In un anno in cui grandi nomi e talenti come Tarantino e Inarritu hanno aggiunto l’ennesimo capolavoro alla loro filmografia, non potevano mancare i fratelli Coen, che dopo tre anni tornano sugli schermi con Ave Cesare, un film che deve essere visto al cinema, merita di essere apprezzato, ed è fratello riconoscibile dei film precedentemente regalatici dai due cineasti in molti aspetti.
Sebbene non sia la pecora nera della famiglia Coen, non è appagante come altri storicamente brillanti come “Fargo” o “Il Grande Lebowski”, essendo il genere della commedia quello che insegue la sceneggiatura.
Recensione di Ave Cesare, film dei fratelli Coen
Siamo nel 2016, ad oggi molti registi riescono a dar vita a prodotti esteticamente di qualità, definizione altissima e luci ben studiate, ed attrezzature che riescono a tenere alto il nome di molti direttori della fotografia dei giorni nostri. Riusciamo a vedere le rughe sotto gli occhi di Cate Blachett ed il folto pelo di Chewbacca, ma chi oltre alla qualità ci offre l’originalità o meglio la riconoscibilità sono proprio i Coen, con le loro luci che inseguono ed accompagnano la trama del film, le immagini tanto studiate nelle inquadrature quanto nei colori, che mantengono un tratto comune in tutti i loro capolavori, perché sì, anche “Hail, Caesar!” è un capolavoro.
Una nota più che positiva va agli attori, azzeccati non solo nell’estetica, che riprende i canoni del periodo in cui è ambientata la storia, ma anche nella recitazione, con la quale spesso danno forza a momenti di sceneggiatura che altrimenti sarebbero piuttosto deboli. Il soggetto, la storia, è geniale. La trama è un’idea che si presta ad una commedia ed è una trama coeniana, piena di assurdi realistici e di colpi di scena, ma la sceneggiatura in toto non ne è stata una brava compagna.
Sebbene ci siano battute brillanti, che non fanno uscire le lacrime dagli occhi ma fanno comunque sorridere e ridere di gusto, nel complesso si incontrano spesso tempi lenti, in cui frasi giuste e intuizioni geniali, comunque meno coeniane del solito, si perdono in tempi troppo dilatati ed in dialoghi o monologhi troppo estesi e poco ritmati.
L’attenzione c’è e rimane per tutto il film, grazie appunto a fotografia e recitazione che ci mantengono ben curiosi e divertiti, ma il montaggio e la sceneggiatura non sono gli stessi che in altri film dei Coen Bros ci facevano interiormente esclamare “Geniale!”. Necessità narrativa? No, dispersione. Un ritmo che non vanta il marchio Coen.
Un gran complimento va ovviamente ai reparti di costume e scenografia che, valorizzati dalla stupenda ed appunto Coeniana fotografia, sono strepitosi.
Dunque, vale la pena vedere “Hail,Caesar!”, vale la pena ridere per le espressioni di George Clooney, per l’elegante sarcasmo di Fiennes, per l’ottimo personaggio di Tatum ed apprezzare la bellezza e la sensualità della Johansson. Vale la pena godere delle immagini e delle ambientazioni, e di quelle parti della sceneggiatura che vi divertiranno e che comunque valgono senza dubbio il biglietto ed un applauso finale, ma i fan aspetteranno un ritorno sugli schermi più coeniano di questo.
Penso invece che sia un filma magistrale, ironico, demenziale, raffinato, colto; ha un solo limite è creato per alcune generazioni e non per tutte, è creato per persome mediamente colte che sanno cosa sono stati gli anni cinquanta-settanta, che conoscono il pensiero filosofico che ha influenzato quella sinistra intellettuale degli anni Sessanta, ecc. ecc.; ma in particolare è stato scritto e prodotto per quanti riescono a guardarsi con un po’ di autoironia.