Continua a crescere sempre di più l’utilizzo da parte delle aziende dei buoni lavoro (detti anche voucher) per il pagamento delle prestazioni di lavoro accessorie: da quando lo strumento è stato introdotto nell’agosto del 2008, ne sono stati usati più di 212 milioni. L’Inps in queste ore ha pubblicato sul suo sito le statistiche relative al lavoro accessorio per il primo semestre dell’anno in corso con un’analisi della distribuzione dei buoni lavoro.
Un milione di persone pagate con i buoni lavoro
Con il passare degli anni la vendita dei voucher è andata in progressivo aumento, infatti tra il 2012 e il 2014 è stato registrato un aumento medio del 70%. Nei primi sei mesi di quest’anno questa tendenze è stata confermata, con un tasso di crescita del 75%. Con la crescita della vendita dei buoni lavoro venduti sono aumentate anche le persone che vengono retribuite con questo strumento: nel 2014 il dato ha superato il milione di unità.
Il maggior numero di buoni lavoro è stato utilizzato nel settore del commercio (18%), ma anche nei servizi (13,7%) e nel turismo (13%) lo strumento ha ottenuto un ottimo successo Dal punto di vista geografico si riscontra una maggiore diffusione dei voucher nell’area settentrionale del Paese, soprattutto nel Nord-Est, dove ne sono stati venduti 82 milioni (il 38,7% del totale).
La maggior diffusione dei voucher e le polemiche
La Regione che ne ha acquistati di più è la Lombardia (37,5 milioni), che precede il Veneto (quasi 30 milioni) e l’Emilia Romagna (più di 23 milioni). Inizialmente i buoni lavoro potevano essere acquistati solo tramite le sedi Inps o attraverso una procedura telematica; adesso possono essere trovati anche nelle Banche Popolari, presso i Tabaccai e negli Uffici Postali: senza dubbio la maggiore semplicità nel procurarsi i voucher, insieme all’estensione dei campi dove è possibile utilizzare il lavoro accessorio, ha contribuito ad una maggiore diffusione dei buoni lavoro.
Sui voucher c’è sempre stata un’aperta battaglia, una netta divisione tra chi sostiene che siano un ottimo strumento per combattere il lavoro in nero e chi invece sostiene che possano essere utilizzati per sfruttare determinate categorie di lavoratori (soprattutto disoccupati o cassaintegrati in età avanzata e i precari) senza nessun tipo di tutela e fuori dai contratti nazionali