Il Governo Letta e il M5S. La crisi della sinistra e l’Eurozona
Più di un mese è passato e tante cose sono successe con una crisi economica e politica ormai sotto gli occhi di tutti. Innanzitutto l’inaugurazione del Governo Letta. Un governo nato a seguito del Napolitano bis. Un’elezione ai limiti della costituzionalità, ma che soprattutto introduce un precedente pericolosissimo. In pratica, l’Italia, da oggi è una Repubblica semi-presidenziale senza, tra l’altro, nessuna legge che ne stabilisca le regole.
Un risultato che, a livello politico, dopo mesi di nuovismi e di governi del cambiamento, ristabilisce lo schema del Governo Monti. Un’alleanza Pd e Pdl, insomma. Senza neanche più l’alibi dei tecnici per “salvare l’Italia dalla crisi“.
E l’opposizione? Vorremmo stendere un velo pietoso su SEL che, dopo aver partecipato alle Primarie del Pd, averci stretto un’alleanza, improvvisamente avrebbe compreso cosa è stato e continuerà ad essere il Partito Democratico. La realtà è probabilmente un’altra. SEL, insieme ai pochi spezzoni di ciò che rimane della sinistra del Pd, vuole evitare una dispersione dei voti. Ma, da questo punto di vista non c’è da farsi nessuna illusione: le strategie internazionali della sinistra italiana rimarranno le stesse, così come la visione economica e le alleanze politiche.
Preferiamo, dunque, in questo editoriale, occuparci di qualcosa di più serio. Cioè del movimento che tante speranze aveva suscitato in moltissimi italiani. Non vogliamo parlare di quanto l’ultimo risultato elettorale sia stato, o meno, un flop (lo abbiamo già fatto in un articolo su questo sito). Quanto piuttosto delle motivazioni di un evidente ridimensionamento del Movimento di Beppe Grillo.
Le motivazioni sono state essenzialmente due:
– scarsità di strategia politica
– non chiarezza sulle reali cause della crisi politica in Italia e in Europa
Per quanto riguarda il primo punto, i limiti sulla selezione dei parlamentari scelti dal Movimento Cinque Stelle sono talmente evidenti che è inutile tornarci sopra. Ha sorpreso, piuttosto, il dilettantismo con cui è stata affrontata la questione del rapporto con il Partito Democratico. Molto probabilmente, la maggioranza di coloro che hanno votato il movimento di Beppe Grillo, lo hanno fatto per mero spirito di protesta e senza avere piena consapevolezza del programma del M5s. Ma non è quella la questione. Nessuno, o almeno non gli elettori antisistema del movimento, avrebbero voluto un’alleanza con il Pd. Avrebbero, però, molto probabilmente voluto una gestione diversa, che certo non si risolve con la diretta streaming dell’incontro con Pierluigi Bersani (ma che, anzi, ne hanno evidenziato l’arroganza unita all’incapacità). Una strategia politica, invece, avrebbe richiesto la scelta di un candidato (lo stesso “schema Rodotà“) e di precisi punti programmatici da opporre a quelli di “cambiamento” del Pd. Il risultato quale sarebbe stato? Una vittoria in ogni caso, sia che il Partito Democratico avesse accettato (difficile) sia che si fosse rifiutato (più probabile). E invece qual è stato il risultato? Che agli occhi dell’opinione pubblica, l’unico colpevole dell’alleanza tra il Pd e il Pdl è soltanto Beppe Grillo ormai marchiato dell’infamia, inammissibile in Italia, di “inaffidabile”. Un bel risultato davvero!
Il secondo punto è, però, ancora più importante ed è diretta conseguenza della mancanza di una strategia politica. Non avendo capito, infatti, che la causa della crisi politica ed economica non è né il debito pubblico, né tantomeno le pensioni d’oro, ma l’Eurozona, le proposte, le discussioni, e le polemiche interne al movimento non potevano essere diverse da quelle sugli scontrini e la diaria. Posizioni, queste, che hanno deluso i molti che si aspettavano qualcosa di diverso da Beppe Grillo e dal suo movimento: una lotta contro le politiche di austerity, iniziate con Monti e proseguite da Letta, il Fiscal Compact, l’Euro. Niente di tutto questo si è ancora verificato e, probabilmente, si verificherà dati i limiti strutturali di quel movimento.
