Le ferie estive hanno bloccato i lavori sulla riforma della Giustizia, ma di certo l’estate non ha placato le polemiche e le richieste di amnistia e indulto o di altri provvedimenti, chiesti a gran voce anche dai rappresentanti dei sindacati della polizia penitenziaria. Ormai è noto a tutti che le carceri italiane soffrono di diversi problemi, dal sovraffollamento alle condizioni igienico sanitarie non ottimali, passando per le difficoltà a cui vanno incontro anche le persone che dentro i penitenziari ci lavorano.
Sei suicidi nelle carceri in un mese
Mentre le proposte di interventi sulle case circondariali e di misure di amnistia e indulto rimangono sui tavoli delle commissioni parlamentari, all’interno dei penitenziari la situazione continua a peggiorare. Dal Sappe fanno sapere che in un mese sono ben sei i detenuti che si sono tolti la vita: non è bastato il calo della popolazione carceraria degli ultimi mesi; servono interventi urgenti, perché la gente nelle carceri continua a morire.
Episodi di violenza all’ordine del giorno
A prescindere dai suicidi, sono praticamente all’ordine del giorno gli episodi di autolesionismo, di violenza tra carcerati o nei confronti degli agenti di polizia penitenziaria. Ed è solo di qualche giorno fa la notizia del ferimento al viso di un assistente di polizia, colpito con uno sgabello durante una lite tra detenuti nel carcere di Cassino. Si tratta solo dell’ultimo di una lunga serie di eventi che dimostrano che le cose devono assolutamente cambiare in tempi brevi.
Serve una soluzione: amnistia e indulto o pene alternative
Donato Capece (Sappe) ha spiegato che una soluzione a questi episodi di violenza potrebbe essere la revisione del tema di amnistia e indulto attraverso un ripensamento del tipo di pena a cui è condannato il detenuto. Secondo le statistiche, chi beneficia di misure alternative ha un tasso di recidiva decisamente inferiore a chi invece sconta la pena “classica” in carcere (19% contro 68,4%); al momento sono forse troppo pochi coloro che riescono ad ottenere una punizione (tra affidamento ai servizi sociali, domiciliari, semilibertà e così via) differente dalla detenzione in cella.