Quali sono state, nella storia, le azioni dei papi della Chiesa cattolica nei confronti della guerra?
Sabato 7 settembre una vastissima multitudine, appartenente a tutte le fedi, ha colto l’appello di Papa Francesco, che ha indetto una veglia per la pace all’insegna della preghiera e del digiuno, mentre i potenti della terra (durante il G20 che si é svolto a San Pietroburgo) si dividevano su un eventuale intervento armato in Siria. Lo scorso agosto, alla periferia di Damasco, sono state utilizzate (come avrebbe ormai appurato il consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite) armi chimiche (ovvero gas nervini) anche contro la popolazione civile. Valerie Amos, responsabile degli interventi umanitari dell’ O.N.U., ha evidenziato come un terzo della popolazione, senza contare gli sfollati ed i rifugiati all’estero, abbia urgente bisogno di aiuto (Osservatore Romano, 7 settembre 2013).
Non solo in Vaticano, ma anche ad Assisi, a Gerusalemme e in molti altri luoghi di culto si sono susseguite analoghe iniziative per promuovere la pace in tutto il mondo. Dopo aver recitato il rosario, il Papa, sotto l’egida della Madonna della Salus Populi Romani (esposta solitamente nella Basilica di Santa Maria Maggiore), ha tenuto un discorso sulla fratellanza fra i popoli. Con l’assorta consapevolezza di uno storico, il Santo Padre, partendo da un filosofico concetto di armonia come contrapposto all’idea del caos, ha spiegato come il ricorso alla guerra rimanga, anche quando mosso da un ideale di giustizia, sempre e comunque una sconfitta. La violenza non puo’ che chiamare altra violenza, in un’eterna rinascita di Caino. Il dialogo e la conciliazione, sempre ammesso che lo si voglia veramente, sono per Papa Francesco risorse realistiche ed attuabili. Mentre la cupola lentamente si illumina, sotto un tramonto dalle striature gialle ed azzurre, seguono, in un clima di assoluto silenzio e raccoglimento, l’esposizione della Santissima Eucarestia e l’Adorazione. E mentre, con un certo anticipo, mi avvio sulla strada del ritorno, percorrendo Via di Porta Angelica, una signora di 82 anni, di nome Elda, mi racconta qualcosa della sua infanzia, quando alle scuole elementari le bambine confezionavano delle sciarpe e calze da mandare ai soldati italiani in Russia. Parla di un cugino nato nel 1925, che nei pressi di Reggio Emilia era stato preso dalla brigata nera fascista poiché disertore, e poi torturato fino alla morte. Afferma che nel suo paese i partigiani dovettero far saltare un ponte, per ostacolare il passaggio dei soldati tedeschi. Un bambino, sempre nei paraggi, chiede: ‘Papà, sono lontani, quelli che fanno la guerra?‘.
Oltre a Papa Francesco, diversi pontefici, nell’arco di quest’ ultimo secolo, hanno affrontato la spinosa questione del conflitto fra i popoli. Alla vigilia della prima guerra mondiale, San Pio X (1903-1914) all’ ambasciatore austriaco che lo sollecitava a benedire le truppe austro-ungariche prossime ad invadere il Belgio neutrale, rispose: ‘Io benedico la pace‘. Benedetto XV (1914-1922), il 28 luglio 1915, parlò di un’ Italia che entra in quella ‘orrenda carneficina che disonora l’Europa‘. A Natale di quello stesso anno mandò un appello ad un mondo ‘fatto ospedale ed ossario‘. Il 4 marzo del 1916 parlò di ‘suicidio dell’Europa civile‘, e il 31 luglio della ‘più fosca tragedia dell’odio umano e dell’ umana demenza‘. Il 1 agosto 1917 dichiarò ‘perfetta imparzialità a tutti i belligeranti, quale si conviene a chi é padre comune e tutti ama con pari affetto i suoi figli‘.
