Sempre più spesso incontriamo lavoratori che hanno una partita IVA, ma cos’è, perché conviene attivarla e quali sono i costi per aprirla?
Secondo la definizione, la partita IVA è una sequenza di 11 cifre che identifica un soggetto che esercita un’attività oppure che ha un’impresa. Si tratta di una modalità utile per i lavoratori autonomi o per i liberi professionisti,la quale permette di emettere le fatture oppure di pagare i contributi al fisco. È un modo per evitare le evasioni fiscali nei confronti di chi lavora in modo autonomo o di chi è un libero professionista.
Vediamo come aprire una partita IVA e quali sono i costi per aprirla e sostenerla.
Come aprire una partita IVA e quali costi iniziali sostenere
Per tutti i lavoratori che lavorano abitualmente, ma anche in modo occasionale, c’è l’obbligo di aprire la partita IVA. Parliamo di tutti quei lavoratori che hanno un’attività economica continuativa o un’impresa, che può essere sia commerciale che artigianale.
Sono due i fattori che determinano l’obbligatorietà dell’apertura della partita IVA: la prestazione di lavoro che deve avere una durata non superiore ai 30 giorni e il compenso relativo a questa prestazione di lavoro, che non deve superare il valore massimo di 5000 euro.
Per aprire una partita IVA, bisogna innanzitutto comunicare all’Agenzia delle Entrate l’inizio della propria attività o della propria impresa commerciale o artigianale, in un periodo che non vada a superare i 30 giorni dal primo giorno lavoro. La richiesta può essere fatta su due moduli diversi, a seconda del tipo di attività commerciale iniziata: si userà un modello AA9/7 nel caso di una ditta individuale o per i lavoratori autonomi; l’altro tipo di modello da presentare è il AA7/7 nel caso di una società. I modelli da compilare si trovano sul sito ufficiale dell’Agenzia delle Entrate.
Compilato il modulo con tutti i dati, si può presentare direttamente all’Agenzia delle Entrate (insieme ad un documento d’identità), può essere inviato mediante una raccomandata con ricevuta di ritorno (allegando sempre una fotocopia del proprio documento d’identità) oppure inviarlo per via telematica sul sito dell’Agenzia delle Entrate.
Prima dell’apertura della partita IVA l’utente dovrà scegliere un codice ATECO, ovvero una combinazione alfanumerica utile all’identificazione dell’attività economica che si sta per aprire. Ma non solo: un lavoratore che vuole aprire una partita IVA dovrà anche aprire una posizione previdenziale presso l’INPS per poter pagare i contributi e una posizione previdenziale all’INAIL per poter stipulare l’assicurazione (che è obbligatoria). Nel caso, invece, si voglia aprire una partita IVA per una ditta individuale, allora il lavoratore dovrà anche registrare la ditta alla Camera di Commercio e inviare la comunicazione al Comune in cui lavora.
Per quanto riguarda le tempistiche, queste cambiano a seconda del soggetto: per i liberi professionisti, basteranno 24 ore per aprire la partita IVA, mentre per le ditte individuali occorreranno da un minimo di 2 giorni ad un massimo di 7 giorni.
Spese da sostenere per aprire una partita IVA nel 2023
I costi per l’apertura di una partita IVA non sono unici per tutti i richiedenti, ma cambiano a seconda dell’impresa o dell’attività che si vuole andare a regolarizzare.
Per quanto riguarda i lavoratori autonomi e i liberi professionisti, l’apertura della partita IVA, se fatta in modo telematico, non ha alcun costo. Questo avviene perché la registrazione e l’apertura seguono il regime contabile forfettario (che vedremo più avanti).Parliamo, quindi, di tutte quelle attività economiche e professionali che non richiedono una registrazione alla Camera di Commercio.
Al contrario, chi vuole aprire una partita IVA per un’impresa o un’attività, deve registrarla alla Camera di Commercio e deve farlo con la procedura ComUnica e non direttamente dall’Agenzia delle Entrate. In questo secondo caso, l’apertura della partita IVA deve avvenire obbligatoriamente mediante l’aiuto di un commercialista ed il costo si aggira da un minimo di 250 euro fino ad un massimo di 300 euro, oltre ad un pagamento annuale da versare.
