In questo articolo parleremo della Normativa sui Buoni Pasto in vigore nel 2019, presentando quelle che sono le ultime news in relazione alla fruizione di tale benefit da parte di dipendenti pubblici e privati e capiremo, prima ancora di addentrarci in questo tema, chi sono i soggetti che hanno diritto ai ticket restaurant e quali sono i modi in cui i buoni pasto vengono erogati.
Buoni Pasto Normativa 2019: a chi spettano e come sono erogati
I buoni pasto sono una forma di benefit che il datore di lavoro concede ai propri dipendenti e collaboratori, sia part-time che full-time, sia nel settore pubblico che privato. Di norma, il benefit in forma di buoni pasto viene erogato ai dipendenti di aziende pubbliche o private che non siano dotate del servizio di mensa aziendale, in modo che I lavoratori possano impiegare i ticket restaurant per fruire di un pasto e/o spesa alimentare presso esercizi e locali convenzionati.
I buoni pasto sono erogati a cadenza mensile in diversi modi: in formato cartaceo (sotto forma di veri e propri blocchetti di ticket, il cui numero è calcolato in funzione dei giorni lavorati dal dipendente nel mese precedente): il lavoratore può così consegnare i buoni direttamente alla cassa dell’esercizio convenzionato presso il quale acquista il cibo o il pasto; in formato elettronico, cioè mediante una carta prepagata intestata al dipendente e ricaricata dell’importo previsto dal contratto di lavoro su base mensile, con la quale il lavoratore paga la spesa o i pasti in esercizi convenzionati; direttamente in busta paga: il datore di lavoro accredita sulla busta paga del dipendente l’emolumento corrispondente all’importo stabilito in contratto per l’acquisto di cibo e/o dei pasti mensili. I buoni vengono quindi erogati ogni mese dal proprio datore di lavoro in una delle modalità descritte.
I buoni pasto possono essere spesi solo presso esercizi di ristorazione e somministrazione di generi alimentari e bevande o supermercati convenzionati. Il valore dei buoni pasto è variabile: l’importo minimo è di 2,00 euro e quello massimo di 15,00 euro anche se, di norma, il valore medio di un buono è di circa 8,00 euro. Per verificare se si ha o meno diritto ai buoni pasto è possibile controllare il CCNL di riferimento, in cui sono presenti le indicazioni riguardanti i ticket restaurant, il diritto a riceverli e le modalità in cui possono essere erogati, o controllare il proprio contratto di assunzione, dal momento che in alcuni casi, seppur non presenti in CCNL, il datore di lavoro può introdurli di sua volontà nel contratto dei dipendenti, come benefit professionali.
Una disciplina particolare vale per i buoni pasto in relazione alla maternità: la lavoratrice ha diritto ai buoni pasto sia durante il congedo di maternità anticipato che obbligatorio, dal momento che le ore di congedo si equiparano a quelle di lavoro, così come quelle di allattamento. A tali buoni hanno quindi diritto sia le lavoratrici pubbliche che le dipendenti del settore privato mentre non si ha diritto ai buoni pasto durante il congedo parentale. Per verificare queste condizioni è, come detto, indispensabile prendere visione del proprio CCNL e del contratto di assunzione. I buoni non sono cumulabili oltre la misura di 8 e non sono in alcun modo cedibili a terzi, scambiabili o vendibili in cambio di denaro.
I buoni pasto per dipendenti pubblici e privati sono esenti da tasse fino all’importo di 7,00 euro. L’azienda che li acquista per erogarli ai dipendenti può detrarre l’Iva fino al 4% mentre i liberi professionisti e le ditte individuali che li comprano possono detrarre l’Iva al 10% e detrarre fino al 75% del costo sostenuto per acquistare i buoni, fino al limite del 2% del fatturato dell’azienda. Le società che acquistano ticket restaurant per i dipendenti possono detrarre il 100% della spesa sostenuta per i buoni pasto e possono godono di Ires al 100%.
I buoni pasto hanno, infine, una data di scadenza: essa varia a seconda delle disposizioni del datore di lavoro e della società che emette i buoni pasto. In alcuni casi, essi devono essere spesi in corrispondenza della giornata di lavoro, in altre circostanze entro il mese in corso. Nel caso in cui i buoni raggiungessero la data di scadenza senza essere stati utilizzati è bene sapere che non sempre possono essere recuperati: questo dipende da cosa è previsto nel CCNL del dipendente pubblico o privato e dall’accordo in atto tra il datore di lavoro e l’azienda erogatrice dei buoni. Per scoprire qual è la data di scadenza dei buoni e per conoscere le modalità di rimborso o restituzione di buoni non spesi, scaduti o smarriti è bene rivolgersi all’ufficio personale della propria azienda.