Fra gli irredentisti della prima guerra mondiale comparivano anche numerosi vescovi (sia italiani che stranieri) e altri esponenti del clero, come il padre domenicano francese Sertillanger, che si rivolse al Papa affermando di rifiutare la sua ‘proposta di pace‘ (John Pollard, The Unknown Pope, G. Chapman, London, 1999). Lo scrittore irlandese George Bernard Shaw ritenne che chiudere le chiese sarebbe stato preferibile a predicarvi l’odio per il nemico (Giancarlo Zizola, I papi del XX e XXI secolo, Newton, Roma 2005).
Nonostante ciò, il Papa continuò a invitare alla cessazione di ‘questa lotta tremenda‘, che appare ogni giorno di più ‘inutile strage‘. Grazie al suo intervento, nel 1915 molti detenuti civili poterono tornare nelle loro case, e anche i prigionieri italiani tubercolotici furono rimpatriati. Aveva poi costituito un”opera prigionieri‘ in Vaticano, mantenendo, per quanto fu possibile, i contatti fra i soldati al fronte e le loro famiglie. Mandò dei sussidi in denaro anche ai contadini russi vittime della carestia nei primi anni della rivoluzione bolscevica edai contadini cinesi colpiti dalle calamità del 1921. Nel 1915 intervenne per evitare il massacro degli Armeni in Turchia. A Costantinopoli, nel 1919, fu eretta una statua in suo onore, la cui scritta lo definiva ‘benefattore dei popoli‘.
Papa Pio XI (1922-1939), nel 1928, sancì un accordo che ripristinava il culto cattolico in Messico, dove il clero era soggetto a persecuzioni. Nel 1929 siglò i Patti Lateranensi con Benito Mussolini (che per questo venne dal Pontefice definito come ‘l’uomo che la Provvidenza ci ha fatto incontrare‘), ma dopo la promulgazione delle leggi razziali in Italia, condannò l’antisemitismo come ‘inammissibile‘, nominando anche, per la prima volta nella storia, sacerdoti e vescovi di colore. Nel 1937, nell’enciclica Mit brennender Sorge (‘Con viva preoccupazione‘) il Papa condanna la condotta hitleriana, denunciando ‘le mille forme di compressione della organizzata libertà religiosa, la divinizzazione idolatrice della razza e del sangue, le orrende campagne scandalistiche contro il clero, la lotta contro la scuola cattolica, il soffocamento della stampa‘. L’ enciclica Humani generi unitas non fu invece mai pubblicata a causa della sua morte, che avvenne anche alla vigilia di un discorso che avrebbe dovuto tenere per dare ‘un colpo di freno‘ alla violenza fascista. La morte di Pio XI rimane avvolta nel mistero, poiché, in base ad un memoriale attribuito al cardinale Tisserant (e pubblicato nel 1972) si insinuò che il pontefice in realtà fosse stato ucciso per ordine di Mussolini (ovvero per mano del padre di Claretta Petacci, che era un medico), poiché il duce temeva di essere scomunicato.
