Il prezzo del petrolio continua a scendere, ma gli italiani ormai hanno imparato a non illudersi: tra accise e margini dei petrolieri il prezzo della benzina proseguirà a salire. Secondo alcuni quotidiani, neanche se la quotazione del greggio scendesse al di sotto dei venti dollari al barile il prezzo della benzina tornerebbe sotto l’euro.
La responsabilità degli aumenti del prezzo della benzina
Di chi è la responsabilità di questo andamento del prezzo della benzina completamente slegato da quello del petrolio? Senza dubbio dei petrolieri, che continuano ad utilizzare come scusa i maggiori costi di raffinazione, ma anche (e soprattutto) dello Stato: i Governi che si sono succeduti nel corso degli anni non sono riusciti a tagliare gli sperperi e le spese inutili, ma si sono rivelati sempre pronti a inserire nuovi balzelli e accise.
E piano piano, centesimo su centesimo, siamo arrivati alla situazione in cui lo Stato, per ogni litro di verde, incassa 1,012 euro tra accise i Iva. Con queste condizioni non ci sono crisi economiche, svalutazioni dello yuan cinese o crolli delle quotazioni del greggio che tengano: il prezzo della benzina in Italia rimane sempre troppo alto.
Il calo della quotazione del greggio non è mai stato seguito da un calo dei prezzi della benzina al distributore che possa essere considerato corrispondente. Dall’inizio del 2015, il prezzo del Brent è calato del 15%, ma il prezzo delle benzina verde (i dati sono rilevati dal Ministero dello Sviluppo Economico) è cresciuto del 4%.
Il margine dei petrolieri
Anche in un periodo in cui le accise sono rimaste bloccate, il prezzo della benzina è cresciuto: in questo caso la colpa può essere attribuita solo ai petrolieri, che però continuano a dire che loro sono quelli che assorbono i rialzi del greggio ed evitano che ricadano sulle spalle dei consumatori finale: in altri termini, l’aumento dei margini di profitto quando cala il prezzo della materia prima sono un risarcimento.
Ma se quando il prezzo del petrolio scende quello della benzina si aggiusta di poco e molto lentamente, quando la quotazione del greggio sale, i prezzi ai distributori vengono corretti verso l’alto alla velocità della luce. Il petrolio è andato sotto quota 49 dollari al barile come nel 2009, ma il costo industriale (che dipende dalle compagnie petrolifere) è salito del 28,3% rispetto ad allora.
Gli aumenti delle imposte sui carburanti: Iva e accise
Aggiungiamo il fatto che in questo periodo le imposte sono aumentate senza soluzione di continuità: l’Iva è arrivata al 22% e le accise (tra decreti Salva Italia e clausole di salvaguardia varie) sono salite da 0,564 a 0,728 euro al litro: in 6 anni le tasse sui carburanti sono aumentate del 33%, mentre il prezzo della benzina è, complessivamente, cresciuto del 36%, annullando l’effetto del calo delle quotazioni del greggio e dell’euro, due fattori che avrebbero potuto dare una spinta importante alla ripresa.