Il Sappe ha lanciato l’allarme relativo al fondamentalismo islamico nelle carceri italiane: come era lecito attendersi, quello che è accaduto a Parigi la settimana scorsa sta avendo conseguenze anche nel nostro palese e con il clima di paura che si è creato le speranze che le richieste di amnistia e indulto vengano accolte si fanno sempre più ridotte.
Almeno cento detenuti sotto stretta osservazione
Già dopo l’attacco al Charlie Hebdo di inizio 2015 una cinquantina di detenuti stranieri ritenuti vicini al fondamentalismo islamico vennero messi sotto stretta osservazione; adesso dopo i fatti di Parigi il livello di allerta nei penitenziari è ulteriormente salito e secondo alcune fonti il numero delle persone monitorate è come minimo raddoppiato. Il Sindacato Autonomo della Polizia Penitenziaria lancia un allarme: non si può escludere che all’interno degli istituti penitenziari alcuni soggetti (imam o altre persone di fede islamica) possano stringere legami e portare alla radicalizzazione di altri detenuti.
L’attività di monitoraggio ha dimostrato che durante l’ora d’aria non erano rari gli incontri tra imam e altre persone: in queste conversazioni si faceva proselitismo e si inneggiava alla jihad. La radicalizzazione all’interno delle celle è un fenomeno che non va sottovalutato e che, come sottolinea sempre il Sappe, è stato accompagnato da un altro fattore, ovvero quello dei pizzini che durante i colloqui arrivavano all’intero delle carceri per giungere alle cellule dormienti.
Nelle carceri terreno fertile per la radicalizzazione del fondamentalismo islamico
All’interno delle celle gli imam ricoprono un ruolo importantissimo: 10 sono quelli autorizzati ad entrare nelle carceri, ma in alcuni casi si tratta di predicatori dell’odio, dei veri e propri indottinatrori che tra le mura dei penitenziari trovano l’ambiente ideale per individuare i nuovi arruolati per la jihad. È innegabile che la radicalizzazione è più semplice sui soggetti che vivono in condizioni di malessere, disagio o dipendenze dalla droga. I fondamentalisti che vengono tenuti d’occhio nei penitenziari e che hanno subito una condanna per terrorismo sono solo 14, ma la platea degli osservati speciali dalle forze dell’ordine è molto più ampia.
Secondo le statistiche elaborate dall’osservatorio di Antigone, in Italia la percentuale di detenuti stranieri nelle carceri è del 32%, ovvero di 11 punti percentuali più alta della media europea; tra gli immigrati clandestini che non sono riusciti ad integrarsi nella cultura del popolo che li ospita i predicatori che operano per conto dei jihadisti trovano terreno fertile per la radicalizzazione: con questi soggetti più preposti gli indottrinatori riescono a stabilire un legame di fiducia talmente stretto dal quale è davvero difficile liberarsi.
Amnisita e indulto: l’allarme allarga il partito dei contrari
Con un allarme di questo tipo il dibattito tra chi chiede interventi di amnistia e indulto e chi invece esclude una possibilità di questo tipo è destinato ad alimentarsi e continuare con toni ancora più accesi. La discussione sui quattro disegni di legge relativi agli atti di clemenza è ancora ferma in commissione: se prima i tempi lunghissimi non lasciavano molte speranze a chi si era schierato a favore di un’amnistia, ora il partito dei contrari che invoca la certezza della pena come unico deterrente per i reati sembra decisamente più nutrito. Intanto nelle carceri la situazione continua ad essere tragica, a discapito dei detenuti e delle persone che lavorano all’interno delle strutture.