Il pontificato di Pio XII (1939-1958) coincise con lo scoppio della seconda guerra mondiale, che avvenne sei mesi dopo la sua elezione. Papa Pacelli, nel 1917, quando era ancora sacerdote, era stato nominato nunzio apostolico a Monaco di Baviera e nel 1920 a Berlino, portando avanti un’intensa attività diplomatica. In base a delle annotazioni sul diario del conte Ciano, allora ministro italiano degli affari esteri, l’elezione di Papa Pacelli sarebbe stata caldeggiata sia dai tedeschi che da Mussolini. A Pio XII si deve il più celebre appello contro l’intervento armato, pronunciato alla radio da Castel Gandolfo il 23 agosto 1939: ‘Nulla è perduto con la pace, tutto puo’ esserlo con la guerra‘. Nella sua prima enciclica, Summi pontificatus (1939), Papa Pio XII ribadì la sua chiara avversione, nel rispetto della regalità di Cristo, a ogni forma di totalitarismo, nonché la sua disapprovazione per l’invasione della Polonia, che definì ‘conseguenza della statolatria delle dittature‘. Quando anche l’Italia, il 10 giugno 1940, entro’ in guerra, gli appelli di pace si moltiplicarono. Il radiomessaggio del 1942 venne liquidato da un sarcastico duce come ‘discorso di luoghi comuni‘. Durante l’occupazione nazista in Italia, Pio XII accolse nello stato sovrano pontificio (la cui inviolabilità non venne comunque sempre rispettata) molti perseguitati politici. “Nenni nascosto in Laterano era chiamato don Emiliani, i capoccia dell’ateismo comunista figuravano come panciuti monsignori, gli ebrei circolavano in lunga talare“. (F.Molinari, I nuovi tabu della storia della Chiesa, Torino, 1979).
Non solo a Roma, ma anche nel resto dell’ Europa, gli ebrei vennero messi in salvo grazie all’azione sia del clero che del laicato cattolico. Nel 1943, quando i tedeschi (attraverso il rappresentante delle SS a Roma, Herbert Kappler), chiesero oro agli ebrei del ghetto in cambio di un’illusoria salvezza, Papa Pio XII fornì quasi metà del bottino, ovvero quel che era necessario per raggiungere la quantità richiesta (Il Piccolo di Trieste, 15 ottobre 2007). Quando, il 19 luglio di quello stesso anno, vi fu il bombardamento a San Lorenzo fuori le Mura, il Papa uscì dal Vaticano (gesto assai raro per un pontefice dell’epoca, anche nei periodi di pace) per recitare il De Profundis fra le rovine, accanto alla popolazione. Quando venne informato dell’ imminente eccidio alle Fosse Ardeatine, il Papa inviò il padre salvatoriano Pancrazio Pfeifter a invocare clemenza, al quale venne risposto che ‘Hitler era inavvicinabile e che era stata già una concessione il moltiplicare solo per dieci e non per cento il numero delle vittime della rappresaglia‘ (Giulio Andreotti, cit. da Claudio Rendina, I Papi. Storia e segreti. Newton e Compton Editori, Roma, 2001, p. 798). Quando, dopo l’armistizio, i Savoia abbandonarono la città, il Papa rimase l’unica autorità a difendere la capitale, anche pronuciando la famosa frase: ‘Chiunque osi levare la mano contro Roma, si macchierà di matricidio‘ (cit. da La grande storia, Raitre, 2006). Pur tuttavia, la figura di Papa Pio XII rimane controversa, poiché non dimostrò, nei riguardi del fascismo, anche secondo l’opinione della stessa comunità ebraica, la stessa fermezza che dimostrò verso il comunismo, del quale nel 1950, con un atto che ebbe grande risonanza ovunque, scomunicò tutti gli appartenenti. Sull’ Osservatore Romano del 13 dicembre 1981 (edizione straordinaria, articolo firmato da Michele Maccarrone) si legge:
È vero che Pio XII, accusato di essere un ‘Papa diplomatico‘, non esercitò ‘la grande diplomazia‘. Non fece un appello ai belligeranti per la cessazione della guerra, come aveva fatto Benedetto XV nell’ agosto 1917, non bandì crociate, non lanciò scomuniche, né pronunciò quella solenne, clamorosa ‘denuncia‘, con l’elenco dei crimini e dei criminali nazisti, richiestagli da Hochhuth nel dramma Il Vicario.
