Intervista a Maurizio Musolino su Libano, Siria, profughi palestinesi
Pubblichiamo questa interessante intervista a Maurizio Musolino, giornalista ed espontente del PDCI, sul Libano. Un’intervista interessante. Ci preme, però, sottolineare le nostre divergenze in rapporto alla sua visione della questione siriana. Mettere in parallelo la guerra libica con ciò che sta succedendo in Siria è assolutamente sbagliato e storicamente non fondato. Non solo, infatti, a differenza di ciò che afferma Musolino, la resistenza siriana è stata dall’inizio una rivolta spontanea, ma anche gli aiuti (com’è naturale che sia) sono stati per entrambe le parti in campo. Non solo. Non ci convince neanche la ricostruzione di Musolino, e di gran parte della sinistra antimperialista, sulla Siria come obiettivo militare e geostrategico degli Stati Uniti. Altrimenti come spiegare il sostegno al governo di Assad di quella che non esistiamo a definire una vera e propria terrorista come Carla Del Ponte? Oppure come si spiega che, mentre Obama parla al mondo contro il regime siriano, dall’altra parte Dumpsey dichiara che una vittoria dei ribelli siriani non garantirebbe gli interessi americani? O, ancora, perché sul Washingon Post viene pubblicato un articolo in cui si dice che l’obiettivo di Obama sia esclusivamente quello di “punish Assad, not win the Syrian civil war“? Qualche dubbio sarebbe, almeno, d’obbligo. In ogni caso, di questo e di altri argomenti, ce ne occuperemo nelle prossime settimane. Per ora buona lettura!
La Redazione
Il Libano, il “ paese dei cedri”, è stata senza ombra di dubbio la nazione che è stata letteralmente devastata da una delle guerre civili più sanguinose del ‘900. Una guerra che tra il 1975 ed il 1990 ha provocato la morte di migliaia di civili innocenti e lasciato il segno della sofferenza in tutta la società civile libanese. È proprio quella che Robert Fisk ha definito in un suo bellissimo libro il “martirio di una nazione” . Lo scorso 15 Agosto un attentato kamikaze nella zona a sud di Beirut controllata da Hezbollah ha provocato la morte di 22 persone. Un attentato rivendicato da un organizzazione sunnita contro gli sciiti Hezbollah. Ed il 23 Agosto due autobombe sono esplose nella città di Tripoli, roccaforte sunnita, provocando la morte di 50 civili. Tutto questo non solo ha rimesso in evidenza il fortissimo contrasto tra sunniti e sciiti presente in tutto il paese. Ha anche riacutizzato il timore dello scoppio di una nuova guerra civile. In molti sostengono che le mattanze di Beirut e Tripoli siano un inevitabile riflesso della crisi siriana. Non bisogna dimenticare che il Libano è geopoliticamente legato al destino di Damasco. E non bisogna neanche trascurare quali ripercussioni potrebbe avere tutto questo sul dramma degli oltre 400.000 profughi palestinesi presenti in Libano. Per comprendere meglio questo puzzle complesso, abbiamo rivolto qualche domanda a Maurizio Musolino, giornalista e scrittore, esperto di medio oriente. Musolino sta anche lavorando ad un progetto per aiutare i campi profughi palestinesi che sono sempre più allo stremo per il continuo arrivo di profughi dalla Siria.
L’ esplosione di un ordigno nella zona sud di Beirut e quella di altri due nella città di Tripoli hanno non solo provocato la morte di molti civili ma hanno anche aumentato la tensione politica in tutto il Libano. Come si spiegano secondo lei questi due attentati ?
Sicuramente i recenti attentati in Libano hanno portato alle stelle la tensione, generando una situazione pericolosissima. Bisogna, infatti, considerare che, alle tensioni importate dalla vicina Siria e dall’Egitto (entrambe le situazioni frutto di una scellerata politica neocoloniale e imperialista degli Stati Uniti d’America, che pensano al Medio Oriente come un loro orto personale), si sommano tensioni tutte libanesi che derivano da una instabilità interna che si protrae da troppi mesi e che al momento ha portato a un rinvio delle elezioni, previste per fine maggio e non ancora convocate. È chiaro che a pagare queste tensioni sono innanzitutto i libanesi, ma non scordiamoci mai che sul terrore e l’instabilità di quella regione gli Usa e i loro alleati israeliani hanno da troppi anni costruito le loro fortune di paesi occupanti.
In molti sostengono che la crisi siriana avrà delle inevitabili ripercussioni in Libano. Cosa ne pensa ?
La crisi siriana ha avuto fin dal suo inizio una influenza altissima sul Libano. I due paesi sono connessi in mille elementi: storici, geografici, economici e umani. Chi ha programmato la destabilizzazione a Damasco non poteva non sapere delle ripercussioni su Beirut e, probabilmente, queste ripercussioni non solo erano conosciute, ma sono state anche facilitate. Dal Libano sono entrate molto delle armi che oggi costituiscono l’arsenale dei “ribelli” e parte delle milizie legate ad Al Qaida sono passate proprio da Tripoli prima di fare il proprio ingresso in Siria. Del resto proprio Tripoli aveva conosciuto nel 2007 la potenza di fuoco di queste milizie mercenarie nel campo palestinese di Nahar al Bared.
Un eventuale nuova escalation di violenza nel paese dei cedri quali ripercussioni potrebbe avere sul dramma dei profughi palestinesi?
Come sempre, basta andare a rivedersi la storia, i rifugiati palestinesi in Libano sono l’anello più debole della società mediorientale e pagano i costi maggiori di tutte le crisi di quell’area. Anche questa volta è così. Sono tantissimi i rifugiati – palestinesi e siriani – che in questi mesi hanno trovato ospitalità nei 17 campi palestinesi in Libano e questo ha causato un peggioramento delle già drammatiche condizioni di vita in questi luoghi. Per questa ragione anche quest’anno il viaggio che organizzerà a settembre il Comitato per non dimenticare Sabra e Chatila assume un significato particolare e una importanza altissima. Voglio attraverso questa intervista promuovere una sottoscrizione straordinaria, lanciata in questi giorni, in favore dei rifugiati che dalla Siria hanno raggiunto il Libano. Una sottoscrizione per aiutare l’Associazione Beit Atfal Assomoud che da decenni lavora in modo encomiabile nei campi palestinesi.
Intervista a cura di Nicola Lofoco