Lasciando per ora in disparte la questione del Senato, al fine di chiarire in via definitiva la questione relativa all’abolizione del CNEL, ci impegniamo a spiegare le conseguenze e le motivazioni relative del Sì e del No. Ecco alcune informazioni e novità inerenti alla situazione dell’organo in oggetto aggiornate ad oggi, 22 novembre 2016.
Cos’è il CNEL? Quali sono le sue funzioni?
Prima di tutto, l’organo di cui parliamo è l’acronimo di Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro. Si tratta di un ente consultivo creato per venire in aiuto al Governo nelle questioni sociali ed economiche. Istituito dall’articolo 99 del 1957 della Costituzione Italiana, quest’ultimo nacque inoltre per svolgere l’ufficio di proporre disegni di legge, dibattuti dai membri costitutivi nella sede romana Villa Lubin.
I componenti del CNEL, soltanto 5 anni fa, nel 2011, erano 121, oggi sono appena 24. Ciò sta anche ad indicare il graduale assottigliamento della portata del detto organo. Ma allo stesso tempo equivale a dire che la diminuzione d’incidenza condiziona di conseguenza il costo effettivo. In questi termini, si registra un netto taglio dei costi che ammonterebbero ora a 8,7 miliardi di euro annui, cifra un po’ meno di un terzo inferiore agli esborsi massimi di oltre 20 milioni di euro annotati in periodi di maggiore influenza sul Governo.
Tale ammontare attuale è così suddiviso, circa 4,5 milioni di euro vengono utilizzati per sostenere i costi dei membri e del personale, mentre 3 milioni sono diretti alla gestione della sede del CNEL, la citata Villa Lubin. Un costo del genere che grava ogni anno sulle spalle dello Stato scomparirebbe stando a quanto il Premier Renzi sostiene.
Con tale soppressione quali funzioni verrebbero meno? Fondamentalmente nessuna, in quanto tale organo consultivo nacque in funzione di una società specifica di un periodo ormai passato risalente a 70 anni fa. Detto altrimenti, se il CNEL era in qualche modo necessario ad un mercato del lavoro dominato dai settori primario e secondario, risulta oggi obsoleto per la perdita d’incidenza di questi ultimi. Questo perché il lavoro, da alcuni anni a questa parte, risulta abbondantemente mutato. Basti menzionare i seguenti dati per inquadrare la situazione: il settore terziario domina il mercato del lavoro con un 80% a svantaggio del primario e secondario che si attestano su un irrisorio 20%.
Abolizione del CNEL per il Referendum Costituzionale: le ragioni del Sì e del No
Detto così, sembrerebbe che non ci siano motivi per non essere d’accordo con la soppressione del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro. Il Sì alla votazione del Referendum Costituzionale del prossimo 4 dicembre andrebbe dunque a sopprimere tale organo, volontà molto spesso sostenuta in precedenza ma mai portata a compimento giacché la sua istituzione è prevista appunto da un articolo della Costituzione.
Il fronte del Sì decanta dunque l’abolizione di un ente nato con l’auspicio di fungere da ponte fra il mondo del lavoro e quello politico, che ora viene definito del tutto inutile se non medievale dallo stesso Gian Paolo Gualaccini, il vicepresidente del CNEL. Naturalmente gli alti costi necessari per la sua esistenza cesserebbero concedendo di conseguenza al Parlamento campo aperto sulle tematiche relative all’economia e al sociale.
Il fronte del No, dalla sua, punta il dito proprio sulla effettiva inconsistenza del taglio dei costi per i seguenti motivi. Prima di tutto, come abbiamo indicato nel precedente paragrafo, l’organo in oggetto, malgrado abbisogni ancora di importi considerevoli, ha già visto diminuire le proprie spese. In secondo luogo, non si riscontrerebbe un taglio dei costi totale per il semplice motivo che i 24 membri del CNEL non saranno licenziati, bensì saranno ricollocati nella Corte dei Conti o presso altri enti pubblici di diverso tipo.
E’ dunque questa l’unica conclusione che ci pare evidente indicare: l’abolizione del CNEL comporterà invero la soppressione di un organo ormai sorpassato; tuttavia il risparmio, come esemplificato, sarà tutt’altro che considerevole.