Siria: punto di non ritorno?
La guerra civile in Siria è arrivata ad un punto di non ritorno. Dal 21 agosto, quando il governo di Bashar al-Assad ha ordinato l’attacco chimico alla periferia est di Damasco contro i ribelli del suo regime, la situazione siriana è entrata a far parte in primo piano dell’agenda ONU, ritagliandosi uno spazio nel quadro politico internazionale. Il governo ha ovviamente smentito di aver utilizzate bombe contenenti agenti chimici che hanno ucciso almeno 1300 persone, ma questo non ha convinto nessuno. Ecco una playlist su youtube dove è possibile visualizzare alcuni video relativi agli attacchi del 21 giugno.
La conferma dell’uso di armi chimiche da parte del governo siriano contro i ribelli è stata ufficializzata dal segretario di stato statunitense John Karry, che il 25 agosto ha dichiarato: “Il nostro senso di umanità è stato offeso, il presidente deciderà su reazione da condurre“.
Quale reazione condurre? Obama ha già deciso mentre la comunità internazionale prende tempo. Nessuno vuole, nemmeno Obama, una nuova guerra come fu quella in Iraq. La decisione, non ancora ufficiale, è quella di un attacco lampo, non duraturo, che infligga però un durissimo colpo ad Assad. L’obiettivo è quello di impedire l’utilizzo di armi chimiche da parte del governo siriano contro i ribelli e la popolazione.
L’ONU chiede tempo. Gli ispettori che stanno indagando sull’utilizzo o meno di armi chimiche rientreranno sabato mattina, come confermato da BanKi-moon il segretario delle Nazioni unite. Quali sono le posizioni delle altri nazioni che vogliono scendere in campo?
La Germania di frau Merkel attende invece il responso degli ispettori ONU: se questi confermassero il reale utilizzo di armi chimiche contro i civili siriani, la Germania scenderebbe, contro ogni precedente storico, in prima linea contro Assad. L’intento dell’Italia invece non è del tutto chiaro: aspetta una dichiarazione ufficiale dell’Onu per muoversi. Diversa è la posizione della Russia, alleata di Assad così come lo è l’Iran che minaccia di “bruciare Israele” se si attaccherà Damasco: l’ostilità di Mosca a un attacco potrebbe far nascere un’accesa disputa all’interno del consiglio di sicurezza ONU.
Questo week-end sarà decisivo per le sorti della Siria: la conferma da parte degli ispettori dell’Onu porterebbe gli Usa ad un attacco limitato anche contro il volere dell’Onu, un “agire in solitario” molto familiare alla politica estera statunitense.
Intanto dal quartier generale di Assad volano le prime minacce tempestose contro il mondo occidentale. Assad si autoproclama già vincitore di questo “scontro storico” e profetizza atti terroristici chimici contro l’Europa. La nebbia della strategia del terrore è già alta in tutto l’occidente, motivo in più per attaccare. Obama lo sa bene e saprà come sfruttare il tutto a suo favore.