Can Dundar, direttore del quotidiano turco di opposizione Cumhuriyet, rischia l’ergastolo per aver pubblicato foto e immagini di camion colmi di armi scortati dalle forze di sicurezza turche del Mit e con tutta probabilità destinati dalla Turchia a combattenti jihadisti in Siria. Venerdì scorso, il giorno stesso della pubblicazione, la procura di Istanbul ha sollevato l’ipotesi di reato nei confronti dello scoop per aver rivelato importanti segreti di Stato. Lo stesso premier turco, Recep Tayyip Erdogan, si era scagliato contro il giornale tradizionalmente ostile alla linea di governo, accusando il direttore di spionaggio.
Il mondo culturale e intellettuale turco si è immediatamente schierato in difesa di Dundar, facendo pubblicare sulla prima pagina del quotidiano incriminato una lista di nomi e facce sotto il titolo: “il responsabile sono io”. Il carico di armi turche destinato alle forze radicali ribelli in Siria è sempre stato negato ufficialmente dal governo turco e questa prova inconfutabile non gioca certo a favore di Erdogan, soprattutto a soli quattro giorni dalle elezioni politiche. Diversi giornali turchi da tempo cercano di fare luce sulla questione, accusando il governo di combattere le forze dello Stato Islamico da una parte e dall’altra di sovvenzionare in vari modi i ribelli in Siria con l’obiettivo ultimo di far cadere il rivale, Bashar al Assad, e sostituirlo con un governo islamico. Le foto in questione saranno, con tutta probabilità, pagate a caro prezzo dal direttore del Cumhuriyet e usate da Erdogan come monito per tutti gli altri giornalisti, in un momento di altissima tensione tra il governo e gli organi di stampa locali e internazionali. Si temono infatti diverse ondate di arresti nelle principali redazioni dei quotidiani di opposizione.
Che la Turchia non primeggiasse certo per eccesso di libertà di stampa era cosa nota, che si trovasse al 149esimo posto su 180 Paesi nella classifica del World Press Freedom Index del 2014 anche, ma nessuno ancora aveva prospettato quella che sembra essere una vera e propria crociata contro la libertà dei giornalisti di informare i cittadini turchi su come il loro stato gestisce una situazione potenzialmente pericolosa per la sicurezza nazionale della Turchia.