Mentre Alfano, con la benedizione di Letta, gioca a fare l’erede al trono, Silvio Berlusconi, messo sotto assedio dalle sue colombe, sembra tutt’altro che morto
Domenica pomeriggio davanti ai microfoni di Maria Latella, il Presidente Letta con un fare tranquillo e pacato, ma senza nascondere un velo di presunzione, ha rivendicato non solo la vittoria del suo governo ma si è preso anche il merito di essere stato colui che, dopo vent’anni, ha sconfitto Silvio Berlusconi, arruolando tra le fila dei suoi uomini chiave niente meno che Angelino Alfano. Ma il Presidente Letta è andato anche oltre. Preso dalla foga, non è proprio riuscito a trattenersi e alla fine ha ceduto alla sua vanità di stratega politico, attribuendo ad Algelino Alfano il trono del Pdl.
A questo punto ci è sorto un dubbio, che solo il nostro Presidente del Consiglio potrebbe dirimere. Il nuovo leader del Pdl, che gode la stima e il rispetto di Enrico Letta, non sarà per caso lo stesso che lo scorso luglio, poco più di due mesi fa, ha mandato sul banco degli imputati tutto il governo a causa del suo sconsiderato comportamento sul rimpatrio della famiglia del dissidente kazaco, mettendo alla berlina l’Italia davanti a tutto il mondo? A prescindere dalle propensioni personali, in effetti le caratteristiche da leader Angelino Alfano le ha tutte. Infatti, è stato capace di convincere gli uomini del Pd che lui, in quanto ministro, era all’oscuro del famoso blitz a casa della famiglia Ablyazov e che i vertici della Polizia di Stato avevano agito contro di lui, nello stesso modo in cui, qualche anno prima, Silvio Berlusconi convinse i suoi adepti che Ruby fosse la nipote di Mubarak. Come si dice, buon sangue non mente.
Peccato che, per chi frequenta gli ambienti politici, la leadership di Angelino Alfano nel Pdl non sta né in cielo né in terra e, sulla presunta morte di Silvio Berlusconi, qualche dubbio sopraggiunge. Anzitutto, è bene chiarire che il successore di Silvio Berlusconi è Silvio Berlusconi. Nel Pdl, oggi come ieri, l’unico che prende voti e catalizza l’attenzione del populismo di destra è solo il Cavaliere, gli altri sono solo comparse che, interpretando la teoria del sole e della luna, al massimo possono riflettere la luce del loro capo, se non vogliono rimanere al buio. A Silvio Berlusconi si possono addebitare tante mancanze, ma di certo bisogna riconoscergli che, in quanto a comunicazione, non ne ha mai sbagliata una, tanto da farsi perdonare dai suoi elettori tutte le sue marachelle. Nel merito, invece, si potrebbe disquisire se sia stato bravo lui o siano stati incapaci i suoi avversari, ma la questione sarebbe interminabile.
Tornando a noi, se rispolveriamo la memoria, dovremmo ricordare che l’idea di insignire Angelino Alfano alla carica di “vice re”, rispondeva a una contingenza ben precisa, sia in risposta agli scandali che stavano travolgendo Berlusconi, sia per placare i timori dell’esercito pidiellino che, crollato il loro leader, non volevano fare la fine dei filistei. Solo un sempliciotto poteva credere che Alfano avesse un potere reale all’interno del Pdl. Se alle ultime elezioni politiche, il vice re e il suo seguito non avessero pietito il ritorno in campo di Silvio Berlusconi, il Pdl adesso sarebbe nei libri di storia. L’unico fatto concreto che Angelino Alfano è riuscito a realizzare in questo periodo di coreggenza, è stato farsi detestare dalla maggior parte dei suoi colleghi, che non hanno apprezzato la sua gestione “amicale” e molto familiare del partito, tanto da far rimpiangere Denis Verdini. Se queste sono le premesse, non c’è da stupirsi che il Pd preferisca un Pdl con Alfano leader, che se gli dirà bene prenderà un milione di voti, al posto di un Pdl con il suo leader ancora in testa, che alla fine rimane sempre un avversario da temere.
A questo punto, bisognerebbe aprire una parentesi più ampia. Questo esecutivo in sei mesi ha fatto tutto tranne quello che aveva promesso di fare e, a partire da gennaio, la stangata che è stata lanciata contro gli italiani sarà talmente evidente che, con molta probabilità, Silvio Berlusconi aveva pensato bene di sganciarsi da questo governo prima di essere travolto dall’onda d’urto, lasciando il cerino in mano al Pd. Ma alcuni ministri del Pdl, che già da tempo stavano cercando una casa più sicura, hanno alzato la voce creando un bel po’ di confusione. Di certo la presa di posizione contro il Cavaliere da parte di alcuni suoi ex fedelissimi non è stata uno sfogo dettato dall’emotività del momento. L’idea di un nuovo centro, che prenda pezzi a destra e a sinistra, ha ammaliato alcuni dinosauri politici del Pdl, che due calcoli se li sono fatti. Non ci vuole un oracolo per capire che l’era di Silvio Berlusconi sia volgendo al termine. Non solo perché sta perdendo consensi, ma anche per una mera questione anagrafica che, in caso questa legislatura finisse il suo tempo in modo naturale, dovrebbe ripresentarsi a chiedere il voto degli italiani a ottant’anni suonati. Il che sembrerebbe inverosimile.
Non c’è da stupirsi che la classe politica più giovane, che di politica vive (o sopravvive), qualche strada alternativa cerhi di inseguirla e, quella dell’uscita dal governo, è stato un evidente pretesto. Del resto nel Pd l’incognita Matteo Renzi è ancora piena di interrogativi, tanto che molti sarebbero contenti di vedere proprio il sindaco di Firenze a capo del “nuovo centro”, che però rischia di prendere soltanto gli avanzi altrui. Che sia stato lo spettro di Renzi a far capitolare Berlusconi sulla fiducia al governo, potrebbe essere un’ipotesi ma non una certezza. L’unica evidenza è che in questo Parlamento sono tutti troppo impegnati a salvare sé stessi per salvare l’Italia e, finché ci saranno queste farfalline che vagano da un partito all’altro o da una corrente all’altra, pronti anche ad immolare il leader che li ha creati pur salvarsi la pelle, le previsioni non sono e non saranno delle migliori.
È difficile dare fiducia a chi per anni ha accettato tutti i capricci di Berlusconi, senza aver mai alzato una voce di dissenso e mettendo sotto i piedi la propria dignità pur di rimanere attaccati come sanguisughe alle poltrone e adesso, che il trono scricchiola, sono pronti senza indugio a rinnegarlo. È preferibile avere degli avversari con cui confrontarsi, espressione del voto popolare, che uomini pronti ad inseguire solo il proprio interesse del momento. Gente che senza Berlusconi la politica l’avrebbero letta solo sui giornali. Anche se cambiare casacca sembra un costume sempre più alla moda, speriamo che l’antica saggezza favorisca le future decisioni. Come narrava Tacito, “I traditori sono abietti anche agli occhi di coloro a favore dei quali si schierano”.
E, se tanto ci da tanto, i traditori di Re Silvio farebbero bene a non dormire sonni tranquilli.