E’ stata citata tra le 100 domande più importanti del XXI Secolo, subito dopo il quesito Aristotelico che cerca di definire la primigenia tra uovo e gallina. Di sicuro, non è facile risolvere l’indovinello della colomba, sopratutto perché, come dicevano gli antichi romani che di colombe di Pasqua (ma anche della Pasqua stessa) non erano grandi esperti, de gustibus non est disputandum.
Ma a noi piace raccogliere sfide impossibili, oltre che mangiare colombe pasquali e dolci d’ogni sorta. A venirci in aiuto, questa volta, viene proprio la storia di questo dolce milanese, che milita addirittura nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani (P.A.T) del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (Mipaaf).
Nonostante la leggenda voglia farne risalire l’origine addirittura alla storia longobarda del Re Alboino e all’assedio di Pavia di metà VI secolo; la colomba pasquale, almeno per come la conosciamo oggi, è un’invenzione tutta commerciale della ditta milanese Motta. A metà degli anni 30 infatti, un pubblicitario dell’azienda, Dino Villani, ebbe la felice intuizione di trovare un prodotto in grado di sostituire il panettone durante il resto dell’anno, ma che fosse anche realizzabile sfruttando gli stessi macchinari del dolce ai canditi. Per differenziarsi da quest’ultimo, oltre alla forma, l’impasto si arricchì di arancia candita e di una glassatura di mandorle. A quel punto la colomba era pronta a spiccare il volo verso le tavole di tutta Italia.
La colomba di Pasqua: dalla ricetta milanese della Motta al resto d’Italia
L’artista mediocre copia, il genio ruba. A dirlo fu Pablo Picasso, ma a recepire questo modo di concepire le cose furono e sono tutt’ora in molti. A Verona, l’idea di Motta azionò i campanelli d’allarme in casa Bauli. L’azienda più rosa nel mondo dei dolciumi offre tutt’oggi la propria variante del dolce di Pasqua meneghino, applicando però alla ricetta tradizionale la propria pasta madre, orgoglio veronese (a loro detta).
Ma è forse la Paluani ad aver legato più di tutti proprio nome alla colomba zuccherata. Forse con un successo tale da aver superato l’insegnamento del proprio maestro, e superando (in casa) i concorrenti veronesi. Alle colombe classiche, che già si distinguono dalla concorrenza per la confezione incartata a mano che fa tanto “roba di casa”, la Paluani nel tempo ha affiancato un vero e proprio esercito del gusto che declina la ricetta originale in decine di variazioni. La colombe farcite al pistacchio, al tiramisù, al gianduia e a tutti i gusti più uno, vengono addirittura superate dalle specialità di casa, come il ramo di cioccolato o l’agnello tartufato, che dal punto di vista artistico non hanno nulla a che invidiare alle creazioni artigianali che le pasticcerie nostrane dedicano ogni anno al più famoso uovo di cioccolato.
Ma facciamo i seri e diciamocelo: qui nel paese del bel mare e del mal governo, dove mangi mangi bene. A farla da padrone sono solo i gusti individuali. Chi le vuole cotte, chi le vuole crude. Per cui a voi l’ardua sentenza, e se non doveste riuscire a scegliere la colomba che fa per voi, mangiatele tutte e tre.