I giovani di oggi sono sempre più disorientati sul loro futuro, tanto da delineare una nuova categoria sociale: i NEET
“Cosa vuoi fare da grande?” è una domanda che ha assillato generazioni e generazioni di giovani, dal primo giorno delle elementari all’ultimo anno di università. La risposta, negli anni, si affievolisce sempre di più, diviene sempre più sommessa e svanisce come un desiderio portato via dalla scia di una stella cadente.
In un cielo nuvoloso e nero come quello dell’Italia corrosa dalla crisi economica, i giovani non vedono più alcuna stella cadente, non hanno alcun desiderio da realizzare e nessun futuro a cui mirare. I dati relativi all’anno accademico 2012/2013, forniti dal Cineca (il Consorzio Interunivesitario che gestisce l’anagrafe degli studenti universitari italiani) lo confermano. In appena tre anni, si sono persi 30.000 nuovi iscritti negli atenei italiani e in meno di 10 anni, più di 70.000.
Ed è proprio in questo drammatico scenario che appare una nuova categoria sociale, quella dei NEET (Not in Employement, Education or Training). Un acronimo che fa rabbrividire, che rappresenta la condizione di oltre 2 milioni e 200 mila ragazzi, che hanno tra i 18 e i 24 anni, non sono iscritti a scuola, né all’università, non lavorano e non sono neppure impegnati in attività di formazione. Non hanno niente, non sono niente e non vogliono diventare nessuno.
Certo, la situazione del nostro paese è abbastanza scoraggiante, visto che l’Istat stima oltre il 30% il tasso di disoccupazione giovanile (che sale al 50% nel Mezzogiorno), ma questo giustifica la loro apatia? Una risposta assoluta in una situazione così delicata, come non ce l’hanno i giovani di oggi, non possiamo averla nemmeno noi.
Sono prima di chiunque altro i genitori a dover imporre un cambiamento, a responsabilizzare i figli e incoraggiarli ad essere autonomi. Giustificandoli e proteggendoli, si firma la condanna a morte del futuro, o almeno, del loro futuro. E, per quanto un genitore desideri che suo figlio rimanga sempre il suo bambino, non vorrà mai vederlo privo di un domani.
L’Italia è uno dei pochi Paesi che ha ridotto drasticamente gli investimenti in istruzione negli ultimi dieci anni, stanziando pochissimo anche in ricerca e sviluppo. È necessario quindi anche l’intervento del Governo, che deve intervenire realmente ed efficacemente per recuperare questa situazione gravissima, sia sul piano lavorativo che su quello scolastico.
L’importante è non arrendersi. Neanche quando gli ostacoli sembrano troppo alti da saltare, perchè è proprio dalle difficoltà che nascono le opportunità. I giovani devono stimolare la loro creatività, la loro intelligenza, sfruttare un loro talento. Devono fare di una loro passione il proprio lavoro. Devono puntare su qualcosa che amano davvero, perchè solo così potranno emergere.