Lo storico isrealiano Gary Krupp ha recentemente riabilitato l’immagine conferita dai detrattori di Pio XII, allineando le sue tesi a quelle del ricercatore tedesco Michael Hesemann che, avvalendosi di alcuni documenti trovati nella chiesa di Santa Maria dell’Anima (la chiesa nazionale della comunità tedesca di Roma) afferma che Pio XII avrebbe offerto rifugio a più di 11.000 ebrei soltanto nella capitale (M. Hesemann, Pio XII. Il Papa che si oppose a Hitler. Paoline Editoriale Libri, 2009). L’ atteggiamento ‘prudente‘ di questo Papa – che non sottoscrisse la dichiarazione degli alleati del 17 dicembre 1942, in cui si condannava l’Olocausto, e che reagì solo col silenzio al rastrellamento del Ghetto, avvenuto all’alba del 16 ottobre 1943 – si ricollega forse, trovando logica continuità, alle affermazioni rilasciate nel 1940 all’ambasciatore italiano Alfieri, fuggito da Varsavia: ‘dovremmo dire parole di fuoco contro simili cose <le crudeltà compiute dai nazisti> e solo ci trattiene dal farlo il sapere che renderemmo la condizione di quegli infelici, se parlassimo, più dura’. (Claudio Rendina, op.cit., p. 798).
Il ‘Papa buono‘ Giovanni XXIII (1958-1963) visitò ospedali, prigioni e aprì, con la sua visite a Loreto e ad Assisi nel 1962, la tradizione del ‘Papa pellegrino‘. Proclamo’ anche il primo cardinale e il primo santo di colore, Martin de Porres. Quando nel 1962, il presidente americano J.F. Kennedy (la cui moglie Jacqueline, come era già avvenuto col genero di Krushew, il Papa ricevette in udienza) annunciò la presenza di installazioni missilistiche a Cuba, nonché l’avvicinamento di navi sovietiche con a bordo testate nucleari, il Papa mandò, attraverso Radio Vaticana, un appello per la pace, per evitare al mondo una guerra di cui nessuno poteva prevedere ‘le spaventevoli conseguenze‘. Il Papa si rivolse anche direttamente a Krushev, con un documento che diceva:
Se avrete il coraggio di richiamare le navi portamissili proverete il vostro amore del prossimo non solo per la vostra nazione, ma verso l’intera famiglia umana. Passerete alla storia come uno dei pionieri di una rivoluzione di valori basata sull’amore. Potete sostenere di non essere religioso, ma la religione non é un insieme di precetti, bensì l’impegno all’azione nell’amore di tutta l’umanità, che quando é autentico si unisce all’amore di Dio, per cui anche se non se ne pronuncia il nome si é religiosi.
Kruscew diede ordine alle navi di tornare indietro, e il 15 dicembre 1962 cosi’ rispose al Pontefice:
A Sua Santità Papa Giovanni XXIII. In occasione delle sante feste di Natale La prego di accettare gli auguri e le congratulazioni di un uomo che Le augura salute e forza per la sua costante lotta per la pace e la felicità e il benessere.
Nonostante lo scampato pericolo, i sopra illustrati rapporti con la Russia non vennero apprezzati dai benpensanti, poiché l’enciclica Pacem in Terris venne ironicamente ribattezzata Falcem in terram, in quanto ritenuta responsabile dell’ascesa politica del PCI nelle elezioni del 1963. In realtà, l’impegno sociale di Giovanni XIII non aveva un intento politico, poiché nella sua enciclica (che era stata scritta, come la precedente Mater et magistra, dai suoi più stretti collaboratori) egli si rivolgeva essenzialmente agli uomini di buona volontà, mettendo al centro il valore della persona, ovvero di ‘una natura dotata di intelligenza e di volontà libera‘, con diritti e doveri che sono ‘ universali, inviolabili, inalienabili‘.
