La mini serie di Raiuno “Altri Tempi“, porta in tv le storie di tante ragazze belle e povere costrette a vendere il proprio corpo
Si è da poco conclusa sulla Rete ammiraglia la fiction in due puntate “Altri tempi“, per la regia di Marco Turco, che racconta la storia di una giovane donna, Maddalena Fiorio (Vittoria Puccini), che dopo aver perso tutta la sua famiglia nell’ incendio della tipografia del padre, si ritrova sola e senza nessuno su cui contare. Si affida così all’avvocato Vaccari, che curava gli interessi di famiglia. Ben presto l'”amico” del padre si rivela un uomo meschino e senza scrupoli che non esita ad abusare di lei e a spedirla a Torino. La donna decide di tenere la bambina, frutto di quella violenza, ma non riuscendo a mantenerla l’affida ad un convento di suore. Il resto è facilmente intuibile.
Bella e povera, Maddalena si lascia trascinare nel mondo delle “signorine” che vivono e lavorano nelle “case chiuse“. Dopo un lungo periodo di sconforto e disperazione, che la porta a tentare il suicidio, la nostra eroina decide che se quella deve essere la sua vita allora diventerà la migliore prostituta d’ Italia. Riesce in breve tempo a far carriera e a diventare la maitresse di un bordello.
Siamo negli anni ’50. Le ragazze dell’ epoca non avevano diritti civili, non venivano tutelate dallo Stato, che lucrava sul loro lavoro, erano schedate presso la questura e non potevano fare un passo senza che le autorità ne fossero informate; vivevano una doppia reclusione, sia nella vita professionale, costrette a tenere le persiane delle loro stanze sempre socchiuse, e sia nella vita personale. Dietro quelle “signorine“, raccontate in “Altri tempi“, si nascondevano storie, violenze, soprusi, abusi, illusioni che le avevano portare a mercificare il loro corpo, la sola e unica cosa che possedevano per sopravvivere. Ed è proprio contro questa vendita al macello della dignità femminile, che si battè in quegli anni la senatrice socialista, Lina Merlin, che lottò anche contro i membri del suo stesso partito affinché la legge che obbligava la chiusura delle “case chiuse” venisse attuata, che fosse abolita la registrazione delle prostitute e che venisse indetto il reato di sfruttamento della prostituzione.
La legge Merlin del 1958 ha sicuramente restituito dignità e orgoglio alla donna, ma non ha risolto né tantomeno arginato il problema della prostituzione in Italia. Solo alcune di quelle ragazze sono state reintegrate nella società attraverso un piano di recupero predisposto dalla legge, le altre hanno continuato a fare la “vita” per strada.
Siamo nel 2013 e la situazione non è cambiata per nulla. Quelli erano “Altri tempi“, ma non così diversi dai nostri, anzi per niente. Ogni giorno in Italia e nel mondo, giovani donne che provengono dai paesi più poveri e disagiati del globo vengono messe sulla strada, vendute al miglior offerente, vivono in posti improvvisati, in condizioni igienico-sanitarie precarie, e quel poco che guadagnano lo spediscono alle famiglie che vivono lontane. Sono state tradite dalle aspettative che nutrivano di poter vivere una vita migliore, sono cadute nelle mani di faccendieri e “carogne“, sono state ingannate dai loro stessi sogni. Vedendole agli angoli dei marciapiedi, di notte, con la pioggia, con il freddo, ci viene da chiederci se una volta non stessero meglio, se in quegli “Altri Tempi” almeno potessero contare su una casa dove ripararsi, potevano mangiare, bere, riposare al caldo. La prostituzione è un qualcosa che non si cancellerà probabilmente mai, ma oggi la tanto contestata legge Merlin torna a far parlare di sé, e in molti pensano che vada modificata.
Intanto continuano a riecheggiare le parole della senatrice che in un’ intervista a Oriana Fallaci per L’ Europeo nel 1963 si esprimeva così: “La prostituzione non è mica un crimine, è un malcostume. La mia legge mirava solo a impedire la complicità dello Stato. La differenza tra le clandestine e le regolamentate è la stessa che passerebbe tra i ladri autorizzati a rubare e i ladri che come in tutto il mondo rubano di nascosto”.