Qualcosa di diverso ci si sarebbe aspettati da parte della sinistra radicale che, però, non sembra andare oltre le discussioni sul grado di visibilità del simbolo della falce e martello sul simbolo elettorale, con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti, nonostante si tenti ancora di negare l’evidenza. Il peso elettorale dell’estrema sinistra, oggi, non può andare oltre il 3-4%. Questa crisi di consensi è il risultato di vent’anni di fallimenti politici, iniziati con Fausto Bertinotti e che probabilmente si concluderanno con Paolo Ferrero. E, al di là di rari e lodevoli casi, l’estrema sinistra che ancora non ha capito le vere cause della crisi economica e non ha deciso cosa fare dell’Euro, si avvia in maniera triste verso la fine della sua, in alcuni casi gloriosa, storia politica.
Una fine non molto dissimile proprio da quella dell’Euro e dell’Europeismo. Ci auguriamo che il risveglio delle coscienze della sinistra europea impedisca il ritorno alla sovranità economica, e quindi politica, grazie all’estrema destra.
Vi terremo aggiornati. Continuate a seguirci.
Condivido l’analisi nell’articolo di Monacelli.
Il problema è sempre lo stesso, da almeno un secolo a questa parte:
Che fare?
Le soluzioni intellettuali, per chi è un marxista, le si conoscono da tempo, piu’ difficile la sintesi operativa.
Quelli del PD, secondo le “buone” maniere de: la miglior difesa è l’attacco, ripropongono, noiosamente e stancamente, come fin dai tempi del vecchio PCI, i soliti luoghi comuni, con i soliti moralismi, con le solite supponenze frutto di una obsoleta teoria del migliore che è ancora viva e vegeta tra apparati burocratici formatisi fin dalla vecchia scuola per sottoacculturati che va sotto il nome di: Le Frattocchie.
Il popolo degli ultimi, pero’, in questi ultimi 50 anni, non è piu’ operaio e contadino manipolato da quella nomenclatura dello stesso PCI, partito fortemente populista, che, in buona sostanza,
è stato, col senno di poi, un partito meno progressista, nel senso di favorevole alle classi piu’ deboli marxianamente parlando,meno progressista, dicevo, anche rispetto a partiti conservatori europei, figurarsi a quelli socialdemocratici.
Grillo viene accusato di non essere di sinistra, percio’ non credibile, nè affidabile. Ma questa locuzione di trasversalismo, in quanto si rivolge ai piccoli imprenditori, artigiani, autonomi
come giovani disoccupati, precari, cassintegrati, è la perfetta sintesi di una proposizione moderna della lettura realistica, in quanto,col superamento del modello fordista, una sinistra aggiornata,
di ispirazione piciista o popolarista, dovrebbe rendersi conto che un modello economico progressita, dovrebbe tendere alla piccola e media impresa, come nella tradizione cooperativistica.
Essere trasversale tra una destra residuale fatta di imprenditori fallimentari ed espulsi dal mercato oligopolistico, ed una sinistra-sinistra che raccoglie gli ultimi della terra, puo’, in senso materialistico-storico, quindi marxista, rappresentare quella composizione sociale, che pur avvalendosi di un tradizionale compromesso capitale-lavoro, in effetti coniuga soggetti sociali che si riconoscono in finalita’ simili, per una elaborazione simil cooperativistico, che ha sempre coniugato lavoro ed impresa al fine di creare un modello di sviluppo, che potremo chiamare ecocompatibile. Amartya Sen, venuto in Italia, poco tempo fa, in un noto seminario di studi, dava il suo contributo teorico-scientifico, per affrontare la attuale crisi occidentale, rilanciando proprio
Il cooperativismo, quale centralita’ del vivere civile compatibilizzando uomo, nella sua assenza piu’ nobile con la martoriata ed offesa natura.
Se si affrontano queste tematiche, allora, ci si puo’ capire facilmente, scendere dal piedistallo
Inattuale sotto il profilo della realpolitik, da parte dei soliti noti che insegnano stupidaggini da
Sinistra, è quanto di piu’ urgente e necessario, al fine di rilanciare una cultura del fare che accontenti, Keynesianamente, il pensiero piu’ autentico di sinistra dell’intero modo di produzione globale.
Marx e Keynes, al centro del pensiero attuale, le due figure di riferimento che dovrebbero interessare tutto il mondo progressista
Se si vuole superare, non solo la attuale crisi, ma rilanciare quella necessaria cultura moderna
Abbandonando, definitivamente, ogni legame col liberismo, cotto e stracotto sotto il profilo teorico-scientifico e pragmatico e ritenuto tale perfino tra tutti i sinceri liberali pensanti.
Questi concetti dovrebbero essere molto chiari anche a tanti ignorantoni che si suppongono
Guida morale e politica, presenti oltre ogni limite di buon senso e buon gusto all’interno del PD,
che, saggiamente ,Grillo chiama meno L.