Paolo VI (1963-1978) fu il primo papa a viaggiare in aereo, attraverso tutti e cinque i continenti. Storico rimane l’abbraccio col patriarca ortodosso Antenagora I. Nel 1964 é in Terra Santa, e poi al congresso eucaristico internazionale di Bombay, da dove lancia un appello per aiutare il terzo mondo, flagellato dal dramma della fame. Questo stesso concetto lo ribadirà l’anno seguente a New York, davanti ai delegati dell’ONU. Un articolo del Corriere della sera (22 agosto 2005), firmato da Ennio Caretto, si sofferma dettagliatamente sulla lunga e costante azione diplomatica (emersa solo di recente dagli archivi di Washington) che Papa Paolo VI svolse sia per prevenire che per porre fine alla guerra in Vietnam. Durante un colloquio in Vaticano col presidente americano Johnson, nel Natale del 1967, il Papa affermò che la Chiesa non poteva ‘più approvare i bombardamenti come strumento di difesa della libertà‘. L’enciclica Populorum progressio, del 1967 (anno in cui venne anche istituita la giornata mondiale per la pace) diviene un incoraggiamento a reagire, nel nome di Dio, alle sopraffazioni:
Nessuno é autorizzato a riservare a suo uso esclusivo ciò che supera il suo bisogno, quando gli altri mancano del necessario. «…». I popoli della fame interpellano oggi in maniera drammatica i popoli dell’opulenza. La Chiesa trasale davanti a questo grido di angoscia.
Questa enciclica diventò un punto di riferimento per i cattolici dell’America latina che, assieme alle forze marxiste, lottavano contro le dittature. Nel viaggio a Bogotà, nell’agosto del 1968, il Papa ribadi’ ai campesinos colombiani la sua disponibilità a svolgere con loro una denuncia sociale, ma sempre nei limiti della carità e della non-violenza. Questo Papa venne definito ‘l’Amleto d’oltre Tevere’, forse per la sua erudizione (a lui si deve, nel 1966, l’abolizione dell’ indice dei libri proibiti, dove comparivano, nella prima lista del 1558, anche il De monarchia di Dante ed Il Principe di Machiavelli) oltre che per il suo atteggiamento alquanto riservato ed enigmatico. Tuttavia, quando vi fu un dirottamento aereo a Mogadiscio, Paolo VI non esitò a offrirsi come ostaggio, oppure a mettere in vendita la tiara papale per offrire il ricavato ai più bisognosi. Durante la prigionia di Aldo Moro (che aveva conosciuto nel 1924, quando era assistente spirituale alla FUCI, un’organizzazione universitaria cattolica) il Papa scrisse una lettera (datata 21 aprile 1978) ‘agli uomini delle Brigate Rosse‘, dinanzi ai quali si inginocchiava umilmente, implorando. Celebrò anche, contro il protocollo, una messa commemorativa a San Giovanni in Laterano, a cui presenziarono gli esponenti politici. Durante la famosa omelia, si rivolse al Dio ‘della vita e della morte‘, con queste parole:
Tu non hai esaudito la nostra supplica per l’incolumità di Aldo Moro, di questo uomo buono, mite, saggio, innocente ed amico, ma tu, o Signore, non hai abbandonato il suo spirito immortale.
Giovanni Paolo I, eletto nel 1978, morì soltanto trentatré giorni dopo la sua elezione. Figlio di un socialista bellunese (che era emigrato per un periodo in America Latina), quando era ancora vescovo, nel 1966, svolse un viaggio missionario in Africa, condividendo i disagi delle popolazioni locali e imparando anche un po’ di lingua kirundi. Nel 1977,quando era ancora patriarca di Venezia, permise che, durante la Biennale, gli artisti e gli intellettuali (come Andreji Sacharov) potessero, a dispetto dell’ostruzionismo politico, esprimere liberamente ciò che pensavano del regime sovietico (giornalesentire.it, 8 aprile 2012, articolo di Corona Perer).