A questo punto il lavoratore dovrà decidere tra tre tipi di regimi contabili: il regime forfettario, il regime ordinario o il regime di contabilità semplificata. La scelta avviene a seconda della propria categoria lavorativa oppure attività.
Al regime forfettario possono aderire ditte individuali, società o professionisti singoli. Esso deve sottostare ad alcuni limiti rispetto al regime ordinario. Questi limiti sono presenti anche a seconda della tipologia e del settore dell’attività lavorativa, come ad esempio industrie alimentari e delle bevande, commercio di prodotti, attività scientifiche, tecniche o sanitarie e altre attività economiche. A seconda del settore a cui l’attività appartiene, ci sono delle detrazioni differenti che andranno a modificare la quantità di tasse e di contributi che il lavoratore dovrà versare. Uno dei vantaggi principali del regime forfettario è sicuramente l’assenza di IVA, che non dovrà essere applicata nelle fatture; in sostituzione, il soggetto dovrà applicare il 15% come imposta sostitutiva, che andrà, appunto, a sostituire le imposte che vengono previste normalmente, come l’IRPEF o l’IRES. A seconda dei limiti di età e di altre caratteristiche, c’è inoltre la possibilità di abbassare l’aliquota al 5%, come, ad esempio, nei primi cinque anni dall’apertura della propria partita IVA. Per poter rientrare nel regime forfettario, l’attività dovrà avere obbligatoriamente dei ricavi che siano inferiori ai 400’000 euro annui.
A rientrare nel regime ordinario sono le società per azioni, le società di persone, le società cooperative, gli enti pubblici, gli enti privati e le associazioni non riconosciute o comunque tutte quelle società o aziende che superano certi limiti di ricavi all’anno. Chi rientra nel regime contabile ordinario è obbligato a tenere per iscritta tutta la contabilità, mediante libri giornale, libri degli inventari e registri dei beni.
C’è anche un terzo tipo di regime contabile, che è il regime di contabilità semplificata. Questa terza categoria può essere presa in considerazione come alternativa al regime contabile ordinario e la differenza sta, proprio come dice il nome, in una contabilità più semplice. Il regime di contabilità semplificata è adatto per le società di persone, società di fatto, enti non commerciali, lavoratori autonomi e professionisti. Per rientrare in questo regime, l’attività lavorativa non deve avere ricavi superiori ai 400’000 euro in servizi e non deve superare i 700’000 euro per i ricavi da altre attività. Chi rientra in questo regime contabile deve tenere un registro degli incassi e dei pagamenti e un registro per l’IVA. Il costo della partita IVA per questi lavoratori è circa di 1300 euro più il costo dell’IVA e un costo che varia dai 50 euro ai 100 euro per la singola dichiarazione dei redditi. In questi costi rientrano le dichiarazioni ad IRAP, IRPEF e IVA, la registrazione delle fatture, etc.
Ovviamente, a primo impatto, il regime forfettario sembra quello più conveniente per il lavoratore, grazie ad un’aliquota molto più bassa, ma presenta anche un limite importante per quanto riguarda i ricavi. Perciò è importante valutare ogni caso singolarmente per poter scegliere quale dei tre regimi sia il migliore per la propria attività lavorativa.
Il costo del mantenimento della partita IVA cambia a seconda del regime contabile scelto, ma non solo, i costi possono cambiare anche a seconda della città, dell’età e del sesso del lavoratore, poiché ci sono molte agevolazioni.
In linea di massima, il costo del mantenimento di una partita IVA per un lavoratore che ha scelto il regime forfettario va dai 400 euro agli 1000 euro all’anno (e vanno aggiunti i costi dell’IVA). Tutto ciò ovviamente dipende dal lavoratore e dalla frequenza delle sue prestazioni professionali.
Per quanto riguarda, invece, una partita IVA con regime ordinario, il lavoratore dovrà versare da un minimo di 3000 euro ad un massimo di 10’000 euro all’anno, essendoci la presenza di diversi adempimenti da dover sostenere.
Per quanto riguarda il regime di contabilità semplificata i costi variano molto a seconda del reddito, poiché ad ogni fascia di reddito corrisponde un’aliquota diversa.
Su Internet possiamo trovare anche numerosi “listini prezzo” per quanto riguarda i costi da sostenere durante l’anno fiscale da parte dei possessori di partita IVA con lavoratori appartenenti a diversi settori professionali.
