in particolare. Ed è assurdo che siano stati invocati persino Napolitano e la sua grazia, quando lo stesso capo dello Stato viene invitato a dimettersi da un Grillo a corto di voce. Certo, un’alternanza al Quirinale potrebbe produrre quel cambiamento di cui l’Italia ha tanto bisogno, ma se prima non si hanno programmi definiti, una mossa avventata porterebbe soltanto al caos, e questo il movimento pentastellato dovrebbe saperlo bene.
In ogni caso, la tanto invocata grazia è considerata inaccettabile sia dallo stesso Napolitano che da Stefano Rodotà, il quale ha ribadito fermamente l’impossibilità di poter manipolare le istituzioni: ci mancherebbe solo quello e potremmo dichiarare morta la democrazia, anche se il suo stato vitale è tutt’altro che sano. Purtroppo l’Italia è un paese in cui se non hai l’immagine giusta, non sei per niente credibile, basti vedere il calo di popolarità del fin troppo sobrio premier Letta, la cui immagine diventa sempre più simile a quella di una maestrina alle prese con una classe scalmanata. Difatti, il personaggio più invocato attualmente sembra essere nientemeno che Matteo Renzi, la cui immagine si è imposta con così tanta grinta da essere temuto dai suoi stessi compagni di partito, ma anche per questo motivo si è beccato l’antipatico appellativo del “Berlusconi di sinistra”. Il Cavaliere detiene quindi il copyright dell’immagine, dell’influenza sulle masse di matrice populista, la politica di stampo pubblicitario. Sarà in grado l’Italia di liberarsi di un’idea così profondamente radicata? Del fatto che per fare politica conti maggiormente l’immagine delle vere e proprie idee?
Il boom del Movimento Cinque Stelle alle elezioni di fine febbraio (con conseguente flop) ne è stato la conferma: l’immagine è in grado di vincere, ma per fare davvero qualcosa di concreto servono soprattutto idee. Di questo ha bisogno l’Italia, solo in questo modo si potrà salvare la democrazia.