Durante il pontificato, partecipò a un convegno dell’O.N.U., dimostrando una certa innovativa apertura (non a caso i suoi interventi non vennero pubblicati dall’Osservatore romano) nei riguardi dell’utilizzo dei metodi contraccettivi per affrontare la questione della sovrappopolazione nel terzo mondo. Il giornalista britannico David Yallop, sei anni dopo, ipotizzò che, per questa ragione (oltre che per la riforma dello I.O.R.), la morte di Papa Luciani fosse stata provocata.
Giovanni Paolo II (1978-2005) fu il primo papa polacco della storia. Grazie ai suoi viaggi, giunse in 129 paesi del mondo, corentemente all’ idea di patria che esprime in una delle sue poesie:
Quando penso ‘patria‘ – esprimo me stesso, affondo le mie radici,
è voce del cuore, frontiera segreta che da me si dirama verso gli altri,
per abbracciare tutti, fino al passato più antico di ognuno:
da questo emergo…quando penso ‘patria‘ – quasi celando in me
un tesoro.
Mi chiedo come accrescerlo, come dilatare lo spazio che esso riempie.
(cit.da Santino Spartà, L’opera poetica completa di Karol Wojtyla, Libreria Editrice Vaticana, 1999, p. 204)
Il suo modo di rivolgersi ai fedeli (senza il pluralis maiestatis), oltre a semplici gesti, come ad esempio quello di mettersi il cappello delle popolazioni che incontrava (come il sombrero messicano o il copricapo dei guerrieri Masai) abolivano barriere mentali, linguistiche, culturali. La sua potenza mediatica e comunicativa si esplicava anche nell’immagine di un papa sportivo, che sciava e si tuffava dal trampolino della piscina costruita appositamente a Castel Gandolfo. Istituì le Giornate Mondiali della Gioventù, per favorire l’incontro fra le nuove generazioni cattoliche.
Nel 1979, il papa visitò la sua Polonia (dove, durante la giovinezza, era sfuggito alla deportazione nazista grazie al suo impiego nelle cave di pietra) incontrando anche gli operai di Nowa Huta, e affermando che l’uomo non può essere ritenuto ‘semplice mezzo di produzione‘. Giovanni Paolo II appoggiò, anche con delle donazioni in denaro, movimenti avversi al socialismo reale, come il sindacato polacco Solidarnosc di Lech Walesa, che nascerà ufficialmente a Danzica nel 1980. Il 13 maggio 1981 il Papa scampo miracolosamente all’attentato in Piazza San Pietro per mano del turco Mehmet Ali Agca (che, secondo la tesi più accreditata, sarebbe stato inviato dai servizi segreti bulgari dell’Unione Sovietica) e che, in un colloquio privato, il Pontefice perdonò all’interno del carcere. Il leader sovietico Michail Gorbacev riconobbe in Giovanni Paolo II (che nel 1983 proclamò il primo cardinale sovietico) il principale artefice del crollo del Muro di Berlino nel novembre 1989 e dell’U.R.S.S. nel 1991. Il ruolo diplomatico della Chiesa si affianco’ anche a quella del presidente degli Stati Uniti, Ronald Reagan. Il cancelliere tedesco Helmut Kohl, che varcò accanto al Pontefice la porta di Brandeburgo nel 1996, definì il Papa ‘la sentinella del portone della libertà‘ (Corriere della sera, 26 aprile 2011).
Convinto fautore della libertà religiosa dei popoli, nel 1980 il Papa incontra per la prima volta il Dalai Lama, massimo esponente del buddismo tibetano, col quale dialogherà anche in altre occasioni, come ad esempio in India nel 1986. L’8 febbraio del 1981 Giovanni Paolo II ricevette, nella chiesa di San Carlo ai Catinari, una delegazione ebraica guidata dal rabbino Elio Toaff. Questo episodio venne ricambiato dall’entrata, per la prima volta nella storia, di un Papa nella sinagoga, dove salutò gli ebrei chiamandoli ‘nostri fratelli maggiori‘. Nel 1984, Papa Wojtyla distinse il significato di ‘pace‘ da quello di ‘pacifismo‘:
Anche se la dittatura ed il totalitarismo soffocano per un certo tempo il gemito degli uomini sfruttati ed oppressi, l’uomo giusto conserva in se stesso la convinzione che nulla puo’ legittimare tale violazione dei diritti dell’uomo. Per quanto ciò sembri paradossale, anche colui che vuole profondamente la pace rigetta ogni pacifismo che equivalga a debolezza o a semplice mantenimento della tranquillità’ (cit. da Famiglia Cristiana, 4 aprile 1999, articolo di Beppe del Colle).