Ad esempio, il lavoratore che ha una partita IVA con un regime forfettario, dovrà sostenere le seguenti spese: il costo di un commercialista e l’eventuale iscrizione al registro delle imprese e l’iscrizione all’INPS per un costo totale di 150 euro; il costo del commercialista per tutto l’anno, per un totale di 300 euro totali; i costi dei contributi dell’INPS che partono da un minimo di 250 euro al mese; il costo delle tasse con un valore dell’IVA pari al 5%, nel caso si tratti dei primi cinque anni di apertura della partita IVA e nel caso i guadagni non superino i 30’000 euro l’anno, altrimenti il valore dell’IVA aumenta al 15%.
Per quanto riguarda i possessori di partita IVA con regime ordinario, invece, le spese possono essere le seguenti: la presentazione del modulo all’Agenzia delle Entrate e l’iscrizione all’INPS o alla Cassa previdenziale sono gratuite, ma ci sono i costi per il commercialista che tiene la contabilità a partire dall’apertura della partita IVA per un costo che varia dai 1000 euro ai 1200 euro, bisogna aggiungere anche il costo dell’IVA, che è al 22% e i costi della ritenuta d’acconto che variano a seconda del reddito.
In più, bisogna contare che per ogni partita IVA ci sono dei costi fissi e dei costi variabili. Tra i costi fissi annoveriamo i costi di Diritto Camerale, i costi relativi ai Contributi per l’INPS, i costi relativi ai Contributi per l’INAIL, i costi del commercialista e i costi relativi ai bolli. Per quanto riguarda i costi variabili,abbiamo i costi delle per le attività economiche, che variano a seconda delle aliquote fissate da IRPEF, INAIL, INPS e IRAP.
Per quanto riguarda i costi variabili, bisogna prestare attenzione ai contributi INAIL. Questi vengono inseriti tra i costi della partita IVA per i lavoratori che hanno delle attività che risultano “pericolose”. Per “attività lavorative pericolose” intendiamo tutti quei lavori che hanno a che fare con macchine ed impianti. Il lavoratore dovrà versare dei contributi per pagare le polizze assicurative su sé stesso e sugli eventuali lavoratori dipendenti.
Costo apertura IVA 2023: riepilogo delle spese
Come abbiamo potuto vedere, ci sono diversi costi di cui tenere conto prima di aprire una partita IVA, oltre alle varie trafile burocratiche da sostenere e la scelta di un bravo commercialista per tenere tutto sotto controllo. Facciamo un riepilogo dei costi per l’apertura e il mantenimento di una partita IVA.
Per le imprese e le società va tenuto conto del costo di iscrizione alla Camera di Commercio, sia per quanto riguarda le sedi che le unità locali.Poi, va aggiunto il costo del commercialista che ovviamente varia a seconda della città in cui si lavora, ma che in media va da un minimo di 200 euro ad un massimo di 400 euro per quanto riguarda la sola apertura della partita IVA. Per il resto del lavoro che ha da fare, quindi la gestione delle fatture e la redazione dei rendimenti, il costo va da un minimo di 500 euro ad un massimo di 1000 euro all’anno.
Nei costi fissi troviamo l’affitto del posto di lavoro, il costo dei macchinari, il costo del personale (che comprende tutte le retribuzioni) e il premio INAIL (che varia a seconda del tipo di professione, soprattutto se viene considerata pericolosa).
I costi variabili comprendono tutti i costi dell’attività, i costi delle tasse e dell’INPS.
I costi delle tasse comprendono l’IRPEF, l’IVA (che varia, come visto, a seconda del regime contabile scelto) e l’IRAP.
Mentre i costi dell’INPS variano a seconda che il lavoratore abbia un’impresa o sia un libero professionista. Nel primo caso, ovvero in possesso di un’impresa commerciale, il contributo fisso è di 3000 euro all’anno; nel secondo caso, ovvero se si è liberi professionisti, non c’è alcun contributo fisso da pagare, ma il costo sarà pari al 27% dei guadagni fatti in un anno solare.
Proprio per questo, visti i costi abbastanza elevati dell’apertura e del mantenimento della partita IVA, bisogna prestare attenzione e chiedere una consulenza per vedere se sia il caso di aprirne una o fare un altro tipo di contratto di lavoro.