Corea del Nord: l’Asia trema
La Corea del Nord ha effettuato il terzo test nucleare nella storia del Paese, il primo fu nel 2006 e il secondo nel 2009, facendo salire la tensione nell’Asia dell’Est e sfidando la comunità internazionale. L’esplosione dell’ordigno atomico, consistente in circa 7 chilotoni, quasi il doppio rispetto ai test precedenti, è stata realizzata con “successo e in maniera sicura” e si tratterebbe di una “misura di autodifesa”, secondo quanto affermato dal regime di Pyongyang. L’esperimento, confermato dall’agenzia di stampa nazionale Koreal Central News, arriva un mese e mezzo dopo il quinto lancio di un missile balistico a tre stadi, pensato per raggiungere, in via teorica, il nemico americano. Sempre secondo la Kcna “il test ha avuto lo scopo di difendere la sicurezza del nostro paese e la sovranità contro il comportamento aggressivo degli Stati Uniti che hanno violato le prerogative legittime della nostra repubblica”. Il servizio di rilevazioni sismiche dell’Usgs ha registrato un terremoto anomalo di magnitudo 4,9 sulla scala Richter, esattamente tre ore dopo l’esplosione nucleare sotterranea, avvenuta verso le 11:58 locali. Scossa avvertita anche da Corea del Sud e Giappone.
Il segretario genrerale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon, ha duramente criticato la spavalderia nordcoreana, sottolienando che si tratta di una vera e propria violazione delle risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Non è stato da meno il presidente degli Stati Uniti Barak Obama che ha messo l’accento sulla volontà provocatoria dell’esperimento e ha sottolineato come la costruzione di armi di distruzione di massa renda la Corea del Nord solo più isolata e meno sicura, rimarcando l’impegno americano nella protezione degli alleati asiatici contro questo“atto irresponsabile che minaccia la pace e la sicurezza e stabilità internazionale”.
Risposte forti anche dalla Russia e dal Giappone, ma sopratutto dalla Cina, più grande e storico alleato della Corea del Nord fin dalla caduta dell’Unione Sovietica, che ha fermamente attacato Pyongyang e convocato l’ambasciatore nordcoreano per fare il punto sull’accaduto, sostenendo, seppur con qualche remora, le sanzioni Onu. Pechino è l’unico partner commerciale e politico di rilievo, ed è in virtù di questo ruolo che in passato ha fatto sentire la sua voce al vicino nordcoreano. Voce che stavolta si è dispersa nel vuoto.
Risulta evidente come la scelta del leader supremo Kim Jong Un sia arrivata in un momento di alternanza dei vertici nei Paesi vicini, acquisendo una valenza strategica e simbolica molto forte. La leaderchip del Giappone è stata, infatti, appena eletta mentre quelle di Corea del Sud e Cina stanno per cambiare. Il test veicola un messaggio chiaro, la difesa nordcoreana non è da meno a quella delle grandi potenze, e consolida la forza della nuova guida del Paese davanti agli occhi della popolazione e dell’esercito. Messaggio destinato in primis a Stati Uniti, principali mandatari delle sanzioni imposte dall’Onu in seguito al lancio missilistico, e alla Corea del Sud.
Il paradosso è che le potenze che dovrebbero fungere da deterrente per la proliferazione nucleare di paesi come il Nord Corea e l’Iran, siano in realtà le più grandi potenze nucleari al mondo. Verrebbe da dire da che pulpito viene la predica.