Nel 1999, su invito del patriarca Teotisto, Giovanni Paolo II si recò in Romania, ovvero un paese di professione ortodossa, compiendo un importante passo verso la ricomposizione del grande scisma del 1054. Per l’occasione si svolsero due celebrazioni nei rispettivi riti, ed il papa pronunciò queste parole:
Oggi, dopo un lungo inverno di sofferenza e persecuzione, possiamo infine scambiarci il bacio della pace e lodare insieme il Signore.
Quello stesso anno, in piena crisi balcanica, coi raid della NATO sulla Serbia e sul Kosovo, che non cessarono nemmeno in occasione della Pasqua, il Papa affermo’: ‘È sempre tempo per negoziare‘. Col Giubileo del 2000 si assistette all’apertura della Porta Santa grazie a un Giovanni Paolo II duramente provato dal morbo di Parkinson. I rappresentanti dei quattro continenti espressero un messaggio di pace universale esponendo sulla soglia della basilica fiori e prodotti della loro terra. Il 18 gennaio, a San Paolo fuori le Mura, la Porta Santa venne sospinta anche dall’arcivescovo di Canterbury e dal metropolita ortodosso. Il 12 marzo del 2000, soffermandosi in Vaticano dinanzi alla Pietà di Michelangelo, il papa chiese perdono per gli errori della chiesa cattolica, che violò ‘i diritti di gruppi etnici e intere popolazioni‘. Il papa ribadì questo concetto anche quando lasciò un biglietto sul ‘muro del pianto‘ a Gerusalemme, con una richiesta di pace per l’intera umanità.
Nel 2001, in un generale clima di ostilità, il Papa giunse in Grecia, accolto solo dall’arcivescovo Christodoulos, esprimendo ‘profondo rincrescimento‘ per il saccheggio di Costantinopoli a opera dei crociati cattolici nel 1204. Rompendo il tabù ortodosso contrario alla preghiera coi cattolici, l’arcivescovo recitò assieme al papa il Padre Nostro. Sempre nel 2001, il 6 maggio, il papa compie il suo storico ingresso nella moschea di Damasco, affermando che ‘una migliore comprensione reciproca certamente porterà, a livello pratico, a un modo nuovo di presentare le nostre due religioni, non in opposizione, come è accaduto fin troppo nel passato, ma in collaborazione per il bene della famiglia umana.‘
Nel 2003 egli divenne fermo oppositore della guerra in Iraq, mandando il cardinale Pio Laghi a parlare con George W. Bush, e ribadendo che un’aggressione unilaterale, sorvolando sull’ azione diplomatica delle Nazioni Unite, era una violazione del diritto internazionale. L’opposizione al conflitto fece ventilare l’ipotesi che, quello stesso anno, potesse essere attribuito a Giovanni Paolo II il Premio Nobel per la Pace. Tuttavia, le tradizionaliste posizioni riguardo il ruolo della donna (ivi incluso il sacerdozio femminile) ostacolarono questo riconoscimento (Corriere della sera, 20 ottobre 2003) anche se, in una lettera del 1995, il Pontefice aveva messo in luce gli ‘enormi condizionamenti che, in tutti i tempi ed ogni latitudine, hanno reso difficile il cammino della donna, misconosciuta nella sua dignità, travisata nelle sue prerogative, non di rado emarginata e persino ridotta in servitù’.