Normativa Buoni Pasto 2019: news per dipendenti pubblici e privati
Per quanto riguarda il 2019, la normativa relativa ai buoni pasto destinati a dipendenti pubblici e privati ha visto l’introduzione di alcune modifiche, attive già a partire dal settembre 2018, recependo le disposizioni introdotte dal decreto del Mise (Ministero dello Sviluppo Economico) 122/2017, che ha prodotto significativi cambiamenti riguardo alla disciplina dei servizi “sostitutivi di mensa”, tra i quali, ovviamente, i buoni pasto. La novità più rilevante consiste nel fatto che nel 2019 è possibile la cumulabilità di fino a 8 buoni pasto per acquistare prodotti alimentari nei supermercati ma anche negli agriturismi o nei mercatini mentre non cambia invece il principio della non trasferibilità dei ticket restaurat, che non possono quindi in alcun modo essere ceduti al coniuge o a terzi.
Per quanto riguarda i buoni cartacei il decreto del Mise ha stabilito che su ogni ticket dovrà essere riportato il codice fiscale o la ragione sociale del datore di lavoro, il codice fiscale o la ragione sociale della società che emette i buoni pasto, il valore facciale del buono espresso in euro, la data di scadenza dei buoni, uno spazio in cui deve essere indicata la data di utilizzo del buono e sia riportata la firma del titolare dell’esercizio convenzionato in cui il buono pasto è stato consumato, il timbro dell’esercizio e la dicitura: “Il buono pasto non è cedibile né cumulabile oltre il limite di 8 buoni, né commercializzabile o convertibile in denaro”.
Rispetto ai buoni pasto elettronici, il decreto del Mise ha previsto che, affinché possano essere considerati validi, devono contenere tutte le informazioni previste dalla normativa e cioè che i dati del dipendente, del datore di lavoro, la ragione sociale del datore di lavoro e della società che emette i buoni, ecc. debbano essere presenti elettronicamente all’interno di ogni carta prepagata, che la data di scadenza dei buoni ed i dati che identificano gli esercizi convenzionati vengano associati elettronicamente nel momento in cui il buono viene speso; l’obbligo di firma del titolare del buono pasto non sussiste più poiché il numero della carta e il codice che ne identifica il titolare vengono associati nel momento in cui il buono è speso mentre la dicitura che sancisce la non trasferibilità dei ticket è riportata in formato elettronico.
Il decreto del Mise relativo ai buoni pasto destinati a dipendenti pubblici e privati sancisce anche la natura di documento del buono pasto: esso sta a rappresentare il diritto del suo titolare di beneficiare del servizio sostitutivo di mensa per la cifra prevista dal valore facciale del buono stesso mentre per l’esercente il ticket rappresenta la prova dell’emissione della prestazione nei confronti della società che emette i buoni. Il decreto stabilisce anche quali sono gli oggetti della transazione che si può effettuare con i buoni pasto; in particolare, quindi, la transazione consiste nella somministrazione di bevande ed alimenti e nella vendita di prodotti alimentari pronti per il consumo, da svolgersi presso esercizi convenzionati.
Il decreto specifica quali siano tali esercizi convenzionati, ampliandone il novero: dal settembre 2018 i boni pasto sono infatti spendibili presso ristoranti, bar e altri esercizi dediti alla somministrazione di cibi e bevande, mense aziendali o interaziendali, vendite al dettaglio di generi alimentari, vendita al dettaglio da parte di artigiani (laboratori, caseifici, prosciuttifici, spacci aziendali, ecc.), vendita al dettaglio e al consumo sul posto di prodotti alimentari provenienti da fondi appartenenti ad imprenditori agricoli, coltivatori diretti o semplici contadini, agriturismi, attività di ittiturismo.
Il decreto stabilisce definitivamente che i buoni pasto possono essere utilizzati da dipendenti a tempo pieno o part time e collaboratori, anche in situazioni lavorative in cui non sia prevista la pausa pranzo. I buoni non sono più obbligatoriamente da consumare durante il corso della giornata di lavoro e sono finalmente cumulabili fino alla misura di 8. Infine, essi permangono assolutamente non trasferibili e cedibili e viene sancita la loro corrispondenza al valore facciale che non permette quindi che all’intestatario siano restituiti resti in denaro contante.
Dal punto di vista fiscale la tassazione sui buoni pasto mantiene l’esenzione già prevista dalla precedente normativa e ammontante a 7,00 euro per i buoni elettronici e a 5,29 euro per i buoni cartacei. Oltre tali soglie i buoni pasto sono soggetti alla tassazione e alla contribuzione prevista rispetto alla quota eccedente. Infine, per quanto riguarda eventuali sanzioni, il decreto Mise non ha introdotto modifiche alla normativa precedente nell’eventualità di utilizzazione impropria dei buoni pasto; in ogni caso sia il Mise che il Ministero dei Trasporti e l’Anac effettueranno il monitoraggio degli effetti dell’introduzione della nuova normativa con la facoltà di integrare e modificare le disposizioni a cui si è addivenuti entro 18 mesi dall’entrata in vigore.