Ape e Rita: ecco quali saranno i due punti chiave degli interventi che il Governo intende attuare per regolare la flessibilità in uscita e le pensioni anticipate. Certo, sono ancora diversi i punti da chiarire di questa sorta di riforma: per quanto riguarda le penalizzazioni sugli assegni anticipati si parla di un minimo dell’1% fino ad un massimo dell’8% per ogni anno di anticipo, con una media che si aggirerebbe tra il 3 e il 4%, e poi c’è da approfondire il discorso relativo alla selettività, ovvero l’applicazione di decurtazioni diverse a seconda delle tipologie di lavoratori. Il terzo nodo da sciogliere, che per molti è quello più delicato, è come far rientrare questi interventi nei vincoli imposti dall’Europa in ambito previdenziale.
Ape e Rita: come funzionerà il meccanismo di flessibilità in uscita?
Abbiamo già parlato dell’Ape, l’anticipo pensionistico: per ridurre l’impatto della sua introduzione il Governo starebbe pensando alla Rita, ovvero la rendita integrativa temporanea anticipata. Questo strumento a partire dal 2017 dovrebbe consentire alle persone con più di 63 anni (parliamo quindi delle classi 1951, 1952 e 1953) che abbiano raggiunto i requisiti per la pensione anticipata e che abbiano aderito alla pensione complementare di incassare immediatamente una quota della pensione integrativa. In questo modo il prestito che si dovrebbe emettere per l’erogazione dell’assegno “anticipato” si ridurrebbe, in alcuni casi anche fino alla metà. Il prestito verrà garantito dalle banche e il piano di rimborso per la sua restituzione prevede una durata di venti anni.
In realtà il progetto Ape e Rita ha già scatenato diverse polemiche: c’è infatti chi sottolinea che il lavoratore che usufruisce dell’uscita anticipata alla fine si ritrova a pagare due volte: la prima con il prestito erogato dalle banche e la seconda con la “violazione” della pensione integrativa. In pratica quasi tutto il peso economico del meccanismo sarebbe sulle spalle dei lavoratori, con lo Stato che limita di parecchio l’entità del suo intervento.
Il nodo delle penalizzazioni e il confronto con i sindacati in tema di pensioni
Una soluzione del genere infatti costerebbe allo Stato solo 500/600 milioni: i primi tre anni avranno natura sperimentale. Ma prima, come detto, si devono superare tutte quelle incognite che ancora gravano sul meccanismo. Le penalizzazioni probabilmente saranno molto vicine allo zero per i disoccupati di lungo corso; saranno leggermente più alte per i lavoratori che sono coinvolti in crisi aziendali e saranno ancora maggiori per chi invece opta volontariamente per la pensione anticipata. I tagli minimi e massimi sugli importi che il Governo intende proporre probabilmente non saranno molto graditi dai sindacati (il confronto è già iniziato da qualche giorno), che probabilmente non apprezzeranno neanche la suddivisione dei lavoratori in tre sole categorie per la selettività. L’Esecutivo ha già fatto sapere che entro la fine di questo mese ripartirà il dialogo con le organizzazioni sindacali (che chiedono la convocazione immediata di un tavolo specifico sul tema della previdenza), aggiungendo però che quando sarà il momento deciderà in completa autonomia.