Benedetto XVI (2005-2013) fu artefice di dibattute prese di posizione, che culminano con la sua clamorosa abdicazione, avvenuta lo scorso 28 febbraio. Ripristinato l’uso del latino durante la celebrazione eucaristica (il che facilita, per Papa Ratzinger, i momenti di preghiera durante gli incontri internazionali), Benedetto XVI affronta anche il moderno tema della globalizzazione, evidenziando come ‘i conflitti per la supremazia economica e l’accaparramento delle risorse energetiche, idriche, e delle materie prime rendano difficile il lavoro di quanti, ad ogni livello, si sforzano di costruire un mondo giusto e solidale‘ (Gennaio 2008, messa dell’ Epifania). Sensibile alle tematiche ambientali e fermo oppositore del nucleare, augura di convertire il commercio delle armi in ‘progetti di sviluppo‘ per i paesi più poveri. Il Papa teologo evidenzia come non si possa parlare di pace quando vengono a mancare ‘l’adesione all’ordine trascendente delle cose, come pure il rispetto di quella ‘grammatica‘ del dialogo che é la legge morale universale‘ (Discorso per la giornata mondiale per la pace, 2013).
Il suo intellettuale amore per la musica classica fece sì che l’orchestra filarmonica di Pechino offrisse uno storico concerto in suo onore, al termine del quale Benedetto XVI affermò: ‘accogliendo voi il Papa intende accogliere idealmente l’intero popolo cinese‘. Durante la lezione all’università di Ratisbona nel 2006, suscita le reazioni dei musulmani per aver criticato Maometto, ovvero ‘per la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede che egli predicava‘, ma fu anche il papa che, sempre quello stesso anno, entrò nella moschea blu a Istanbul, dicendo: ‘questa visita ci aiuterà a trovare insieme i modi, le strade della pace per il bene dell’umanità‘. Papa Ratzinger, che durante il fascismo fu costretto ad arruolarsi, come ausiliario nella contraerea, nella Hitlerjugend, o che, per una questione di ‘paterna misericordia‘ ha revocato la scomunica al vescovo lefevbriano Richard Williamson (il negazionista della Shoah) é anche il pontefice tedesco che, con un forte valore simbolico, il 28 maggio 2006 visita il campo di sterminio di Auschwitz- Birkenau (come era avvenuto con Papa Wojtyla nel 1979) pronunciando questo prezioso discorso:
Prendere la parola in questo luogo di orrore, di accumulo di crimini contro Dio e contro l’uomo che non ha confronti nella storia, è quasi impossibile, ed è particolarmente difficile ed opprimente per un cristiano, per un Papa che proviene dalla Germania. In un luogo come questo vengono meno le parole, in fondo può restare solo uno sbigottito silenzio, un silenzio che é un interiore grido verso Dio: perché, Signore, hai taciuto? Perché hai potuto tollerare tutto questo? È in questo atteggiamento di silenzio che ci inchiniamo profondamente nel nostro intimo davanti all’innumerevole schiera di coloro che qui hanno sofferto e sono stati messi a morte; questo silenzio, tuttavia, diventa poi domanda ad alta voce di perdono e di riconciliazione, un grido al Dio vivente di non permettere mai più una simile cosa.
E infine, nella Giornata della Pace del 2012, il papa anti-relativista, che si appella alla razionalità kantiana nella ricerca della Verità, afferma:
La pace non é un sogno, non é un’utopia, é possibile. I nostri occhi devono vedere più in profondità, sotto la superficie delle apparenze e dei fenomeni, per scorgere una realtà positiva che esiste nei cuori, perché ogni uomo é creato ad immagine di Dio e chiamato a crescere, contribuendo all’edificazione di un mondo nuovo.
Dedico questo articolo a mio padre, grande appassionato di storia, nella speranza che dal Cielo mi guidi e mi protegga.