Arriva nelle sale il live action di Aladdin diretto da Guy Ritchie con Will Smith, nel ruolo del genio della lampada. Vi forniremo trama, recensione e commento.
Aladdin, un giovane furfante di Agrabah, ruba e ne rivende la refurtiva nel tentativo di guadagnare qualche soldo. Jasmine è una principessa che ha da poco perso la madre e che dovrà ereditare il sultanato, visto l’imminente invecchiamento del padre. Nel frattempo Jafar, consigliere del Sultano, grazie alla sua magia nera cercherà di ribaltare le carte per la successione al trono.
Però se hai “un grande amico come me” e le cose possono cambiare a tuo piacimento, ma fino a che punto?
Recensione del film Aladdin (2019)
“le notti d’oriente
fra le spezie e i bazar
son calde lo sai, più calde che mai
ti potranno incantar…”
Già le note di questa canzone possono bastare, consideriamo anche le parole, poi è subito Agrabah ed è subito magia. A 26 anni di distanza dal cartone, ma soprattutto in un anno colmo di live action (questo è il secondo dopo “Dumbo”, in attesa de “Il Re Leone” che uscirà in Italia il 21 agosto), arriva in Italia dal 22 Maggio la versione in carne ed ossa di “Aladdin”, diretto da Guy Ritchie e precedentemente da Ron Clements e John Musker.
Quel film segnò un epoca e la crescita della generazione di ragazzi nati a fine anni 80 e inizi anni 90. Indimenticabile fu il lavoro di doppiaggio, sia nel nostro paese che nel resto del mondo, soprattutto riguardo la figura del genio. Se in America a prestargli la voce fu l’indimenticabile Robin Williams, da noi, a segnarne l’esistenza fu Gigi Proietti. Da quel momento tutti quanti hanno sempre associato al volto del genio, la sua voce. In questo film forse è nelle note del doppiaggio che si nasconde l’unica pecca, di un ottimo prodotto finale. La nuova generazione, molto probabilmente negli anni avvenire, assocerà ad Aladdin questo film del 2019 e conseguentemente il cartone, ma per il pubblico più grande può risultare stridente rivedere Gigi Proietti a prestare la voce del padre di Jasmine. Certo le sue corde vocali sarebbero assurde sul volto di Will Smith per cui l’errore sarebbe stato imperdonabile, ma riproporre la magnifica voce di Gigi in un film così iconico per lui e per tutti gli spettatori appassionati al cartone del 1992 può risultare un lavoro a tratti autolesionista. Inoltre, sempre riguardo al doppiaggio, spostiamoci a vederne le canzoni. La resa scenica delle canzoni è molto affascinante, tanto che per costumi e balletti ricorda uno dei migliori musical in stile Rob Marshall, il problema di questo film sulle canzoni è un altro ed è a livello di scelta editoriale. La decisione di riportare le canzoni nella lingua nazionale è apprezzabile, ma ciò che andrebbe rivisto sono le inquadrature, in qualche caso troppo strette sul volto degli attori e evidenziano l’ovvio fuori sinc durante la fase cantata.
Nonostante ciò, prima di rivedere questo grande classico ci siamo chiesti: “Ma un nuovo Aladdin era così necessario?” “Si.” e lo abbiamo capito solo rivedendolo. Il film di Guy Ritchie oltre ad avere una cura maniacale alla spettacolarizzazione delle scene action, si addentra nella cultura moderna grazie al suo cuore narrativo. Il genio della lampada, mezzo di arrivismo agli obiettivi della vita, ricorda molto la velocità che vige nei nostri tempi, dove vogliamo tutto e subito. Ciò che però troppo spesso non riusciamo a capire che in fondo il genio, può si cambiare certe situazioni, ma non cambierà mai chi siamo nel profondo. Potremo anche essere dei principi, ma il vero passo in avanti lo possiamo fare soltanto noi. Il film è inoltre ben scritto dove ci sono frasi non banali come : “è triste avere una scimmia come unico punto di riferimento nella vita”; “L’esperienza non si legge”; “Vi state solo sposando non dovrete parlargli troppo”. Il tutto ci evidenzia una grande profondità di scrittura e una volontaria attualizzazione come evidenziamo sopra, il tutto per un film adatto a un grande pubblico che possa rendere ancora una volta il cinema come una grande esperienza collettiva.