Torna a Roma, al teatro Sistina, “Jesus Christ Superstar” l’opera Rock per eccellenza. Abbiamo intervistato Pilato, interpretato da Andrea Di Persio.
Cosa vuol dire essere un attore? Cosa vuol dire interpretare qualcun altro e nel frattempo essere sè stessi? Ogni artista ha una sua opinione a riguardo, ma di sicuro, andare in scena e fare l’attore lo si fa “solo per passione”, come ci ha ricordato Andrea Di Persio, raggiunto al telefono dopo il debutto di ieri sera al Sistina. Gli abbiamo fatto anche qualche domanda sul suo esordio da romano, nel teatro più importante di Roma. Ecco cosa ci ha raccontato.
Intervista esclusiva ad Andrea Di Persio
Andrea buonasera, ieri sera c’è stato il debutto romano del vostro spettacolo, com’è andata?
Dopo 8 mesi di tour, tra Amsterdam, Bulgaria e Spagna, per me e anche per gli altri, è stato molto emozionante debuttare a Roma. Tutti eravamo estasiati, ma devo confessarti che per me da romano è come se fosse stato il vero debutto per cui se ci penso ancora tremo, però alla fine è andata bene.
Com’è il pubblico estero rispetto a quello italiano?
Portiamo in scena questo spettacolo in lingua originale e fortunatamente non abbiamo grandi problemi di comprensione, delle volte in altri paesi utilizziamo anche scritte. Quando siamo andati fuori, abbiamo notato che sono molto più attenti alla parte tecnica. Questo perché hanno una tradizione più forte della nostra rispetto a l’opera rock e viene apprezzata maggiormente. Ho visto bimbi di 8, 10 anni che sanno a memoria tutto lo spettacolo,ma anche da noi ci sono fan che sanno sempre stupirci.
Ci hanno sempre affascinato le sensazioni che provano gli artisti, cosa provi ogni volta che sali sul palco e vai in scena?
È un lavoro che non fai certo per scelta economica, si fa solo per la passione e per amore della recitazione. Ogni volta che salgo sul palco provo quel brivido lì, indescrivibile.Addirittura ieri quando siamo entrati inscena, sul primo brano “il sogno di Pilato”,per un attimo mi si è anche rotta la voce, talmente ero emozionato. È difficile dargli una definizione, ma sicuramente è quello che ti muove ed è quello per cui tu sei felice di salire sul palco.Un altro aspetto importante è quella linea di energia che si crea con il pubblico, quello che loro ci restituiscono ogni sera ti ricorda che è quello che vuoi fare.
Questo mestiere essendo mossi dalla passione, è come una vocazione, come hai scoperto che questo era il tuo destino?
Da piccoli siamo delle personalità un po’ più artistiche.Durante le recite natalizie e non, è come se stai facendo teatro, in quei momenti mi hanno sempre colpito i bimbi che riescono a tenere banco anche con i grandi. Diciamo che quello da bambino, è stato un primo incontro, ma In realtà quella che chiami “vocazione” ce l’ho avuta tardi, a 27 anni. Ho studiato molto e mi sono preparato, poi quando la prima volta mi sono trovato di fronte a un pubblico grande ho capito che la sfacciataggine ha prevalso sulla paura e ha fatto sì che mi ha fatto capire che questo era quello che volevo fare da grande.
Conoscevi già l’opera Jesus Christ Superstar? Come sei arrivato a questo ruolo?
Il mio primo approccio avvenne nel 2000 quando Carl Anderson, il Giuda del film, si esibì a Roma. Andai allo spettacolo e rimasi estasiato. Ho iniziato, parallelamente al mio percorso con le rock band, a interpretare 5 ruoli almeno a livello amatoriale.Nel 2014 ci furono le audizioni e non andarono bene ma Massimo Romeo Piparo rimase colpito da qualcosa, gli rimase in testa questo nome, poi mi ha richiamato e mi ha reso una delle persone più felici del mondo.
Questo spettacolo vede ancora una volta il mitico Ted Neeley protagonista, com’è da vicino un mito come lui?
Ted è una forza della natura. Pensa che ieri sera, vedendomi così emozionato, mi ha fatto fare una tecnica respiratoria molto empatica che facevano lui e Carl. Ha capito che mi serviva una mano perché aveva visto nei miei occhi un po’ di timore verso il pubblico del Sistina. Poi ha detto “Bene, ora io e te siamo una cosa sola”. Quell’uomo ha un’energia incredibile, da fuori non so se si nota ma quando tante volte facciamo due messe in scena nella stessa giornata, sulla seconda replica spesso siamo tutti molto provati e, nonostante le 2 ore abbondanti, riesce a essere più energico di tutti, dispensa consigli, abbracci. Simpaticamente lo chiamiamo “Il distributore automatico di abbracci e di energia”. Se sei stanco sai che vai da lui e ti rimette in pace col mondo.
Lei che è un artista affermato nel mondo dei musical e nelle opere cantate, sente che manca qualcosa alla sua carriera? Hai dei progetti futuri?
Io vorrei finire la mia carriera facendo questo.Non vorrei essere autocelebrativo ma al momento stare in questa compagnia, con un cast di professionisti, una produzione così importante che ti segue passo passo, essere in scena con un’opera di questa portata, avere accanto artisti come Ted mi fa pensare che non potrei ambire a qualcosa di più, in questo momento. Infatti continueremo anche nel 2019 con il tour di questo spettacolo e vorrei continuare a farlo per molto tempo. Poi, certo, vita non si sa mai cosa ti puoi aspettare, proprio come non mi sarei mai aspettato che a 27 anni ho capito che questo sarebbe diventato il mio destino.