De Angelis: l’Italia tra Berlusconi e Renzi

Pubblicato il 2 Nov 2013 - 10:00am di Redazione

Intervista ad Alessandro De Angelis dell’Huffington Post che ci parla della decadenza di Berlusconi e del prossimo congresso del Pd

Berlusconi

Il dado è tratto. La giunta per il regolamento del Senato della Repubblica ha decretato che il voto a Palazzo Madama sulla decadenza di Silvio Berlusconi da senatore sarà a voto palese. Con 7 voti favorevoli contro 6 è stata presa questa decisione, e decisivo è risultato il “” della senatrice di Scelta Civica, Linda Lanzillotta. In molti sostenevano che se si fosse deciso per il voto segreto vi sarebbero stati molti deputati, non solo del Pd ma anche del Movimento 5 Stelle,  pronti a vendersi a Berlusconi per votare contro la sua decadenza. Esattamente come face Giuda per i famosi 30 denari. Il voto palese, in ogni caso, schiaccia ogni senatore dinanzi alle proprie responsabilità politiche, e saranno molto difficili bari e tranelli di ogni tipo. Furiose le reazioni del Pdl, che fa quadrato nella difesa del suo padre padrone in previsione del voto in aula che, a detta di tutti, si dovrebbe effettuare entro la fine di Novembre. Bisogna però ora capire quali ripercussioni avrà l’eventuale uscita di Berlusconi dalla politica attiva dopo 20 anni. E se, soprattutto, il tanto discusso cocktail politico delle “ larghe intese” tra Pd e Pdl potrà durare ancora. Su tutto questo abbiamo raccolto l’opinione del giornalista Alessandro De Angelis, analista politico dell’Huffington Post, che ci ha dato anche il suo parere sulla figura di Matteo Renzi. Del giovane sindaco di Firenze si parla molto ultimamente, non solo per la goliardica imitazione di Crozza, ma anche per la sua corsa a segretario nazionale del Partito Democratico.

De Angelis, quali ripercussioni potrebbe avere su tutto l’assetto del centrodestra italiano la decadenza di Silvio Berlusconi dalla carica di senatore della Repubblica?

Dipende da come avviene. Mi spiego: il centrodestra in Italia è Silvio Berlusconi. Per venti anni ne è stato il leader, l’anima, l’unico punto di riferimento. Ora il punto è questo: non è la decadenza in sé a mettere in discussione la sua leadership. È se si produrrà una rottura sul terreno del governo. Se, cioè, di fronte alla scelta di Berlusconi di sfiduciare Letta, un pezzo del suo partito si staccherà per essere l’embrione di un centrodestra normale ed europeo. Io dubito che Alfano avrà il coraggio di rompere.

E allora?

Se proprio mi chiedi una previsione, direi che il leader del centrodestra sarà ancora un Berlusconi. Magari si passa dal padre alla figlia. Ma il Cavaliere non accetterà mai che un partito che considera una sua proprietà possa avere un’evoluzione che lo emancipi da sé. Questa è la vera anomalia della destra italiana. In Europa, in una situazione del genere, sarebbe stato il partito a chiedere al suo leader un passo indietro di fronte a condanne così pesanti. Perché i leader vanno, ma i partiti restano. In Italia accade lo stesso. È Berlusconi che chiede al partito di seguirlo fino alla morte, che ricatta governo e Quirinale. È, appunto, l’anomalia della destra italiana.

In molti sostengono che al momento della votazione per la decadenza di Berlusconi il Partito Democratico potrebbe divedersi, come è accaduto con i famosi 101 dissenzienti sull’ elezione di Prodi alla presidenza della Repubblica . Cosa ne pensa?

Penso proprio di no. Quello che è successo in giunta con la decisione sul voto palese mostra che sul tema non c’è ambiguità. E che sulla decadenza c’è un ampio fronte che la considera un atto dovuto. È nel Pdl che si vedrà chi è in grado di separare i destini del governo da quelli di Berlusconi.

Per quanto tempo ancora crede che dureranno le “larghe intese” tra Pd e Pdl a sostegno del governo Letta?

Mi pare che la l’insofferenza verso questa alleanza innaturale stia crescendo nel Pd. Parliamoci chiaro: questo governo è inutile, perché strutturalmente debole, mediocre nella composizione, poco coraggioso nelle scelte. E poi c’è Berlusconi che mostra disprezzo per la democrazia e per le istituzioni a partire dalla magistratura. Ora la sinistra può tollerare un’alleanza eccezionale con Berlusconi solo di fronte a un governo che fronteggia l’emergenza, sul fronte economico sociale e sul fronte delle riforme. Ma se uno sopporta Berlusconi, ma il governo brilla per immobilismo, allora si fa dura. E, francamente, da quando è nato, il governo ha confuso stabilità e immobilismo: non taglia dove deve tagliare, non fa riforme strutturali, e non agisce con coraggio sulla crescita. Non è un caso che i sindacati siano pronti alla piazza .

A breve avremo il congresso del Partito Democratico che eleggerà il nuovo segretario nazionale. Ormai viene data quasi per scontata la vittoria di Matteo Renzi. Lei crede che sarà effettivamente cosi?

Renzi vincerà, e anche bene, le primarie. È popolare e riconosciuto come leader in larga parte dell’opinione pubblica democratica. Incarna la speranza di cambiamento politico e generazionale, la chiusura del ventennio berlusconiano. Non c’è dubbio che avrà difficoltà nel voto di apparato. Il punto però non è la vittoria. Se dovessi dare un consiglio a Renzi, dopo la Leopolda, è un altro. Ed è quello di rendere più solida la sua idea di governo. Per cambiare questo paese che ha un’enorme spessore conservatore non basta un leader. Occorre una classe dirigente, una “squadra” all’altezza. Renzi è un fuoriclasse. Ma mentre ascoltavo i vari interventi alla Leopolda, nessuno mi ha particolarmente colpito. Tra gli oratori non ho visto un nuovo Ciampi, o un nuovo Napolitano, per intenderci. Il lavoro difficile inizia ora per Renzi. Per cambiare l’Italia, come dice lui, ci vuole spessore culturale, stoffa, ci vogliono pensieri nuovi oltre a facce telegeniche.

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