I BRICS stanno per ribaltare gli equilibri globali del potere?
Il sito del Sole 24 Ore ha descritto l’incontro dei paesi dei Brics che c’è stato a Durban il 26 e 27 marzo, totalmente sottaciuto dal resto della nostra stampa e dalle nostre Tv, in questo modo: “Sono le economie più dinamiche del mondo e vogliono continuare a crescere, per contare sempre di più sullo scenario globale. Sono i Paesi Brics – Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica – che a Durban si incontrano per un summit nel quale tracciare le strategie comuni. ‘Recentemente – spiega Goolam Ballim, capo economista della Standard Bank – sembra che questi Stati abbiano costituito un’alleanza per dare vita a una sorta di entità politica, nel senso che hanno interessi comuni e possono portarli avanti in modo multilaterale, facendo valere le proprie istanze su temi cruciali come i cambiamenti climatici, il commercio e le tensioni monetarie‘. Tradizionalmente, il flusso commerciale si muoveva dai Brics verso le nazioni occidentali, ma negli ultimi tempi si è registrata un’inversione di tendenza, con collaborazioni tra loro e sempre più esportazione delle proprie tecnologie. E così è un fatto normale oggi che un’azienda aerospaziale sudafricana sigli l’intesa continentale con la Russian Helicopters. ‘Non stiamo riducendo i legami con le compagnie occidentali – spiega Mike Kgobe, direttore della Denel Aviation – e continueremo a mantenerli. Ma crediamo che stabilirne di nuovi sia solo una buona cosa per il Sudafrica’.Il fatto che questo summit, il quinto dei Paesi Brics, si tenga in Africa assume un valore particolare: proprio sullo sviluppo del Continente Nero si giocano infatti molte delle scommesse delle potenze emergenti. Scommesse che potrebbero, in tempi relativamente brevi, ribaltare gli equilibri globali del potere.”
Faccio notare che i cinque paesi di cui parliamo rappresentano il 40% della popolazione mondiale e quasi un terzo del PIL mondiale in termini di potere di acquisto comparato. In poco più di un decennio, il PIL combinato dei BRICS è cresciuto da circa 3.000 miliardi di dollari a più di 13.000 miliardi. Gli investimenti diretti esteri nelle cinque nazioni sono più che triplicati negli ultimi dieci anni, fino a una cifra stimata di 263 miliardi, nel 2012. Mentre gli scambi intra-BRICS sono saliti da 27 miliardi nel 2002 a 282 miliardi nel 2012.
Questo vertice ha sancito una novità, nel lancio del progetto della creazione della Banca per lo Sviluppo BRICS, che avrà come scopo principale il sostegno a progetti di infrastruttura e sviluppo sostenibile e consentirà ai paesi del BRICS di usare le proprie monete per gli scambi commerciali fra di loro, includendo uno yuan globalmente convertibile, fuoriuscendo per la prima volta dal dominio del dollaro.
La BRICS Development Bank venne proposta dall’India al vertice dello scorso anno, in risposta alle critiche da parte delle nazioni in via di sviluppo verso gli attuali creditori come la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale, dominati dai governi occidentali. I Paesi BRICS dichiarano, inoltre, che l’attuale equilibrio del potere globale è impraticabile, mentre le istituzioni come Banca Mondiale, FMI e Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sono irrilevanti davanti ai problemi dell’economia globale.
I leader di Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa hanno anche ratificato in questo vertice di Durban due accordi: un accordo multilaterale per il cofinanziamento infrastrutturale per l’Africa, e uno per la cooperazione multilaterale nel co-finanziamento dello sviluppo sostenibile. Uno dei risultati più importanti del vertice di quest’anno è la formazione di un nuovo Consiglio per gli affari dei BRICS composto da cinque membri per ciascuno dei Paesi membri. Il Consiglio si riunirà due volte all’anno e presenterà una relazione in ciascuna delle riunioni annuali dei BRICS. Gli obbiettivi chiave del Consiglio sono il rafforzamento delle relazioni commerciali, la promozione dei rapporti commerciali, del trasferimento tecnologico e della cooperazione nei settori bancario, dell’economia verde, della produzione e dell’industrializzazione.
Questo vertice ha smentito sia l’esistenza di divisioni fra i paesi del BRICS sia una crisi economica della Cina, speranze su cui puntavano commentatori americani ed europei. A smentita della crisi cinese, portiamo il parere di Jim O’Neil, di Goldman Sachs, che segnala che anche se la Cina è cresciuta economicamente “solo” del 7,7% nel 2012 “ha creato, in 11 settimane e mezza, l’equivalente dell’economia greca”. Secondo O’Neil il rallentamento della Cina è stato “strutturale e ciclico”, un ciclo pianificato per riuscire a controllare il riscaldamento e l’inflazione.
Di fronte a questo processo i punti di valutazione politica che non solo la sinistra ma ogni persona di buon senso dovrebbe fare sono sinteticamente i seguenti:
1) Siamo di fronte ad una novità e ad una tendenza mondiale. Mentre assistiamo ad una crisi economica occidentale assolutamente inedita dal dopoguerra, si manifesta incontestabilmente una crescita inarrestabile dei BRICS e di altri paesi del Sud del mondo. Il Sud globale ex-colonizzato sta superando ad una velocità vertiginosa il Nord ex-colonizzatore nella gara economica.
2) Ci sono caratteristiche comuni dei paesi del Brics che li hanno messi al riparo dalla crisi ? Di sicuro ce ne sono due: un ruolo forte dello Stato nel controllo dei processi economici, del potere dei grandi gruppi monopolistici e del sistema finanziario; economie a prevalenza produttiva rispetto alla finanza.
3) Nei cinque paesi del BRICS c’è la presenza di forti e influenti partiti comunisti al governo o con influenza di massa sui governi, cosa questa di cui nessun organo di informazione occidentale dice mai niente (nella tesi bugiarda della sparizione dei comunisti dopo il crollo dell’Urss).
In conclusione, pur senza fare di questi paesi modelli validi per il nostro o per i nostri paesi europei, per le grandi diversità storiche, culturali, istituzionali, sociali esistenti, molte delle quali vanno però riducendosi, ci sono degli insegnamenti da trarre e quanto meno, quando si parla di crisi, c’è da fare una valutazione mondiale e non solo limitata al sempre più stretto occidente.