CIPRO: QUEI FIGLI DI TROIKA
I meccanismi di questa crisi si ripetono a tutte le latitudini. L’ultimo episodio del quasi-default cipriota dimostra ancora una volta quanto importante per la finanza internazionale e i poteri sovranazionali europei e mondiali (leggasi Troika) sia fondamentale evitare che qualsiasi paese, anche il più piccolo e insignificante (dal punto di vista del PIL), possa uscire dalla moneta unica, nazionalizzi le banche private in fallimento e dichiari bancarotta evitando di pagare il proprio debito estero. È per questo motivo dunque che a Cipro, piccolo paese europeo, dove le banche nell’orgia finanziario-sessuale del prestito facile si sono indebitate per 8 volte il PIL del paese nel periodo che va dal 2001 al 2011, le “ricette europee” vengono imposte contro la volontà stessa del governo eletto democraticamente.
È di solo qualche mese fa infatti la dichiarazione del presidente Nicos Anastasiades, neoeletto, che disse testualmente: “Absolutely no reference to a haircut on deposits will be tolerated”, ed ora invece è costretto a dire che “l’austerity è l’unica via d’uscita dal default” e che il prelievo forzoso dai conti correnti bancari (9,95% su quelli superiori a 100 mila euro e 6,75% su quelli inferiori) è un sacrificio necessario per il salvataggio del paese. Del paese? O delle banche? Sarebbe questa la domanda da porre al presidente cipriota o ai tecnocrati europei. Ma tant’è. Gli aiuti europei pari a quasi 10 miliardi sono, infatti, solo una parte dei quasi 17 ritenuti necessari per il salvataggio degli istituti bancari dell’isola praticamente falliti.
Le misure sono talmente draconiane che nello stesso Parlamento ci sono forti resistenze, tanto che si sta pensando a rimodulare il prelievo abbassando al 3% quello sui depositi inferiori ai 100 mila euro, alzando a 10% quelli superiori a 100 mila e inferiori a 500 mila e tassando quelli superiori a 500 mila fino al 15%. Il tutto con la benedizione dell’eurogruppo, che ha comunque sottolineato che quello che non dovrà assolutamente cambiare è l’importo finale (5,98 miliardi).
Il fatto curioso è che il piano di salvataggio per Cipro proposto da Fmi e Ue riguarda la Russia da vicino: secondo varie stime, gli asset appartenenti a cittadini o società russe – per la quali Cipro costituisce un deposito offshore – ammontano a circa 20 miliardi di euro. La Russia aveva già accordato nel 2011 un prestito di 2,5 miliardi di dollari alla Repubblica di Cipro, la cui economia è stata messa in ginocchio dai forti vincoli con il settore bancario greco. E per discutere una possibile ristrutturazione di questo prestito, il ministro delle Finanze cipriota, Michalis Sarris, sarà a Mosca mercoledì. Non a caso una volta saputosi del prelievo forzoso sui conti correnti è stato lo stesso Putin a lamentarsi pubblicamente, denunciando il pericoloso precedente che la situazione cipriota ha creato.
In effetti, il “salvataggio” effettuato a Cipro, rompe un tabù finanziario importante. Da questo momento in poi, questo “metodo” potrà infatti essere usato in qualunque paese in crisi dell’Eurozona, Italia compresa. Voci allarmate, parlano di un’operazione in stile cipriota, già a giugno, considerando alcune scadenze finanziare del paese e soprattutto l’instabilità politica che peserà senz’altro sui mercati, facendo innalzare gli spread. Ma da questo punto di vista ci si dimentica che in realtà in Italia il prelievo forzoso è già stato compiuto dal Governo Monti, con l’obbligo di aprire un conto corrente per movimentazioni superiori a 999 euro e con la reintroduzione della tassa sulla casa (IMU). La differenza è che a Cipro lo Stato prende senza chiedere, in Italia obbliga a versare.
Nel frattempo a Cipro le file dei cittadini agli sportelli per ritirare i propri soldi ed evitare il prelievo non si sono fatte attendere, ma il Governo, abilmente, ha giocato d’anticipo e le banche resteranno chiuse fino a martedì, mentre l’annuncio del prelievo è stato dato sabato, cioè con le banche chiuse per il week-end. Insomma nulla da fare.
Appare veramente singolare come poi nei discorsi dei politici e degli stregoni europei, si parli abilmente di “salvataggio” a Cipro. In realtà se di salvataggio si tratta non è certo del paese, semmai delle banche del paese, private, se di “aiuti” si tratta, si tratta di aiuti alle banche per evitare un default che non determinerebbe semplicemente l’insolvenza degli istituti e di conseguenza del paese, ma l’uscita dalla moneta unica. Questo l’Europa, ma anche e soprattutto la Merkel, che vuole rivincere a tutti i costi le elezioni nel suo paese, non lo permettono. Non lo hanno fatto con la Grecia, condannandola ad una situazione economica molto simile a quella in cui versava il paese negli anni ’40 subito dopo la guerra, non lo hanno fatto con Islanda, Irlanda e Portogallo, non lo faranno con la Spagna né tantomeno con l’Italia. Il dato politico di questa vicenda a Cipro infatti è questo: non è consentito uscire dall’euro.
E questo contro qualsiasi residuo di sovranità di qualunque paese. Un governo come quello cipriota, per esempio, appena eletto, con un programma, con delle intenzioni specifiche, si è dovuto piegare esattamente ai diktat della Troika, sconfessando completamente quello che aveva appena promesso in campagna elettorale. Faccia da culo? No figli di Troika.
Aggiornamento delle 19:20
Il Parlamento di Cipro ha respinto il piano di salvataggio concordato con Unione Europea, BCE e Fondo Monetario Internazionale, che tra le altre cose avrebbe comportato il prelievo forzoso dai conti correnti ciprioti. 36 parlamentari hanno votato no, 19 si sono astenuti.
rettifica: Banche chiuse fino a giovedi’…