Chianciano: l’euro e la sinistra

Pubblicato il 20 Gen 2014 - 6:00pm di Redazione

 A Chianciano si è riunita la sinistra che vuole andare “oltre l’euro”. E che riscopre la questione nazionale

euro

Sebbene sapientemente silenziato dalla stragrande maggioranza degli organi di informazione, il convegno “Oltre l’euro” promosso da una serie di sigle ed associazioni della estrema sinistra italiana e della controeconomia, è stato un successo, tanto da costringere gli organizzatori a spostare la location dell’evento all’ultimo momento, optando per una sala più ampia di quella precedentemente prevista e prenotata.

Cerchiamo di comprendere i motivi di questo successo e, al contempo, di questa forma di boicottaggio mediatico: i primi sono senza dubbio da rintracciare nel fatto che, raramente, nell’ambito degli ambienti di politica radicale, soprattutto negli ultimi anni, si è avuto la capacità di concentrarsi in maniera organica su un problema assolutamente centrale per la popolazione italiana, finendo per perdersi in discussioni sterili, settarie e, spesso, campate in aria. Una discussione organica sull’uscita dall’euro, per quanto ad alcuni potrà sembrare eresia, è, ad ogni modo, un tentativo di confrontarsi con un tema che, progressivamente, comincia ad affacciarsi anche nell’agone mediatico del politically correct, tanto è vero che, anche senza far riferimento alle uscite più o meno propagandistiche della Lega o del M5S, numerosi degli intervenuti al convegno sono apparsi spesso anche in televisione a sostenere simili argomentazioni.

D’altra parte è pur vero che gli organizzatori lanciando questa iniziativa hanno sfidato tabù ben più profondi, in quanto radicati proprio nella cultura politica della sinistra, di quello della “questione euro”, ossia in primis l’importanza di una presa di posizione sovranista, ad avviso degli organizzatori vitale in un simile momento storico, tanto più, affermano, che l’unico risultato di sfuggire a simili problematiche è quello di consegnare definitivamente tale ambito di rivendicazione alle destre e al puro populismo (come puntualmente sta avvenendo…).

Da un punto di vista di riflessione politica questo è stato senza dubbio il contributo centrale e più spinoso: sappiamo infatti come per molti degli ambienti organizzati della sinistra le questioni nazionalitarie e sovraniste siano spesso bollate come infrequentabili, in quanto evocatrici di memorie fasciste, dimenticando però, e questo è un fatto storico, che la questione dell’autodeterminazione ha animato da sempre tutti i movimenti di liberazione di discendenza marxista e socialista, non ultima proprio la Resistenza italiana.

Nell’epoca della dittatura del pensiero debole qualsiasi riflessione che riconduca ad una riappropriazione di identità (in tutte le molteplici accezioni che questo termine può rivestire…) è rifiutata in maniera sdegnosa dai manovratori e dai teorici del potere, ma proprio per questo è impossibile pensare di ricreare le basi di una teoria anticapitalistica e di liberazione individuale e collettiva senza mirare alla piena ri-identificazione.

Su questo i numerosi economisti, filosofi, attivisti intervenuti (tra di essi anche l’economista statunitense Warren Mosler, il sindacalista Giorgio Cremaschi, il filosofo Diego Fusaro) pur nella, benvenuta e benefica, molteplicità di provenienze, sono sembrati concordare. Certo è, come gli stessi organizzatori hanno apertamente affermato, che se occasioni come queste non diverranno in tempi brevissimi l’humus per un movimento di sollevazione popolare il senso dell’iniziativa sarà inevitabilmente smarrito.

Se però ci è concessa una piccola valutazione speranzosa il clima attento e assieme sorridente della sala in questo due giorni di convegno, così come l’età media piuttosto bassa degli spettatori, possono essere interpretati come segnali di un interesse che potrebbe tramutarsi in azioni conseguenti.

Fonte: Idee In/Oltre

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