Il presidente dell’Autorità nazionale palestinese Abu Mazen ha dichiarato di supportare il nuovo governo transitorio instauratosi al Cairo. Una scelta che potrebbe avere conseguenze sul piano dei dialoghi di pace con Israele, sensibilmente pro-Morsi.
Il presidente dell’Autorità nazionale palestinese Abu Mazen ha espresso il suo supporto alle autorità governative egiziane, che dal 3 luglio, giorno in cui l’ex-presidente egiziano Morsi è stato deposto, fronteggia una battaglia spietata contro la Fratellanza musulmana (partito dell’ex-presidente). Negli ultimi giorni è degenerata in una vera e propria guerra civile.
A riportare la notizia è la Wafa, l’agenzia di informazione palestinese: “Quello che sta succedendo in Egitto è un atto terroristico” afferma il presidente dell’ANP, aggiungendo infine che la sua espressione di vicinanza al governo egiziano in carica è l’espressione di tutto il popolo palestinese. Alla voce di Abu Mazen si è aggiunto il coro di altri paesi arabi come Arabia Saudita, Libia, Kuwait, Giordania ed Emirati Arabi, tutti a sostegno del governo del Cairo: governo fortemente e aspramente criticato invece dalle potenze occidentali, soprattutto dopo gli scontri di giovedì 15 agosto.
L’affermazione di Abu Mazen e il suo sostegno al governo militare egiziano attualmente in carica, mal si collimano con gli affari esteri palestinesi. Si perché, il 14 agosto sono ufficialmente iniziati i dialoghi di pace con Israele, promossi dalla Casa Bianca. Il collegamento questione palestinese-Egitto è assai facile per il leader dell’ANP; infatti, secondo quanto riportato dall’agenzia “L’autorità palestinese e il suo popolo stanno seguendo attentamente gli sviluppi in Egitto“, ha dichiarato Abu Mazen, aggiungendo che ogni tentativo di danneggiare la sicurezza egiziana verrà considerato come un tentativo di danneggiare la sicurezza nazionale araba e islamica.
Non è la prima volta che che Abu Mazen da fiducia al governo transitorio del Cairo. Già il 4 luglio, giorno seguente alla disfatta di Morsi, il fronte palestinese aveva accolto con gioia la notizia. Con lo stesso umore però, nel 2012, l’ANP aveva accolto con speranza l’elezione di Morsi a capo della presidenza dell’Egitto, sperando che la nuova guida del Paese potesse mettere fine alle relazioni tra Egitto e Israele. Ma tutto questo non è accaduto.
Non si può dubitare che il ruolo dell’Egitto, all’interno della disputa arabo-israeliana, sia di vitale importanza per entrambe le parti: la Palestina cerca in tutti i modi di avere accanto a sé un fidato sostenitore della causa araba, e Morsi ha dato prova di non esserlo. Israele, in un certo qual modo, rimpiange Morsi, statista che tutto può essere e diventare, tranne anti-sionista. Non un amico per Israele, ma almeno una sicurezza dal punto di vista diplomatico, che avrebbe potuto mantenere quella “pace fredda” siglata negli accordi di Camp David del ’78.
Il trittico mediorientale (Israele-Palestina-Egitto) è ancora una volta al centro della vita e della storia del territorio arabo: le acerrime nemiche di sempre stanno provando, come già successo decine e decine di volte, di trovare un accordo ormai nemmeno più sognato; l’Egitto sta facendo i conti con se stesso, ancora una volta dopo l’era Mubarak, che tra l’altro sarà rilasciato fra pochi giorni.